Le ricette della signora Tokue - Durian Sukegawa

Non si può dire di aver fatto esperienza del Giappone se non si è assaggiato un dolce a base di an, la golosissima marmellata di fagioli rossi (azuki) che viene usata per farcire i tayaki, che si presentano come delle cialde a forma di pesce, ma soprattutto i dorayaki, che sono forse la merenda più famosa del Paese del Sol Levante. Al di là di quelli confezionati che si trovano in qualsiasi konbini, ne ho mangiati alcuni di produzione artigianale, il primo dei quali mi è stato impacchettato con eleganza sotto gli occhi in un mercato della metropolitana presso il Kabukiza, nel prestigioso quartiere di Ginza, ed è stato amore al primo morso.
Questo ricordo ha fatto sì che, dopo aver letto la presentazione del romanzo Le ricette della signora Tokue di Durian Sukegawa (Einaudi), la tentazione di leggerlo diventasse irresistibile, grazie alla promessa di raccontare di un'anziana donna in grado di rivitalizzare un chiosco di dorayaki e il suo mesto proprietario grazie al suo mezzo secolo di esperienza nella preparazione dell'an.
 
Kyara Uchida (Wakana), Kirin Kiki (Tokue) e Nagase Mastoshi (Sentarō) nel film "Le ricette della signora Toku"
 
Sono tre i personaggi che, da soli, tengono in piedi la narrazione: il gestore di Doraharu, il malinconico Sentarō, che si trascina fra stanche preparazioni di dorayaki e bicchieri di sake mentre cerca di convivere con un passato ingombrante e di saldare i suoi debiti con la proprietaria del negozio; l'adorabile vecchietta Tokue, che, in barba all'età e attratta dal ciliegio che fa come da guardiano al chiosco, si presenta da Sentarō per ottenere il posto di aiutante, tentando il gestore con un assaggio del suo an; Wakana, un'adolescente solitaria e chiusa che trova conforto nella compagnia del solo canarino Marvy, che, però, non può più tenere nell'appartamento in cui vive con una madre poco presente. I tre si conoscono intorno alla piastra su cui cuoce il pandispagna dei dorayaki e qui iniziano a condividere le rispettive solitudini: mentre Tokue istruisce Sentarō sulla preparazione dell'an e lo assiste nell'inaspettata ripresa degli affari dovuta proprio al successo della confettura, il gestore trova poco alla volta la motivazione a lavorare, rimanendo stupito della capacità di Tokue di trattare gli azuki e, più in generale, di ascoltare tutto ciò che di vivo ella ha intorno. Wakana, invece, trova due amici e, quando la stessa Tokue si trova a dover servire i clienti in assenza di Sentarō, scopre in lei una confidente e arriva finalmente a porle la domanda che Sentarō non ha mai osato fare: cosa è successo alle sue mani per deformarsi in maniera tanto evidente? Ma la domanda che in realtà sia Wakana che Sentarō vorrebbero fare a Tokue è dove riesca a trovare l'energia e la voglia di lavorare a fronte della sua età e di una paga a dir poco misera. Avranno una risposta quando i clienti verranno a sapere il segreto dell'anziana donna e inizieranno a scemare, fino a sparire del tutto.
Il romanzo di Durian Sukegawa concentra in poche pagine molti aspetti della vita e della società giapponese, dalla pressione esercitata sui lavoratori e, in generale, su chi ha un debito nei confronti di qualcuno alla difficoltà di molti di comunicare e di scegliere la propria strada in un contesto dominato dal senso del dovere e dal collettivismo, nel quale l'individualità fatica ad emergere. Ma c'è anche la spiritualità nipponica, incarnata dalla dolce Tokue, che sa ascoltare gli elementi naturali che le parlano, indagando la storia degli azuki così come il messaggio del canto di Marvy, che comprende come ogni cosa abbia bisogno dei propri tempi e debba essere fatta con gesti e attenzioni che rispettino un delicato equilibrio. L'anziana Tokue è una sorta di guida sia per Sentarō, che grazie a lei trova, seppur con fatica, una motivazione mai avvertita, sia per Wakana, che finalmente può comunicare con qualcuno e stabilisce un legame d'affetto che in famiglia non le è possibile avere. Tokue è una maestra nella preparazione dell'an, ma la su lezione più grande è che siamo nati per guardare e ascoltare il mondo, per dare un senso a ciò che ci circonda, per motivare l'esistenza della natura, per far sì che la luna brilli e i fiori di ciliegio si mostrino in tutta la loro bellezza. La motivazione all'esistere, quindi, resiste al di là delle delusioni personali, delle sconfitte, delle atroci sofferenze di cui lei, Sentarō e Wakana hanno avuto esperienza in modi diversi.
Dal raffinato romanzo di Sukegawa è stato tratto nel 2015 il film Le ricette della signora Toku (il cui titolo originale, però, era An), diretto da Naomi Kawase, con Nagase Masatoshi e Kiki Kirin nei ruoli di Sentarō e Tokue. Molto fedele al romanzo, anche se più sintetico nella seconda parte e soprattutto sul finale, del quale però ricuce alcuni fili che la narrazione lascia sospesi, il film rende pienamente il messaggio del romanzo e sa dare ai comportamenti di Tokue e ai suoi dialoghi con Sentarō nel chiosco il brio, la tenerezza e il divertimento che la pagina non lascia trapelare. L'unico aspetto che viene a mio avviso poco approfondito riguarda il passato di Tokue, inserito in qualche ricordo, offerto poco alla volta e con poca intensità allo spettatore rispetto a quanto accade nel romanzo, che rivela proprio nei ricordi della donna il suo tratto più struggente, contribuendo a costruire un personaggio forte, coerente, originale e indimenticabile.

Respirare il profumo del vento e sentire lo stormire degli alberi. Sono più di sessant'anni che mi esercito, che sento la voce di ciò che non ha voce. È quello che definisco «essere all'ascolto».
Quando preparavamo l'an, mi chiedeva sempre cosa facessi, no? Mi cheideva se, avvicinando il volto ai fagioli azuki, sentissi qualcosa. Non avrei saputo cosa rispondere se non che «ero all'ascolto», ma poi pensavo che una risposta simile non avrebbe fatto altro che confonderla, per cui preferivo tenermi sul vago.
Si tratta di osservare bene l'aspetto degli azuki. Di aprirsi a ciò che hanno da dirci. Significa, per esempio, immaginare i giorni di pioggia e i giorni di sole che hanno vissuto. Ascoltare la storia del loro viaggio, dei venti che li hanno portati fino a noi.
Sono convinta che ogni cosa in questo mondo abbia il dono della parola. Secondo me si può prestare ascolto a tutto, ai passanti per strada, ovviamente, ma anche a tutti gli esseri viventi, e persino ai raggi del sole e al vento.

C.M.

Commenti

  1. Questo libro mi intriga parecchio. Sono interessata da sempre al Giappone.

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    1. Non passa giorno senza il desiderio di tornare: con i libri come questo (e relative tentazioni gastronomiche) cerco di compensare la distanza, ma non faccio che rendere ancora più forte la voglia di un altro viaggio... Da appassionata del Giappone, credo che apprezzerete il raffinato romanzo di Sukegawa.

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