I giusti - Jan Brokken

I Giusti tra le Nazioni sono coloro che durante la Shoah rischiarono la vita per salvare quella degli ebrei perseguitati. I loro nomi sono scolpiti nel Giardino dei Giusti dello Yad Vashem, a Gerusalemme e, fra i più noti, figurano Gino Bartali, Giorgio Perlasca, Oskar Shindler, Ian e Antonina Żabiński, ai quali documentari, letteratura e cinema hanno dato una visibilità tale che permette di associarli immediatamente alle vicende storiche. Molti di coloro che hanno contribuito al salvataggio degli ebrei sono stati individuati facilmente, per altri la strada per il riconoscimento dei meriti umanitari è stata ben più lunga e tortuosa.
È il caso dell'olandese Jan Zwartendijk, direttore della filiale della Philips in Lituania che, ricevuto il titolo puramente onorario di console a Kaunas, lo ha utilizzato per produrre visti destinati al trasferimento degli ebrei a Curaçao, in collaborazione con altri diplomatici come il console giapponese Chiune Sugihara e l'ambasciatore olandese in Lettonia Leendert De Decker. Si stima che Zwartendijk abbia prodotto oltre duemila visti, ma probabilmente sono molti di più i fuggitivi che sono riusciti a salvarsi grazie al suo intervento, poiché spesso bastava che il capofamiglia ne esibisse uno per far viaggare con sé i figli e la moglie e poteva accadere inoltre che quelli non utilizzati fossero spediti dai profughi ad amici e parenti.
A Jan Zwartendijk e alla sua famiglia, oltre che a tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito all'impresa dell'Angelo di Curaçao (come è stato poi soprannominato) è dedicato il libro di Jan Brokken I Giusti (Iperborea - traduzione di Claudia Cozzi), nel quale le vicende biografiche e l'impegno di questo personaggio vengono ricostruiti con dovizia di particolari e che apre anche alla documentazione delle vicende di alcuni ebrei da lui salvati, delle traversie del viaggio, delle dinamiche all'interno delle comunità ebraiche formatesi in Giappone e in Cina nel complesso percorso verso i Caraibi e delle diverse strade attraverso le quali l'impegno del console olandese ha trovato il suo esito. 
Brokken racconta di essersi imbattuto in questa eroica ma quasi sconosciuta vicenda durante un viaggio in Lituania per la realizzazione della preziosa reccolta di biografie Anime baltiche, ma di aver scelto di dedicare un testo indipendente a Zwartendijk sia per la brevità della sua permanenza in Litania sia per dare alla sua vicenda l'attenzione che meritava. Un'operazione tanto più importante, se si pensa che Zwartendijk non seppe mai se la sua rischiosa iniziativa avesse cotribuito a salvare anche solo alcune delle vite delle migliaia di richiedenti che affollavano gli uffici Philips trasformati in consolato: solo i suoi figli, la cui amarezza Brokken doverosamente documenta, hanno ottenuto, al termine di una lunga battaglia, il riconoscimento del nome del genitore fra i Giusti fra le Nazioni. Nel 1997, quasi vent'anni dopo la sua morte, a Jan Zwartendijk fu conferita la menzione d'onore dallo Yad Vashem, sebbene l'intervento di Chiune Sugihara, che dovette confermare per conto del Giappone le autorizzazioni già concesse dal consolato olandese, fosse stato riconosciuto già nel 1985.
Con la delicatezza e l'accuratezza che lo contraddistinguono, Jan Brokken rende a suo modo giustizia ad una storia che per tanto tempo ha atteso di essere raccontata: in assenza di messaggi dagli ebrei messi in salvo e distrutte, al momento dell'occupazione tedesca dei Paesi Baltici, le prove che avrebbero potuto procurargli dure conseguenze, solo Zwartendijk, i suoi più stretti familiari e pochi collaboratori erano al corrente della poderosa impresa di salvataggio che per settimane ha viaggiato lungo la Transiberiana. Ecco perché non è solo di Jan Zwartendijk che si parla ne I Giusti: molto ci viene detto della sua famiglia di origine, in particolare del gemello Piet, della sorella Didi e della moglie Erni, oltre che dei loro figli, strenui sostenitori della memoria del padre. Le vicende ricostruite in questo documento biografico e storico, che ha al contempo la vivacità e la passione di un romanzo, si snodano fra i Paesi Bassi e la Polonia, fra la Lituania e il Giappone, fra la Grecia e gli Stati Uniti, restituendo la complessità di una rete di interventi, aiuti e contatti che ricordano quanto siano grandi le prove di umanità, generosità e solidarietà di cui gli esseri umani sono e sono stati capaci anche in situazioni che sembrano doverle soffocare.
Al tempo stesso, Jan Brokken suggerisce una riflessione irrinunciabile sul valore della memoria, che non può e non deve essere solo la memoria delle vittime e dei perseguitati, ma anche quella di chi sa esercitare il coraggio, la costanza, l'amore incondizionato per il prossimo. Perché la memoria non ha solo la funzione di aiutarci a riconoscere il male, ma anche quella di indicarci la strada della giustizia e di fornirci esempi che sollevino lo spirito e lo spingano a coltivare i valori più alti.

«Una sera che era stanchissimo e teso ci disse, a Jean e a me: "Devo aiutare quella gente. O moriranno tutti."»
«Come faceva a esserne tanto sicuro?»
«Mio padre non ha fatto altro che seguire la sua coscienza. Era convinto che ciascuno doveva attenersi ai valori e ai principi che si era dato. Se cominciavi a scantonare, era la fine.»
«La fine?»
«Non eri più un essere umano degno di tale nome».

C.M.

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