L'inondazione - Adrián N. Bravi

Fra i libri che volevo leggere da tempo, praticamente dal momento della sua pubblicazione, ormai risalente ad un anno fa, c'era L'inondazione di Adrián N. Bravi. Al Salone del Libro stavo per avventarmi su questo volumetto allo stand di Nottetempo, ma avevo già acquistato più di quanto previsto, così ho rimandato di qualche settimana l'acquisto, tenendolo in serbo per l'estate.
Il mondo sommerso che riscopriva in quel momento davanti alla finestra lo faceva sentire, oltre che un estraneo, anche una specie di custode che aveva il compito di sorvegliare la valle rimasta nascosta; la terra della sua infanzia, umida, fitta di piante e animali, che si era ripiegata su se stessa per consentire all’acqua di alzarsi oltre gli argini.
 
L'estate è arrivata e, con essa, l'inondazione. Ma non qui, bensì sul paesino argentino di Río Sauce, che improvvisamente si ritrova sommerso dall'acqua. Tutti abbandonano le proprie case, tranne il vecchio Ilario Morales, che si trasferisce ai piani alti dell'abitazione, trovandosi presto come inatteso e scomodo coinquilino uno yacaré (adesso che ho scoperto questo termine per indicare gli alligatori credo che lo userò parecchio), ma guadagnando anche la lealtà di un cane rossiccio ribattezzato Clemente. Rifiutando ogni invito a lasciare Río Sauce, da quello dei vicini a quello del figlio, Ilario Morales passa le giornate a vagare per il paese allagato su una barca, rimuovendo i detriti in cui si imbatte e avendo due mete ben chiare, che presto - così crede il vecchio - la barca impara a riconoscere: l'imbarcadero che dà accesso al borgo di Guadalupe e all'osteria di Hasan e, soprattutto, il cimitero dove giace la moglie, sepolta due volte, prima dalla terra, poi dall'acqua. Qui Morales trascorre ore e ore a raccontare alla defunta la sua nuova vita nella città fantasma, mentre nel locale dove dilapida la misera pensione in ginebra viene a sapere che alcuni Cinesi hanno intenzione di appropriarsi di Río Sauce, comprandone le case a bassissimo prezzo. Naturalmemnte Morales non intende cedere la proprietà e ben presto nomina se stesso, rimasto l'unico custode del paesello, difensore dell'abitato dai Cinesi e anche dagli yacaré.
 
L'inondazione è un breve romanzo estremamente gradevole, che, con toni che sfiorano il surreale e che esprimono un'ironia malinconica, fa riflettere sul tema dell'abbandono e della solitudine: nella sventura di Río Sauce e nelle speculazioni immobiliari che si stagliano sullo sfondo non è difficile cogliere i segni di quella crisi che grava su tutti i piccoli centri, per i quali il recupero e la valorizzazione appaiono meno convenienti della fuga. Se vogliamo, questa è anche una metafora di una società in crisi o di una Nazione piegata (Bravi è argentino, ma vive in Italia, quindi ha ben presenti due realtà che di crisi ne hanno passate) che ha paura di impegnarsi in una ricostruzione e si piega alla necessità della partenza. Ma poi c'è Ilario Morales, il goffo vegliardo del paese, unico a non perdere la speranza, anche quando sembra che i coccodrilli stiano divorando il poco che ancora rimane da salvare: questo vecchio solitario è il simbolo della tenacia, una tenacia che, sì, è anche radicata nell'abitudine e nella paura del cambiamento, ma che, comunque, si rivela l'unica arma per fronteggiare ogni colpo avverso della sorte e getta le basi per cambiamenti inaspettati.

“E come ti sembra Río Sauce?”
“È come se non ci fossi mai stato prima, e adesso le cose che sono rimaste sotto mi sembra di non poterle chiamare più allo stesso modo, è come se avessero bisogno di altri nomi, capisci?”
“E allora chiamale con altri nomi e un giorno, quando ritorneranno fuori, riacquisteranno i vecchi…”
C.M.

Commenti

  1. Però che libricino! Ricorda un po' Màrquez, anche se penso abbia una connotazione più realistica, comunque bel testo e bella recensione ricca di spunti!

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    1. Non mi era venuto in mente questo paragone, ma qualcosa c'è, in effetti, nelle descrizioni di questo vecchio che si aggira in barca per l'abitato sommerso. Per il resto è un romanzo più immediato e più avventuroso, anche se la parola avventura è comunque eccessiva. :)

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