L'alloggio segreto, il diario di Anna Frank

Il libro di cui voglio parlare oggi è forse la testimonianza più forte sulla Shoah, in quanto risultato delle riflessioni di una ragazza giovanissima costretta dal dilagare dell'orda nazista a vivere in clandestinità, per poi essere catturata e morire nei lager. La vicenda di Anna Frank è forse nota a tutti e, nonostante la mole di scritti riguardanti le persecuzioni hitleriane, il diario cui ella si rivolge come ad una persona, chiamandolo Kitty, è più eloquente di qualsiasi altro documento e certamente di qualsiasi libro di storia.
A mio avviso è un peccato che il titolo originario de L'alloggio segreto sia stato sostituito con quello decisamente più vago di Diario, soprattutto considerando che la piccola Anna desiderava diventare una scrittrice o una giornalista e che, dunque, avrebbe scelto un titolo originale; del resto pare proprio che, nelle intenzioni di Anna, il diario dovesse essere destinato alla pubblicazione e il padre stesso, unico sopravvissuto ai campi, si impegnò per darlo alle stampe, ricevendolo dalle mani di Elli e Miep, che avevano dato rifugio alla famiglia e mantenuto per loro i contatti col mondo esterno.
La registrazione degli eventi inizia due giorni dopo il tredicesimo compleanno di Anna, il 14 giugno 1942: il diario è infatti un regalo e proprio dell'entusiasmo della festa è carica la prima pagina. In meno di un mese la famiglia Frank, che, dopo aver lasciato la Germania per sfuggire ai provvedimenti antisemiti, è travolta dalla conquista tedesca dell'Olanda, è costretta a darsi alla clandestinità. Otto Frank ricava un alloggio sul retro dell'edificio che ospita gli uffici dell'impresa che ha dovuto abbandonare e qui si stabilisce con tutta la famiglia, contando sul sostegno di due impiegati, Johannes Kleiman e Victor Kugler. Poco dopo ai Frank (oltre ad Anna e Otto in famiglia ci sono la madre Edith e la sorella Margot) si uniscono il signore e la signora van Pels, con il loro figlio sedicenne Peter e, successivamente, nel rifugio arriva anche il dentista Fritz Pfeffer.
Moltissimi amici e conoscenti sono partiti, per una terribile destinazione. Ogni sera le automobili militari verdi o grigie scorrazzano qua e là, i Tedeschi suonano a ogni porta e domandano se lì abitano anche Ebrei. Se sì, tutta la famiglia deve seguirli, se no, vanno oltre. Nessuno può sottrarsi alla sua sorte se non si nasconde. Talvolta vanno in giro con delle liste e suonano soltanto là dove sanno di poter fare una ricca preda. Spesso si paga un prezzo per il riscatto, tanto per testa. Sembra la caccia agli schiavi, come la si faceva un tempo. Ma non è affatto uno scherzo, è una cosa tragica. Di notte, al buio, quasi vedo quelle file di innocenti che, comandati da un paio di quei figuri, camminano, camminano, coi loro bimbi che piangono, battuti e martoriati, finché cadono al suolo. Nessuno è risparmiato, vecchi carichi d’anni, bimbi, donne incinte, malati, tutti camminano insieme nella marcia verso la morte.
Come stiamo bene qui, bene e tranquilli!
Avremmo bisogno di ignorare tutte queste miserie, ma siamo troppo angosciati per tutti coloro che ci erano cari e che non possiamo più aiutare.
Mi sento cattiva, io che me ne sto in un letto caldo mentre le mie più care amiche sono state gettate chissà dove o sono già morte. Che angoscia, pensare a tutti coloro cui mi sono sempre sentita intimamente legata e che ora sono caduti in mano ai carnefici più crudeli che esistano!
E tutto questo perché sono Ebrei! (giovedì 19 novembre 1942)
La convivenza si rivela estremamente difficile, non solo per la necessità di mantenere le finestre oscurate e di ridurre i movimenti al minimo e per la scarsità di acqua, cibo e vestiti, che, nonostante l'impegno di Kleiman, Elli e Miep, sono sempre più difficili da reperire, ma anche per la ristrettezza degli spazi che portano Anne ad un conflitto continuo con la madre e con la signora van Pels, insofferenti di fronte al suo carattere determinato e orgoglioso. Esasperati dalle condizioni estreme, gli abitanti dell'alloggio cadono di frequente nell'ostilità reciproca e nel panico, specialmente quando le incursioni di ladri e polizia mettono a dura prova la sicurezza dei clandestini. Tuttavia Anna, a discapito della facilità con cui mette il broncio e con cui si lascia scoraggiare quando si sente incompresa dalla madre o dall'adorato padre, sa anche riconoscere che le amarezze del confino nel magazzino sono comunque un dono, se confrontate con la sorte di tanti conoscenti e di tante amiche carissime di cui non ha più avuto notizia.
Le pagine del diario di Anna, dunque, accanto a sfoghi di frustrazione tipici di una ragazzina della sua età costretta a confrontarsi con gli appelli degli adulti e con l'insolita necessità creata dalla condizione che la famiglia attraversa, ospitano anche bellissimi slanci di vitalismo e di entusiasmo: nonostante tutto, questa giovane donna non smette di nutrire i propri sogni, né si lascia intimorire dagli avvenimenti, anzi, segue le trasmissioni radio inglesi con la convinzione dell'approssimarsi della tanto attesa liberazione. Procedendo nella lettura, che ci porta fino all'agosto del 1944, seguiamo Anna nella sua maturazione, scoprendone i molteplici interessi, le velleità letterarie e, soprattutto, i sentimenti, in particolare l'affetto per Peter, assieme al quale scopre l'amore e inizia a vagheggiare sulle loro esistenze dopo la guerra. Anne è costantemente proiettata al tempo della libertà, nonostante i pericoli sempre più concreti, gli arresti e il rischio di essere scoperti o traditi.
Per chi ha paura o si sente incompreso e infelice, il miglior rimedio è andar fuori all’aperto, in un luogo dove egli sia completamente solo, solo col cielo, la natura e Dio. Soltanto allora, infatti, soltanto allora si sente che tutto è come deve essere, e che Dio vuol vedere gli uomini felici nella semplice bellezza della natura. Finché ciò esiste, ed esisterà sempre, io so che in qualunque circostanza c’è un conforto per ogni dolore. E credo fermamente che ogni afflizione possa essere molto lenita dalla natura. (mercoledì 23 febbraio 1944)
La narrazione di Anna si interrompe proprio nell'estate del 1944: tutti i clandestini dell'alloggio segreto vengono arrestati insieme a Kleiman e Kugler, i quali, però, vengono presto liberati; non si hanno certezze sulle dinamiche che hanno portato alla scoperta dei clandestini (l'ipotesi del tradimento è tuttora priva di riscontri oggettivi). Fra i poveri averi dei Frank Ellie e Miep salvano le carte del diario di Anna e le conservano fino al ritorno di Otto dai lager. Solo nel luglio 1945 Otto Frank riesce a sapere che Anna e Margot sono morte di tifo a Bergen-Belsen e si impegna per far conoscere al mondo le memorie della figlia, della quale, di certo, viene per la prima volta a conoscere i segreti che ella ha voluto affidare solo alla sua Kitty.


