Racconti dell'Ohio - Sherwood Anderson

Nemmeno nei tempi del più profondo pantano del corso di abilitazione erano passate più di due settimane fra un post e l'altro e mai negli ultimi anni mi ero trascinata per ancor più tempo un libro di meno di duecento pagine. Stavolta è successo. La ripresa della scuola e l'incrudelire del concorso (superato, a proposito!) hanno prodotto un rallentamento quasi totale di tutti gli altri aspetti della mia vita e ho avuto più necessità di leggere i temi dei miei studenti che tempo per le letture di piacere.

Edward Hopper, Clamdigger (1935)

Tutto questo per dire che la colpa dell'enorme protrarsi della lettura dei Racconti dell'Ohio, noti anche con il titolo originario di Winesburg, Ohio, non è di Sherwood Anderson, ma di questo tempo tiranno.
La lettura, al contrario, è stata molto piacevole, fra una tisana e l'altra e nelle ore buche. E, devo dire, anche particolarmente adatta all'autunno, con i numerosi racconti ambientati in ottobre, durante grigie giornate piovose e in scenari straripanti di foglie bagnate e profumi di frutta.
Da qualche tempo, soprattutto sulla scia di alcune recensioni di Michela su Appuntario, ho deciso di lanciarmi alla scoperta o, per meglio dire, alla ripresa della letteratura americana, sicché ho acquistato Addio alle armi di Hemingway (che attende una rivalutazione dai tempi della prima, sfortunata lettura di Per chi suona la campana) e approfittato dell'apparizione di questa raccolta di Anderson fra le bancarelle del mercatino del libro usato di Libri sotto i portici di Castel Goffredo, nel Mantovano.
Leggendo i Racconti dell'Ohio, pubblicati nel 1919, ho capito subito perché questo libro venga spesso paragonato alle poesie dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters: anche fra queste pagine si rincorrono storie di abitanti qualsiasi di un piccolo paese americano, anche qui si susseguono vite fatte di esperienze diverse, di piccoli o grandi drammi. Sebbene si possa individuare in George Willard, il giovane cronista, una sorta di protagonista, la raccolta accoglie un caleidoscopio di personaggi colti nei loro cruciali momenti di passaggio. C'è il dottor Reefy, con le sue passioni sfortunate ma deliziose come le mele vizze che crescono negli orti di Winesburg; c'è Isaia Bentley, con il suo fervore religioso; c'è la maestra Kate Swift, distaccata eppure incline alle fantasticherie.
Le voci di Winesburg sono molte e testimoniano l'inquietudine di un mondo che sta cambiando, investito da una modernità che si auspica possa dare a qualcuno maggiori possibilità, ma che, allo stesso tempo, costituisce una minaccia per la bellezza quasi infantile di un mondo rozzo e spontaneo. La meccanizzazione del lavoro dei campi, il rumore dei mezzi che si sostituisce a quello dei carri e degli zoccoli, i furgoni che superano i braccianti, carichi di casse di fragole, la carta stampata che invade le case e assimila il contadino all'uomo di città, facendo desiderare al primo di lasciare i ristretti orizzonti di un paesino sono tutti segni di una vita in rapida trasformazione, di un progresso che, inevitabilmente, acuisce il disorientamento.
Particolarmente intense sono le storie delle donne, da Elizabeth Willard, la madre di George, che muore senza fare in tempo a rivelare al figlio il nascondiglio della sua eredità, alla bambina che un ubriaco chiama Cocca, invitandola ad essere forte e coraggiosa; da Louise Bentley, che rappresenta una categoria di donne cui solo il passare del tempo e un forte avanzamento culturale potranno restituire dignità, alla già citata Kate Swift, alla quale George deve il prezioso suggerimento che deve fondare la sua vita di scrittore: quello di fare esperienza della vita, prima di raccontarla.
Il tutto è condito da descrizioni molto suggestive di Winesburg, che fanno sentire il lettore un po'come se si trovasse nelle campagne dell'Ohio e fosse lì ad ascoltare le voci sommesse di chi le abitava.

L'unico aspetto della lettura che mi ha lasciata perplessa è l'uso smodato delle virgole, che spesso separano i soggetti dai verbi o cadono a casaccio. Non mi è chiaro, essendo il primo libro che leggo di questo autore, se sia una cifra stilistica di Sherwood Anderson (che talvolta, ma non sempre, può servire a mettere in evidenza certi elementi della frase opportunamente dislocati), o se si tratti di una sciatteria nell'edizione italiana, ma la cosa mi ha infastidita parecchio.
Un valore aggiunto sta invece nel ricordo che è scaturito dalle pagine dei Racconti dell'Ohio di alcuni aspetti narrativi tipici di Cesare Pavese che, come noto, è stato un grande estimatore della letteratura americana. Alcuni passaggi, alcune descrizioni e il modo diretto di approcciare le storie dei diversi personaggi mi hanno fatto ripensare soprattutto al microcosmo de La bella estate, con il susseguirsi di donne che si scontrano con la difficoltà di comunicare se stesse, di intellettuali che cercano il loro posto nel mondo e di quadri naturali dipinti con grande maestria.
In principio quando il mondo era giovane c’era un gran numero di pensieri ma nessuno era verità. L’uomo stesso creò delle verità, e ogni verità era composta di un gran numero di pensieri vaghi. E in tutto il mondo vi furono verità ed erano tutte bellissime. Il vecchio aveva elencato centinaia di verità nel suo libro. Non cercherò di riportarvele tutte. C’era la verità della verginità e quella della passione, la verità della ricchezza e quella della povertà, della morigeratezza e dello sperpero, della negligenza e dell’entusiasmo. Centinaia e centinaia di verità, ed erano tutte belle. Poi veniva la gente. Ciascuno al suo apparire afferrava una delle verità ed alcuni che erano forti ne arrivavano ad afferrare anche una dozzina.
C.M.

