La viaggiatrice leggera - Katharina von Arx

Potrei scrivere il post più breve della storia del blogging, dicendo semplicemente: «Leggete La viaggiatrice leggera di Katharina von Arx perché è un libro eccezionale». Ma l'argomentazione sarebbe inconsistente e non renderebbe giustizia alla miglior lettura della mia estate, anzi, alla migliore dall'inizio dell'anno.
In questo volume, pubblicato da L'orma editore, mi sono imbattuta per caso, ma mi sono bastate le poche righe della sintesi per capire che vi avrei trovato la giusta compagnia per le vacanze al mare, il perfetto testo da leggere sotto l'ombrellone. Innanzitutto perché quella di Katharina von Arx è una storia di viaggio, che riesce a portare in capo al mondo anche il lettore saldamente ancorato alla poltrona di casa. E poi perché basta affacciarsi al primo capitolo per cogliere il brio, l'ironia e l'originalità della narrazione, in grado di trascinare da una pagina all'altra ininterrottamente.


Katharina von Arx - va detto subito che la storia de La viaggiatrice leggera è, seppur incredibile, autobiografica - ha solo venticinque anni quando, il 2 agosto 1953, parte da Vienna per un viaggio senza meta o, per meglio dire, affronta un viaggio piuttosto lungo per raggiungere la madre a Zurigo. Katharina è già indipendente, fa dei lavoretti per vivere, nella speranza di essere notata e apprezzata come pittrice, ma ha soprattutto voglia di un cambiamento, di un'esperienza forte, da vivere in un qualche posto del mondo, così, tanto per cambiare e raggiungere Zurigo facendo il giro largo.
Forse la casa sopra di me si era fatta troppo pesante (vivo praticamente in cantina), o magari mi ha preso qualcosa, come a volte succede: un malanimo a restare qui, un mal di lontano o un qualsiasi altro mal... forse semplicemente una malinconia? Può darsi siano stati assieme il mal di lontano e la malinconia a intrecciarsi e a produrre una malinconia di lontano, o più semplicemente un mallontano.
Così un giorno mi misi alla macchina da scrivere e mi rivolsi a chiunque avesse qualcosa a che fare con i viaggi e i posti lontani. Non senza imbarazzo, inviai quaranta lettere per vedere se sarei riuscita a trovare un posto gratis su una nave; voglio dire un posto gratis qualunque su una qualsiasi nave in cui fosse rimasto uno spazietto libero da qualche parte, fosse anche davanti alla porta delle cucine... Arrivarono quaranta risposte cordiali, nelle quali lessi perlopiù solamente i «no». Ma quando una cosa mi entra in testa difficilmente se ne va via da sola, e finché non mi ferma nessuno, non c'è niente che mi possa fermare.
Sembrerebbe una storia destinata a concludersi qui, perché chi sarebbe mai disposto a pagare le spese di un viaggio intorno al mondo ad un'artista senza mezzi? E invece la compagnia di navigazione Lloyd Triestino fa recapitare a Katharina un biglietto speciale Genova-Bombay sulla M/S Asia. Per la giovane donna non serve che quello, assieme a una sacca riempita con una giacca, due vestiti (uno bianco per la sera e uno da giorno) e un paio di pantaloni, l'ukulele da tenere sottobraccio e un elmetto tropicale. Katharina copre la prima parte del viaggio in autostop, ricambiando il favore accompagnando con il suo strumento musicale i canti strampalati di automobilisti e camionisti, poi si imbarca e trascorre un lungo periodo in India, fra le maggiori città, la giungla e i villaggi, sempre senza pianificare e affidandosi alla disponibilità di questo o quel conoscente, dei viaggiatori europei che vantano amicizie nei consolati o nelle compagnie di viaggio o di uomini facoltosi che la soccorrono, spesso solo per poterla sedurre o sposare. Dall'India Katharina raggiungerà la Birmania, il Giappone e gli Stati Uniti, ma i suoi spostamenti, così come le esperienze negli alloggi esotici o il contatto con la cucina locale non sono affatto facili: i biglietti regalati si trasformano in biglietti sprecati, il denaro che la viaggiatrice ha con sé è sempre troppo poco, i lavori che le vengono proposti non offrono garanzie di pagamento di alcun tipo, il passaporto va bene per un ufficio ma non per un altro e le popolazioni che incontra non lesinano pregiudizi nei confronti di una donna che viaggia da sola e che, per giunta, osa portare i pantaloni e girare a viso scoperto. Insomma, il lungo viaggio di Katharina è sempre sospeso fra imprevisti, incertezze, minacce come quelle tese da uno spasimante in preda ad un furore violento o al rischio di una sommossa al Taj Mahal, interventi di un deus ex machina, provvidenziali offerte di lavoro come decoratrice di interni, ritrattista, cantante di ninnenanne o protagonista di interviste per i notiziari americani.
Un'esperienza reale, dunque, ma raccontata come una fiaba, quasi surreale per l'assurdità di certe situazioni e per il modo in cui vengono raccontate. Il fatto che Katharina von Arx scelga deliberatamente di non indulgere nella descrizione dei propri sentimenti e che l'ironia molto spesso conferisca distacco rispetto ad alcuni eventi fa sembrare ancor meno realistico il resoconto narrativo del rocambolesco viaggio, ma si tratta di una scelta deliberata dell'autrice, che, anche quando pressata dai cronisti smaniosi di strapparle quelle dichiarazioni personali, emotive e patetiche che tanto piacciono al pubblico, difende il proprio diritto a celare tutto quell'insieme di paura, eccitazione e spregiudicatezza che ha animato le sue peregrinazioni.
Per comprendere meglio questo aspetto del romanzo e il senso della leggerezza cui allude il titolo è fondamentale la postfazione della traduttrice, Sara Mamprin, che riporta una dichiarazione che fa luce sulle intenzioni di Katharina al momento della partenza da Vienna.
A Vienna non vedevo altre nuove vette da conquistare; erano tutte al di là delle nuvole. Era un'esistenza piacevole, giocosa, quasi un vagare sonnambulo tra le diverse epoche, le generazioni e i valzer viennesi. Ma gli avvenimenti di questo mondo si svolgevano altrove e io volevo viverli.
Katharina è una viaggiatrice leggera in molti sensi: ha un bagaglio meno che essenziale (ma per fortuna i numerosi regali vi porranno rimedio); è, agli occhi degli uomini, moralmente troppo frivola, ma proprio per questo, secondo alcuni di loro, facile preda; infine è ingenua, non del tutto consapevole dei rischi che corre o talmente tanto determinata ad andare al di là delle nuvole da non curarsene come dovrebbe... e forse proprio questo le permette di non lasciarsi mai abbattere.
E leggera è anche la scrittura dell'autrice, sempre brillante, sorprendente e accattivante, soprattutto se messa in relazione ai settantanove bozzetti che illustrano personaggi e luoghi che l'hanno particolarmente colpita.
Tutto questo rende La viaggiatrice leggera un libro unico, divertente, scanzonato, perfetto per rilassarsi e immaginare paesi lontani e provare a immedesimarsi in una giovane europea catapultata in villaggi e deserti totalmente estranei alla sua consuetudine. E quindi, ribadisco, leggete La viaggiatrice leggera. E che, non siete ancora corsi a procurarvelo?
Di notte me ne stavo appoggiata solitaria a qualche parapetto, a contemplare il mare blu e la luna velata. Pensavo a ciò che era e sarebbe stato, al passato, alla caducità delle cose e, con un vago senso di oppressione, anche al mio futuro.
C.M.

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