Il diario di Anna Frank è una lettura sulla Shoah che, però, non parla di Shoah, se non in quanto fenomeno contingente alla narrazione. Questo documento ci svela infatti ciò che esisteva prima dei lager, al di fuori di essi, facendoci conoscere un pezzetto di quell'umanità che la macchina infernale del nazismo ha voluto annientare. Non conosciamo Anna come una vittima, ma come una ragazzina uguale a tutte le altre, che ci ricorda con la sua assoluta normalità che i sogni, i desideri, i sentimenti più dolorosi e quelli più luminosi sfuggono a qualsiasi criterio razziale. Conoscere così da vicino una persona che ha subito persecuzioni e sofferenze solo a causa di un pregiudizio divenuto legge di Stato è fondamentale per riconoscerci in lei, nella sua esperienza, ricordando a noi stessi che i campi non hanno ucciso Ebrei, zingari, omosessuali, disabili o altri ristretti gruppi, ma esseri umani come noi. E, come scrivevo nel recensire Il bambino con il pigiama a righe (un romanzo, certo, ma un romanzo di cruda verosimiglianza), la Storia vista dalla parte dei bambini ci presenta un conto ancor più amaro e difficile da sostenere. 
Chi non scrive non sa quanto sia bello scrivere; in passato, rimpiangevo sempre di non saper disegnare, ma ora sono felicissima di saper almeno scrivere. E se non avrò ingegno abbastanza per fare la scrittrice o la giornalista, ebbene potrò sempre scrivere per me sola. […]
Voglio continuare a vivere dopo la mia morte! Perciò sono grata a Dio che mi ha fatto nascere con quest’attitudine a evolvermi e a scrivere per esprimere tutto ciò che è in me.
Scrivendo dimentico tutti i miei guai, mi rianimo e la mia tristezza svanisce. Ma, e questo è il problema, saprò scrivere qualche cosa di grande, diverrò mai giornalista o scrittrice?
Lo spero, perché scrivendo posso fissare tutto, i miei pensieri, i miei ideali e le mie fantasie. (martedì 4 aprile 1944)
C.M.

Commenti

  1. Anni fa, quando ero una ragazzetta, cercavo di reperire tutto quello che riguardava Anna Frank : ho comprato la videocassetta del film di George Stevens (se non hai visto questo film ti consiglio di vederlo), quotidiani e riviste che parlavano del suo caso e sono anche andata "nell'alloggio segreto" ad Amsterdam; non ti dico l'emozione e la commozione nel vedere la sua stanza, le pareti nude con le foto delle sue attrici preferite, i vari diari, la libreria del nascondiglio...
    Hai fatto bene a citare della grande passione di Anna Frank per la scrittura, la sua voglia di diventare una grande scrittrice se avesse potuto. La morte di una singola persona fa male al mondo intero, non soltanto per la sua unicità, ma anche per quello che il mondo perde con quella persona che poteva renderlo migliore. La sua testimonianza,almeno, è di una preziosità incommensurabile.

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    1. Posso immaginare l'emozione di visitare l'alloggio segreto, soprattutto dopo averlo esplorato attraverso le pagine del diario di Anna: ad Amsterdam spero di andare nei prossimi anni, nel caso farò in modo di includerlo nel mio itinerario.

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  2. Struggente questa testimonianza, e travolgente come può esserlo leggerne ogni riga in età matura, quando si è in grado di coglierne aspetti che vanno al di là di una semplice prima interpretazione. Chiunque lo abbia letto da giovanissimi, ricorda una ragazzina rinchiusa e il suo diario, ma Anne è molto di più.
    Come ti avevo accennato, lo sto rileggendo per farne un'opera teatrale che non sia la consueta opera vista più volte. Ho ideato un soggetto che dovrebbe avere un impatto molto forte sul pubblico, ma avrò modo di scriverne.
    Ho acquistato l'edizione Bur con prefazione di Sami Modiano, molto buona.

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    1. Sono curiosa di sapere di più di questo tuo interessante progetto: non ho dubbi sul fatto che sarà un successo e attendo che tu ci racconti gli sviluppi. In bocca al lupo!

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    2. Ho appena ultimato il mio post sul Diario. Mi piacerebbe un ulteriore confronto anche con te. :)

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