Commenti

  1. Congratulazioni per il concorso!
    Non sono un'amante dei racconti purtroppoxD Questi sembrano interessanti, ma di solito preferisco romanzi più corposi:)

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    1. Nemmeno io sono un'appassionata di racconti, probabilmente avrei impiegato meno a leggere un libro di uguale estensione, se fosse stato un'unica storia, perché non avrei perso di vista l'insieme. Però Anderson mi ha lasciato buone impressioni...
      Grazie di essere passata e delle congratulazioni!

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  2. Molto interessante, sia per le attinenze con l’opera di Masters che per la possibile influenza sull’opera narrativa di Pavese. E’ da tempo che vorrei leggere questa raccolta, magari è la volta buona. Sai Cristina, per un attimo, mentre ti leggevo, mi sei apparsa davanti agli occhi mentre ti aggiravi tra i banchi del mercatino dell’usato, attratta all’improvviso da questo libro di Anderson… Non so perché ma l’ho trovata bellissima questa immagine, addirittura poetica. Forse trovo suggestiva l’idea di consultare dei libri sotto dei portici antichi, o forse nascerà dalla mia passione per il cartaceo, di cui apprezzo anche le vecchie edizioni.

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    1. Come scrivevo qualche tempo fa, questa mia curiosità per i libri usati è abbastanza recente, ma ne sto apprezzando i risvolti. In quel mercatino c'erano anche bancarelle di edizioni storiche, addirittura del Seicento, dei grandi classici latini e italiani... quella sì che era una situazione poetica, un po'meno lo erano i costi proibitivi di quell'antiquariato!

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  3. Raccolta che mi aveva incuriosita e che tu confermi essere interessante. Peccato per le sensazioni avute sulla prosa, dovrebbe esistere anche un'edizione Einaudi ma non credo sia completa.
    Le atmosfere che hai suggerito, delle "piccole vite" e delle campagne americane, riescono quasi sempre a conquistarmi!

    E congratulazioni per il concorso superato! ^_^

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    1. L'edizione Einaudi è invece quella che mi è stata indicata come migliore e che, infatti, avevo in lista: al mercatino ho trovato questa e non pensavo potesse esserci una tale differenza. Per affetto verso l'editore e la sua storia, nonché per la squadra che ha lavorato per lui nel tradurre la letteratura americana, mi sento di raccomandare proprio quella!

      p.s. Grazie per le congratulazioni: ora si torna a leggere per piacere e non più per studio! :)

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  4. il libro (Ed.Dalai) mi arriverà domani, anch'io mi ero incuriosita dopo aver letto la recensione di Michela di Appuntario, che ho conosciuto e seguo grazie a te. sai già che anch'io preferisco i romanzi ai racconti, perciò penso che non leggerò questi di Anderson di seguito, ma di diluirli nel tempo, alternandoli alla mia lettura principale. ti farò sapere le mie impressioni. a presto, Cristina

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    1. Io non sarei riuscita a diluirli, sia perché il tempo della lettura era già molto dilatato, sia per i richiami alle vicende dei vari personaggi, che già mi mettevano nelle condizioni di dover sfogliare di tanto in tanto i racconti precedenti per rinfrescarmi le loro identità. Attendo le tue impressioni, a presto!

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    2. libro arrivato stamane e giù pronto sul comodino: inizio stasera

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    3. letto come un romanzo, tutto di seguito e senza interferenze con altri libri, finito ieri mattina con un certo rammarico, benché avessi deciso di rallentare la lettura e tornare subito sulle frasi e i passaggi che mi colpivano di più, per gustarlo più a lungo possibile. non sembra certo un libro di cento anni fa, con la sua lingua colloquiale, le frasi brevi, il taglio asciutto. mi è piaciuto, fin dalle prime pagine e man mano che mi addentravo in questo mondo in cambiamento mi sembrava di rivedere i personaggi delle opere, anzi dell'opera complessiva, di Eduardo De Filippo che è un autore che conosco bene e sembrerebbe molto lontano da Anderson per le sue ambientazioni. non lo è.
      una noterella a margine: nell'edizione di BCD la traduzione di Giulio Pane è eccellente, e le virgole sono tutte a posto.
      alla prossima, Cristina

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    4. Grazie per essere tornata a condividere questo ricco commento alla lettura, sono contenta che l'impressione sia stata così buona e ricca!

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  5. Sono contenta che questo libro ti abbia deliziato Cristina! Vedrai ti aprirà le porte per la letteratura americana moderna. Complimenti per l'esame superato!!!

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  6. Ho cercato volutamente questa raccolta dopo aver scoperto casualmente "Molti matrimoni" di Sherwood Anderson al book sharing del festivaletteratura di Mantova. Sconvolgente nella sua cruda rappresentazione della realtà americana prossima alla trasformazione industriale, agli "albori dell'era più materialistica della storia di questo mondo, quando le guerre saranno combattute senza patriottismo e gli uomini dimenticheranno Dio per attenersi solo a precetti morali, quando la olontà di potere rimpiazzerà la volontà di servire e la bellezza verrà quasid imenticata, nell'agghiacciante tuffo a capofitto dell'umanità verso altri possedimenti materiali...". 1919. Quasi profetico.

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    1. Vero, nella raccolta si avverte proprio il cambiamento anche nel peso di questo sentore di degrado che attende dietro l'angolo. La grandezza della letteratura...

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