Orgoglio e pregiudizio - Jane Austen

«È cosa nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie». Quello di Orgoglio e pregiudizio è senza dubbio uno degli incipit più celebri della storia della letteratura e il romanzo stesso è uno dei più osannati fra i classici, di certo il più ammirato fra quelli di Jane Austen: pubblicato nel 1813, ha iniziato immediatamente a riscuotere un grande successo e dalla metà del Novecento si è fatta sentire tutta la sua influenza culturale, che ha prodotto film, serie tv, manga, parodie, riscritture e reinterpretazioni a non finire.
Ho approfittato della recente iniziativa Storie senza tempo di RBA, che prevede la pubblicazione di alcuni classici del XIX secolo in bellissimi volumi che riprendono le copertine Cranford delle edizioni inglesi Macmillan, per procurarmi questo libro, che da tempo orbitava fra le mie intenzioni di lettura senza che riuscisse mai a prevalere sulle altre.


La vicenda di Orgoglio e pregiudizio è facilmente riassumibile: le sorelle della famiglia Bennet sono tutte in età da marito e, quando la vicina tenuta di Netherfeld viene affittata dal ricco signor Bingley, la signora Bennet fa di tutto per stringere buoni rapporti con quello che spera possa diventare suo genero: tutte le energie della donna sono volte a procurare buoni matrimoni alle figlie non solo perché, superati i vent'anni, rischierebbero di rimanere zitelle, ma anche perché la famiglia Bennet non ha un erede maschio e la proprietà di Longbourn, alla morte del loro padre, sarà ereditata da un cugino. Jane, la maggiore delle sorelle Bennet, attira immediatamente l'attenzione del signor Bingley, mentre Elizabeth entra subito in attrito con il grande amico di lui, il signor Darcy, che giudica una persona troppo orgogliosa, vanesia e piena di sé. Il giudizio negativo di Elizabeth nei confronti del signor Darcy va rafforzandosi quando ella si convince che lui sia il responsabile dell'improvvisa partenza dei Bingley da Netherfeld e, quindi, dell'infelicità della sorella, e a causa dei pettegolezzi messi in giro dall'ufficiale Wickham, che riesce ad affascinare chiunque con i suoi modi gentili. Pungente, colta, indipendente e, a suo dire, estremamente avveduta, Elizabeth cade tuttavia in un pregiudizio che sarà costretta a decostruire poco alla volta, mano a mano che Darcy rinuncerà alla propria fierezza, trascinato dagli eventi e dal confronto impietoso con la secondogenita Bennet.
Una storia apparentemente semplice, dunque, che si arricchiesce però di personaggi minori ed episodi corollari, tutti mirati a far emergere i caratteri di Elizabeth e Darcy e l'attrito che c'è fra di loro. L'effetto è la trasformazione del romanzo in un complesso affresco sociale che Jane Austen sottopone ad una pervasiva ma raffinata satira che, con ironia, si riversa sui modi tanto ossequiosi quanto ipocriti dell'alta società e della borghesia, sulla febbre e le rivalità della caccia al marito, sull'ossessione per il patrimonio e, quindi, i "buoni partiti", sulla facilità con cui le ragazze si lasciano affascinare dalla divisa o da una villa sfarzosa, sugli espedienti con cui degli inetti cercano di risollevarsi da debiti e scelte impulsive.
Se è vero, infatti, che per certi aspetti la narrativa di Jane Austen si rivela assolutamente rassicurante e tradizionale con il classico e prevedibile lieto fine e situazioni che, comunque, rientrano quasi sempre nelle convenzioni sociali, d'altro canto l'autrice sa trattare con obiettività i suoi personaggi, senza creare eroi ed eroine ma sottolineando di ciascuno i difetti e i pregi. Anche il personaggio di Elizabeth, la figlia preferita del signor Bennet e quella che maggiormente preoccupa la di lui consorte, riconosciuta dagli amanti della letteratura e da molte lettrici come icona di risolutezza e autonomia, non appare infallibile e talvolta si lascia biasimare per l'attaccamento ai propri pregiudizi e la goffaggine con cui tenta di superarli senza scadere in atteggiamenti svenevoli da romanzo d'appendice.

