Un esercizio scolastico contro le fake news

Si fa un gran parlare, da qualche mese a questa parte, di fake news, cioè di notizie false o in cui si mescolano verità parziali composte di aneddoti presi un po'qui e un po'là e luoghi comuni di forte impatto emotivo. Lo scopo è talvolta quello di una presa in giro bella e buona, di uno scherzo costruito per vedere quante persone si lasceranno abbindolare (come per le famose teste di Modigliani), in qualche caso ci sono finalità di creazione di contenuti virali a scopo commerciale. Ultimamente, tuttavia, prevale la balla atta solo a fomentare l'animosità della rete, lo sdegno che produce in quantità industriali una bile che genera traffico diretto a siti che guadagnano con i numerosi click lanciati da dita vibranti di adrenalina.
Le fake news, inevitabilmente, proliferano con l'analfabetismo funzionale, cioè con quel preoccupante fenomeno per cui, in un'epoca in cui tutti sanno leggere e scrivere, molti non capiscono però il senso di ciò che leggono, perché non possiedono competenze basilari di comprensione del testo e analisi dei vari livelli della comunicazione. Per esempio, non si coglie l'esatto valore delle parti del discorso che conferiscono una certa consequenzialità ad un ragionamento o non si riesce ad accedere ad una stratificazione di messaggi, come ai significati impliciti o retorici di un testo. In casi estremi, non si riesce a compiere il fondamentale passaggio di lettura della notizia (anche la più basilare, per esempio il senso di una fiaba o l'individuazione delle sequenze di un racconto), che, si traduce nell'individuazione delle 5W (What, Who, When, Where, Why), concetti legati sì alla prassi giornalistica, ma in realtà propri della struttura di qualsiasi informazione degna di tale definizione.


Naturalmente questo disorientamento di fronte ad un testo può produrre conseguenze disastrose nella vita quotidiana, se pensiamo al rischio di sottoscrivere documenti non totalmente compresi o, appunto, di vagabondare in un mondo pervaso dai media e da messaggi che ci bombardano continuamente. Significa che tantissime persone sono disarmate, non hanno la capacità di filtrare questo flusso di informazioni, di comprenderne la validità e i rischi connessi alla loro manipolazione. Le fake news si radicano in quel limbo della coscienza in cui mancano le capacità e/o la volontà di sottoporre a verifica l'informazione, dalla basilare analisi del lessico e della sintassi all'approfondimento, per non parlare della verifica delle tesi e alla costruzione di possibili antitesi, che costituiscono già una competenza complessa. Sconsolante è la totale indifferenza al fact-checking, cioè al controllo di fatti e affermazioni attraverso il confronto o ad una sperimentazione attuabile anche solo attraverso il buon senso, mettendo da parte l'impulsività di un leone da tastiera.
In una simile situazione è palpabile l'urgenza di sensibilizzare all'analisi dell'informazione, perfezionando uno dei più tradizionali esercizi scolastici, quello della comprensione del testo. C'è un'allarmante connessione fra la superficialità con cui molti alunni approcciano il testo e i relativi questionari: fatta eccezione per qualche giovane coscienzioso desideroso di estrapolare le informazioni da ciò che legge, si è affermata la tendenza a ingoiare in fretta e furia anche il più semplice dei racconti e di togliersi il pensiero del compito disseminando crocette o frasi disarticolate nello spazio delle risposte e senza prestare troppa attenzione alla correzione e alle motivazioni della correzione stessa. Difficilissimo è far comprendere agli studenti che quei testi e quelle operazioni apparentemente ripetitive di ricerca sul vocabolario, di creazione di una risposta oggettiva o di una che inizia con «Secondo me», di messa a nudo della struttura del discorso, di la separazione delle parti costitutive di un documento, nonché il riscontro e la verifica del ragionamento attuato sono operazioni fondamentali non solo per lo studio di qualsiasi disciplina ma anche e soprattutto per orientarsi nel mare magnum del mondo dominato dai media.
La comprensione del testo è certo un'operazione molto dispendiosa per la mente, ma serve a sollecitare l'attenzione, la pazienza, la logica, l'abilità al confronto fra informazioni esplicite e altre sottintese. Essa richiede un atteggiamento del tutto opposto a quello dell'immediatezza, della fretta e dell'incuria cui ci hanno abituati prima gli sms e ora i post fulminei dei social network, terreno fertile per notizie parziali o del tutto false. Necessita di sacrificio, ma, come per il potenziamento dei muscoli, anche per sollecitare le abilità intellettive occorre un costante esercizio.
Nel pieno dello sviluppo cognitivo i bambini sono spesso parcheggiati in posteggi digitali e affidati ai media e tarano il loro grado di attenzione alla lunghezza e alle tempistiche di un messaggio lanciato in una chat, faticando di conseguenza a penetrare informazioni più complesse. La familiarità con il digitale non si traduce in una reale competenza, perché anche le semplifici funzioni di ricerca risultano deficitarie: gli alunni conoscono benissimo Google, sanno scrivere sulla tastiera a ritmi molto rapidi, eppure non riescono a selezionare i contenuti che rispondono alla richiesta, a soffermarsi sulle parole che non conoscono e a integrare i dati tratti da due pagine differenti. Operazioni che con le vecchie enciclopedie cartacee erano obbligatorie (chi non ricorda le ore passate a casa dei compagni a mettere insieme pezzetti diversi e a ricondurre i paroloni dei volumi a espressioni più facili da riferire agli insegnanti?), con il digitale sono inibite.
Non si sta dicendo, beninteso, che dovremmo censurare le nuove tecnologie in favore del ritorno dei tomi polverosi, ma che i nuovi strumenti di ricerca e costruzione delle informazioni richiedono molta attenzione, perché la loro accessibilità si può tradurre in un'eccessiva disinvoltura e in un appiattimento dell'operazione cognitiva: anche i neuropsichiatri infantili invitano ad un uso moderato e assistito dei supporti digitali e al recupero della dimensione fisica della scrittura e del trattamento dell'informazione. Al contempo, non va sottovalutata la pregnanza di compiti molto più tradizionali, perché, se è vero che la scuola deve abbracciare la modernità, non dobbiamo commettere l'errore di pretendere il totale abbandono delle buone pratiche.
La comprensione del testo è una buona pratica che sviluppa non solo le competenze di comunicazione, ma anche il processo-chiave dell'imparare ad imparare, che si traduce nella capacità di reperire informazioni, di verificarne la validità, di rielaborarle e di assumere quindi un ruolo attivo e critico nei confronti dei messaggi che riceviamo. Alla comprensione del testo si legano anche operazioni di produzione testuale (orale e scritta) che vanno dal confezionamento delle risposte al cambiamento dei punti di vista, dalla riscrittura del finale al ragionamento ipotetico, abilità che sono fondamentali nel contrasto alle fake news, ovvero nell'elaborazione del pensiero divergente e della capacità di argomentazione. 
Quando queste risorse mancano, gli autori delle fake news gongolano.

