Book Pride: molto più che libri

Accarezzando l'idea di partecipare a Book Pride, la fiera nazionale dell'editoria indipendente, non mi aspettavo di trovare ciò che mi ha dato la giornata di domenica a Base Milano. Sapevo, naturalmente, della presenza di molte case editrici piccole e medie, di lunga data o neonate (e proprio per questo ci tenevo ad essere presente), ma non credevo che avrei trovato il modo di riempire fra gli stand un'intera giornata e, per giunta, di non riuscire nemmeno a vedere tutto ciò che avevo programmato.


Ideato dall'Osservatorio degli editori indipendenti (ODEI), Book Pride è giunto quest'anno alla sua terza edizione e si dimostra una manifestazione importante per editori e lettori, che qui possono conoscersi di persona, presentandosi vicendevolmente e scambiando esperienze che possono andare oltre il pur importantissimo incontro mediato dalle pagine.
Uscendo da un periodo fitto di quel genere di impegni che toglie non solo il tempo di leggere ma anche quello di pensare a cosa leggere, Book Pride è stato l'occasione di una rigenerazione, nonostante il viaggio e le ore passate in piedi (unite al cambio dell'ora) abbiano reso la mia domenica parecchio faticosa. Sì, perché fra gli stand non ho incontrato soltanto le persone che correggono le bozze, promuovono i libri o traducono le opere straniere, bensì coloro che riversano la loro passione in quei meravigliosi volumi che ci permettono di svagarci e raccogliere esperienze. Non è retorica: Book Pride è un collettore di bei libri ma, soprattutto, di professionalità e talenti che danno un senso ancor più importante alla lettura, svelandoci tutto ciò che viene prima del nostro incontro con l'opera. Ho apprezzato l'esperienza anche più di quella del Salone di Torino per diverse ragioni: innanzitutto per l'esclusività di Book Pride, nel quale i grandi editori non rubano spazio ai piccoli e alle loro iniziative meno roboanti ma altrettanto o anche più meritevoli; in secondo luogo perché, forse, sono diventata più matura grazie ai contatti pregressi con i rappresentanti delle case editrici già incontrati a Torino o, virtualmente, nei mesi successivi.

Da Black Coffee con Sara e Leonardo

Durante il viaggio in treno ho selezionato dal programma alcuni eventi e cercato gli stand degli editori che avrebbero avuto la precedenza nella visita, eppure le ore trascorse a Base Milano sono volate e non ho fatto in tempo a soffermarmi da tutti come avrei voluto... il che, forse, ha impedito che dilapidassi un patrimonio, dato che, comunque, ho acquistato più libri di quanto preventivato (anche grazie agli sconti applicati in fiera). Anche gli eventi mi sono sfuggiti tra le dita: mi sono letteralmente incantata fra gli stand, rendendomi conto di essermi persa gli incontri mentre rovistavo fra le montagne di libri.
A Book Pride ho imparato tante cose sul lavoro dell'editore che prima non conoscevo e ho avuto modo di comprendere pienamente l'identità di progetti editoriali desiderosi di raccontarsi, inoltre ho affrontato la fiera anche come un terreno di caccia per nuove letture da proporre a scuola, sondando da vicino le motivazioni per cui un certo libro può essere o non essere adatto a degli studenti, quindi sono approdata a Base con una triplice natura: di lettrice, blogger e insegnante. E tutte e tre sono rimaste soddisfatte.
Innanzitutto ho incontrato di persona Simona e Laura di Jaca Books, conosciute virtualmente grazie alla lettura di Golk di Richard Stern, poi ho fatto rotta direttamente su NN editore, realtà alla quale mi sono avvicinata proprio a Torino; qui Luca mi ha illustrato le prossime uscite, in particolare l'attesissimo Bull Muntain, di Brian Panowich e, naturalmente, ho inaugurato gli acquisti della giornata con Le nostre anime di notte di Kent Haruf, recentissimo successo della casa di Viale Sabotino. Ho poi passato un bel po'di tempo nella miriade di proposte di Fazi, accertandomi delle future sorti della Saga dei Cazalet (il 20 aprile arriverà Allontanarsi, quarto e penultimo volume) e rimproverando i responsabili per l'eccesso di titoli che rendono impossibile prendere una decisione su quali acquistare e che sono finiti naturalmente in lista per i prossimi acquisti.