Devo confessare che l'impatto con Orgoglio e pregiudizio non è stato affatto positivo: per i primi capitoli mi sono trascinata stancamente per pagine e pagine di colloqui di cui non riuscivo a trovare il senso e che mi sembravano inutili sfoggi di rappresentazioni di salotti, tè e ricevimenti. Poi, però, da quando la figura del signor Darcy ha cominciato a delinearsi attraverso le sue azioni e l'autrice ha preso ad inserire qua e là piccoli colpi di scena, la trama di è fatta interessante e la voglia di arrivare al finale (pur arcinoto) si è fatta sentire.
In qualche modo Orgoglio e pregiudizio, dopo la gradevole esperienza di Ragione e sentimento e quella alquanto deludente di Northanger Abbey, fa pendere leggermente la mia bilancia a favore di Jane Austen. E quindi quale sarà il prossimo romanzo? Sono indecisa fra Emma e Mansfield Park, entrambi peraltro inclusi nell'ampia iniziativa RBA.
«Com’è spregevole ciò che ho fatto! Io che andavo fiera del mio discernimento! Io che mi vantavo delle mie capacità! Che più di una volta ho deriso il generoso candore di mia sorella, appagando la mia vanità con una diffidenza inutile e sbagliata! Che scoperta umiliante! Eppure, quanto è giusta questa umiliazione! Non avrei potuto essere più cieca, se fossi stata innamorata. Ma è stata la vanità, non l’amore, ad accecarmi. Lusingata dall’interesse dell’uno, e offesa dall’indifferenza dell’altro nei primissimi tempi della nostra conoscenza, mi sono messa a coltivare il pregiudizio e l’ignoranza, disdegnando la ragione, quando si trattava di qualcuno dei due. Fino a questo momento, non ho mai conosciuto me stessa.»
C.M.

Commenti

  1. Che bello poter parlare di letteratura in questo bellissimo spazio e lasciare alle spalle il boom mediatico di questi ultimi giorni! Non sono proprio una "fervente austeniana" ma quello che mi colpisce di questa scrittrice è "il non detto", cioè quello che traspare appena dalle righe che vale anche più di quello che ti dice. Poi amo molto il odo in cui le scene più rilevanti accadano con una certa calma, quasi banalità di sottofondo. Da parte mia spero di poter leggere entro l'anno "Mansfield Park" (ho letto che era quello più apprezzato dai suoi colleghi).

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    1. La lettura della Austen si presta particolarmente a questi giorni: i discorsi superficiali (ma che, come giustamente dici, comunicano un vuoto di fondo) e le preoccupazioni della famiglia Bennet sono un argomento di gran lunga preferibile all'assurdo rimbalzo di discorsi di questi giorni - ma di quello che sta succedendo e del bisogno di concentrarsi su altro parlo nel post di domani. Anche della pacatezza dell'autrice si sente il bisogno: è vero che i grandi momenti di svolta arrivano e si sviluppano senza che neanche il lettore se ne renda conto.

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  2. Ricordo di avere amato molto questo romanzo quando lo lessi a 16 anni. Lo annoverai fra i romance, attratta dal rapporto fra Lizzy e Darcy, non cogliendone invece gli aspetti che tu citi. È uno dei romanzi di maggiore ironia di tutto l'Ottocento inglese, e se si guarda alla biografia della sua autrice, se ne comprendono ulteriori aspetti. Preferisco comunque le sorelle Bronte, hanno una scrittura più in linea con i miei gusti.
    Ricordo di aver letto "Emma", ma non mi piacque granché. Emma è una sorta di paraninfo che cade nelle sue stesse trame, il finale è piuttosto banale. Hai visto tutti quei film che negli anni Novanta furono tratti da questi romanzi?

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    1. No, non li ho mai visti, anche se mi tenta la versione di Ragione e sentimento con Emma Thompson e Kate Winslet. Ho invece un vago ricordo del film Orgoglio e pregiudizio del 2005, troppo debole per esprimermi...

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