Il paese delle nevi - Yasunari Kawabata

Catturata dall'influenza del Paese del Sol Levante, questa estate ho letto Il paese delle nevi, considerato il capolavoro dello scrittore Yasunari Kawabata, primo autore giapponese insignito del premio Nobel per la letteratura, nel 1968.
Definire questo testo e raccontarlo non è così facile: brevissimo e intenso, Il paese delle nevi, pubblicato nel 1937, è una storia pervasa di malinconia e costellata di descrizioni mozzafiato dedicate a interi paesaggi o a dettagli particolari. Una prova, insomma, della straordinaria concentrazione giapponese e della riflessione estetica che caratterizza la cultura nipponica.
 
Utagawa Hiroshige, Mariko - Cinquantatré stazioni del Tōkaidō
 
Il paese delle nevi è una località termale sulle Alpi giapponesi, nell'area di Takayama, dove gli inverni imbiancano il suolo e le case come in nessun altra regione giapponese. Qui trascorre le sue vacanze Shimamura, un cittadino di Tokyo attratto dalla rilassatezza di questo lugo e desideroso, come tanti, della compagnia di una delle geishe che vivono in città e allietano le serate degli ospiti delle varie locande. Shimamura incontra Komako, una ragazza sfuggente che - si dice - ha iniziato la sua carriera di geisha per aiutare il figlio della sua ospite a curarsi, forse per amore, a suo dire in nome di quel senso del dovere che sembra spiegare ogni sua azione. I due si incontrano, stagione dopo stagione, senza che Shimamura riesca a rispondere all'inquietudine di Komako, che lo cerca ma che rimane da lui divisa per colpa di una forza inspiegabile, di un bisogno di abbandono che, d'improvviso, diventa ostilità e tronca qualsiasi possibilità di comunicazione. Shimamura, per parte sua, appare freddo, talvolta infastidito dalle attenzioni di Komako eppure quasi geloso che ella le offra anche ad altri, in altri momenti tiepidamente preoccupato per gli eccessi della ragazza nei confronti dell'alcol e triste di doversi separarare da lei.
Ma il desiderio di lei per la città era divenuto un sogno senza speranza, ammantato d’umile rassegnazione, nel quale si sentiva non tanto l’altera insoddisfazione di chi vive in esilio, quanto il sentimento dello spreco. Ella non sembrava considerare la propria situazione particolarmente triste, ma, agli occhi di Shimamura, qualcosa in lei appariva stranamente commovente. Se avesse voluto approfondire quella sua intuizione di energie sciupate, Shimamura sentiva che sarebbe stato trascinato in un gorgo di emozioni remote capaci di sciupare la sua stessa vita. Ma davanti a lui c’era il volto mobile e vivo della donna, colorito dall’aria di montagna.
Il rapporto fra Shimamura e Komako è teso a qualcosa che non giunge mai, eternamente inappagato; sembra nutrirsi più della bellezza ideale di una sensualità che si irradia anche dal paesaggio montano nel corso delle stagioni e, insieme, dal passare del tempo, che di reali incontri. Komako assomiglia ad uno spirito che appare e scompare, terrena eppure inafferrabile, sospesa fra il consumarsi dell'esistenza e il desiderio di sottrarsi a questo fluire del tempo e della vita; Shimamura l'uomo che tenta di penetrare un segreto, ma che, al tempo stesso teme il suo svelarsi, un uomo alla ricerca della bellezza, della perfezione insita nel sacrificio, che ritrova in Komako, aggrappata al suo dovere di geisha, così come nell'antica arte della lavorazione della pregiata tela Chijimi, attività svolta dalle fanciulle bloccate nei villaggi durante i lungi mesi invernali.
Scorrendo le pagine de Il paese delle nevi, il lettore può avere la sensazione di non assistere allo svolgersi di alcuna storia, di non progredire verso alcun senso. Invece quel significato inafferrabile e implicito gli si insinua nell'animo e rende quella di Kawabata una storia memorabile, potente e delicata insieme, che ha forse più i tratti di un poema o di una danza ma che non per questo risulta meno affascinante.
Il paesaggio era scuro, severo. Il crepitio della neve che gelava sulla terra pareva rimbombare nelle sue profondità. Non c’era luna. Le stelle, troppe per sembrare vere, si affacciavano in cielo con uno scintillio così vivo che parevano precipitare nel vuoto. E più le stelle si avvicinavano, più il cielo pareva sprofondare nel colore della notte. Le vette della catena montuosa, confondendosi l’una con l’altra, si levavano massicce sull’orlo del cielo stellato in un’oscurità così greve e fosca che pareva partecipare del loro peso. L’insieme della scena notturna si fondava in una pura, serena armonia.
C.M.

Commenti

  1. Kawabata è pura poesia specie nelle descrizioni dell'ambiente, chissà perché questo Giappone affascina noi europei, anche se a volte ci sono delle stranezze. Ho trovato ultimamente ne La ragazza del convenience store un Giappone contemporaneo che però pare abbia idee arretrate specie sui single di una certa età, visti quasi come degli alieni.

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    1. La vita sentimentale dei Giapponesi e i giudizi su di essa, in effetti, appaiono difficili da comprendere per noi Europei: le relazioni interpersonali sono molto diverse da come le intendiamo noi e anche l'espressione delle emozioni è estremamente contenuta. Hai citato un romanzo che anch'io voglio leggere e questo tuo riferimento mi rende ancor più curiosa.

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  2. Ciao! Non conoscevo questo libro, ma adesso vola dritto in wishlist :D

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    1. Ciao! Se lo leggerai e se ne avrai piacere, torna a riferirmi tue impressioni! :)

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  3. Non sono mai stata molto attratta dalla letteratura giapponese ma conosco il nome di Kawabata, in quanto Márquez per scrivere "Memoria delle mie puttane tristi" si ispirò a "La casa delle belle addormentate" dello scrittore giapponese. Dovrò farci un pensiero, o sul libro di cui hai scritto la recensione o quest'ultimo. Grazie per aver dato lo spunto ad "iniziarmi" a questo tipo di letteratura e ad un nuovo libro da aggiungere alla lista.

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    1. Non sapevo di questo legame di Gabo con Kawabata, né avrei mai potuto immaginarlo: adesso sono curiosa di leggere entrambi i romanzi. Quindi grazie anche a te!

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  4. Che bella recensione, lo metto subito in lista! A parte qualcosa di Murakami, sono alquanto a digiuno di letteratura nipponica. Con Kawabata ci troviamo oltretutto nell’area dei grandi classici, se non erro, e poi mi attira lo stile lirico e contemplativo che hai così ben descritto e presentato nel post :-)

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    1. Con Kawabata si può dire di essere in compagnia di un classico, intendo approfondirne la conoscenza per andare oltre Murakami, che prima di questa lettura era anche per me l'unica esperienza di letteratura giapponese.
      Attendo con curiosità le tue impressioni! :)

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