C.M.

Commenti

  1. Carissima.
    Ho letto questo tuo post e, da collega, so bene- fin troppo bene!- quanto tu abbia ragione.
    Digitalizzazione e invalsizzazione , invalse, appunto, e invasive; risposte preconfezionate, facilitazioni, parole chiave; la complessità dell'analisi e della scrittura, dell'utilizzo dei connettivi che riflette l'organizzazione del pensiero....compiti che appaiono insormontabili a studenti massicciamente invalsizzati dalle elementari, che li avvertono come troppo difficili e forse anche ingiusti (visto che nessuno o quasi, prima, li ha pretesi....). Ma poi, talvolta, all'improvviso scoprono nell'analisi di un testo una chiave di lettura per almeno una delle porte, tra le infinite e chiuse, che dànno sull'interpretazione del mondo;e quando succede, ci ricordiamo, vero?, che è proprio questo, dopotutto, - e nonostante tutto- il senso del nostro lavoro.

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    1. Le prove Invalsi hanno l'aggravante dell'appiattimento, dell'esclusione delle sfumature e della frustrazione: più volte mi è capitato di dover spiegare ad un alunno che la risposta data, seppur non errata in sé, non era adeguata allo standard... Momenti terribili per la contraddizione etica che impongono a noi docenti e per la mazzata al desiderio di spiegazioni autentiche degli alunni.