Da Iperborea con Anna

Book Pride mi ha dato inoltre la possibilità di conoscere direttamente Sara Reggiani e Leonardo Taiuti di Black Coffee, casa editrice nata da una costola di Edizioni Clichy e dedicata alla letteratura nordamericana contemporanea. Dopo il romanzo inaugurale Il corpo che vuoi di Alexandra Kleeman, è uscito giusto cinque giorni fa Lions di Bonnie Nadzam, che è già sul mio comodino. Nell'elegante e solare essenzialità del loro stand, Sara e Leonardo mi hanno già incuriosita nei confronti delle prossime uscite, due antologie di Mary Miller e Joy Williams che saranno pubblicati a maggio e il prossimo autunno.
Sono passata più rapidamente da Minimum fax e Marcos y Marcos (che già avevano ricevuto molta attenzione a Torino), per poi arenarmi letteralmente da Iperborea, alla quale sono arrivata con due titoli in mente, finendo per portarne a casa invece altri due non previsti. Qui, infatti, Matteo e Anna mi hanno presentato la nuova collana Luci, elegante riedizione di dieci titoli storici di Iperborea che, con questi volumetti ancor più eleganti di quelli già noti, festeggia i trent'anni di attività, venendo incontro alle richieste di ripubblicazione; attualmente sono disponibili i primi quattro titoli: Niels Lyhne di Jens Peter Jacobsen, Il nano di Pär Lagerkvist, Il pomeriggio di un piastrellista di Lars Gustafsson e Gli uccelli di Tarjei Vesaas, tutti con delle raffinate copertine realizzate in linocut.
Ho avuto poi il piacere di incontrare Federica di edizioni Sur (inizierò a conoscere questo editore con Purgatorio di Tomás Eloy Martínez) e di incontrare di nuovo i ragazzi di CasaSirio, che a Torino mi avevano presentato quello spassoso giallo western di Steven Hockensmith che è Elementare, cowboy; qui abbiamo parlato della collana morti&stramorti, dell'originalità delle storie di E.W. Hornung e di come CasaSirio le abbia scoperte (io aspetto l'annunciato cofanetto al termine della serie) e della prossima uscita di Ventuno vicende vagamente vergognose, una raccolta di tautogrammi ispirati a grandi personaggi storici e letterari scritti dal mio corregionale Walter Lazzarin.
Non potevo poi farmi mancare un salto presso add editore, soprattutto per esprimere la mia ammirazione per il raffinatissimo libro Il tramonto birmano, per poi passare a conoscere direttamente Alex e Paolo allo stand di Nutrimenti edizioni, che mi ha incuriosita con Il confine di Giulia, particolare romanzo d'esordio di Giuliano Gallini che coinvolge la figura di Ignazio Silone, presentando quindi un accattivante aggancio alla storia politica e letteraria italiana.

Il bottino di Book Pride

Ok, sono stata prolissa, ma forse così ho reso l'idea dell'entusiasmo travolgente che ho provato a Book Pride, una vera fiera dell'editoria, un concentrato di professionalità e di grande qualità. Inutile dire che gli acquisti sono nettamente inferiori alla miriade di titoli che ho aggiunto subito alla mia lista dei desideri, ma posso dire che, nonostante la crisi generata da questi assalti librosi, sono uscita da Base con la certezza di aver ancor più arricchito e sfumato la mia ricettività letteraria, soprattutto nei confronti della narrativa contemporanea e di quei libri che, sebbene non ci cadano addosso nei grandi bookstore, sono l'anima delle piccole librerie. Se anche non dovessi riuscire a tornare al Salone di Torino, il 2017 avrà comunque all'attivo una più che positiva esperienza di una fiera editoriale. E ora basta scrivere: ho parecchi libri nuovi da leggere!

C.M.

Commenti

  1. Cara Cristina, il tuo resoconto si può definire in un solo modo: fantastico!
    Ci confronteremo dopo la lettura di "Lions"! A presto!
    Claudia

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    1. Lo sto già leggendo, quindi non vedo l'ora di scambiare qualche riflessione con te! :)

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  2. Che bella giornata, Athanae!!!!!! Decisamente ti "invidio", in senso buono eh.
    Sarebbe piaciuto anche a me andarci ma problemi vari mi hanno bloccata a casa.Spero in quello di Torino.
    E dopo le lamentele, come ti capisco! Le case editrici piccole, quelle meno famose e/o neonate come le hai definite tu... una meraviglia! Si possono trovare chicche notevoli che meritano visibilità e che se ne parli.
    Sono proprio loro che io visito quando vado al salone. Delle altre, tutte le librerie sono piene ma di queste... eppure tra i piccoli si possono scoprire piccoli grandi tesori.
    Bel post, grazie!

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    1. Grazie a te, Patricia! In effetti il motivo per cui ho voluto esserci era proprio incontrare i piccoli editori e anche a Torino, se tornerò, andrò a cercare loro: senza nulla togliere ai grandi marchi (di cui comunque leggo molto) trovo che le case editrici piccole abbiano progetti con una precisa identità, che rispecchiano l'animo di chi vi lavora, perché è un po'come nell'artigianato, con quel contributo insostituibile che distingue il grande mercato dai cercatori di piccoli prodotti pieni di raffinata personalità.
      Spero di averti portato, a distanza, un po'dell'entusiasmo che ho trovato a Book Pride! :)

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