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  2. Il tuo articolo è davvero molto interessante!
    Per confermare ciò che sostieni, mi basta pensare al fatto che circa un terzo dei miei colleghi universitari non ha passato l'esame di italiano... che consisteva nella comprensione e rielaborazione di un testo.
    Comunque, ho scelto il tuo blog per un riconoscimento, lo trovi qui: http://vuoiconoscereuncasino.blogspot.it/2018/03/riconoscimento-il-mio-meme-per-blog.html

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    1. Infatti le Università, negli ultimi anni, hanno lanciato diversi segnali di allarme, anche eccedendo nel colpevolizzare la scuola, che, ormai, dispone di ben pochi strumenti per fronteggiare il mancato raggiungimento degli obiettivi (grazie alla politica del "Tutti promossi" che dilaga per ordini dall'alto) e, quindi, per motivare gli studenti allo sforzo di cui non possono, da soli, comprendere il senso profondo. I problemi si accumulano e, inevitabilmente, laddove si impatta con la realtà (mondo universitario e del lavoro), i nodi vengono al pettine.
      Grazie di essere passata e del riconoscimento!

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  3. La prima volta che ho sentito che i bambini oggi faticano di più a scrivere e leggere perché non riescono a collegare il segno grafico 'artificiale' a quello 'manuale' sono rimasta spiazzata.
    Poi mi sono ricordata di tutte le prove che ho ogni giorno, soprattutto al lavoro, di gente adulta che non sa scrivere.
    Quindi mi chiedo, è davvero un problema così recente?
    Non sono insegnante né madre, ma mi basta guardare i miei nipoti per capire che i bambini oggi, forse più di ieri, hanno un concetto di apprendimento diverso. A me sembra che imparino in fretta, che abbiano strumenti adeguati, e quindi forse siamo anche noi adulti che dovremmo imparare ad usarli al meglio per insegnare loro come si fa.

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    1. Il problema non è recente, ma, mentre un tempo se ne percepiva la gravità (anche se, per contro, non si riconoscevano o si sottovalutavano le cause di molte di queste difficoltà), oggi sembra di poter rinunciare a certe competenze, proprio mentre a livello internazionale vengono riconosciute come basilari, quindi non si coglie il pericolo sotteso alla rinuncia a certi esercizi, pur molto tradizionali.
      Faccio un esempio banale: ogni giorno devo lottare con gli studenti perché mi consegnino prove di verifica ed elaborati di esercitazione scritti in corsivo, perché quasi tutti hanno adottato lo stampato maiuscolo come modalità di scrittura preimpostata; sono delle schegge a scrivere i messaggi con lo smartphone e abbastanza scaltri anche nell'uso della tastiera del pc, ma faticano nel coordinare il movimento occhio-mano, sicché la grafia di molti (anche in mancanza di disturbi strutturali specifici quali la disgrafia) è disordinata, illegibile, piena di segni ambigui. Si pensa che sia poco importante, perché ormai si va verso la digitalizzazione di qualsiasi testo, tuttavia questo inficia anche la capacità di riconoscere, per esempio, i casi in cui sono necessarie le lettere maiuscole, quindi si rinuncia ad una parte importante della rfilessione e della competenza linguistica.
      Sicuramente sono cambiati i paradigmi dell'apprendimento ed è bene incoraggiare anche attività più vicine agli stimoli quotidiani; anche se si addita la scuola italiana come un dinosauro, molto si è fatto per andare incontro alle nuove esigenze degli studenti e c'è un costante impegno a migliorare. Tuttavia la comprensione del messaggio si esercita comunque con l'esercizio alla lettura e alla rielaborazione del testo e dovremmo superare l'idea secondo cui "esercizio vecchio" equivale a "esercizio obsoleto" e capire cosa delle modalità tradizionali possa ancora venirci in aiuto e interfacciarsi positivamente con la didattica più innovativa.

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  4. Davvero triste è vedere quanto sia facile guadagnare con la rabbia e il dolore altrui, sentimenti sui quali ormai lo spettacolo, la politica e l'informazione fanno leva.
    Controllare le fonti, non accontentarsi di leggere i titoli e le opinioni del conoscente di Facebook di turno aiuterebbero. Il problema è la fretta. Non abbiamo tempo di leggere, distinguere, confrontare. La mancanza di tempo e organizzazione è uno dei più grandi problemi dei nostri tempi. Da docente, condivido pienamente il punto di vista sull'attività didattica della comprensione testuale!

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    1. Infatti l'esercizio della pazienza è molto importante: non possiamo rinunciare al diritto-dovere all'informazione, se vogliamo dirci consapevoli e sicuri di fronte a gigantesche falsità e/o parzialità.

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  5. articolo molto chiaro sul problema, ne parlo anche io smascheranto un po il metalinguaggio dei politici sul mio blog, volevo chiederti se posso linkare questo articolo nel mio dato che sto parlando )più o meno dello stesso argomento LOL)

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    1. L'articolo è pubblico, quindi puoi linkarlo senza problema! :)

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