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John William Waterhouse, Circe invidiosa (1892) |
L'artista che ha dedicato maggiore attenzione a Circe è senza dubbio John William Waterhouse, affezionato frequentatore della mitologia e particolarmente devoto alle protagoniste femminili dei racconti antichi e medievali. Circe che prepara la sua vendetta su Scilla è oggetto di un dipinto sviluppato verticalmente, nel quale la dea è raffigurata nell'atto di contaminare con i suoi veleni le acque in cui la rivale è solita bagnarsi. Nonostante il pittore scelga di dare spazio all'intera figura di Circe, risulta centrale lo sguardo rancoroso e terribile della dea, pronta a punire Glauco e la ninfa da lui amata.
C'era un piccolo golfo profondo, delimitato da sponde arcuate, che costituiva il rifugio caro a Scilla. Ella vi si recava per ripararsi dal calore eccessivo del mare e del cielo, quando il sole dardeggiava implacabile a picco dal mezzo della volta celeste e rimpiccioliva al massimo le ombre. Prima dell'arrivo della fanciulla la dea contaminò e inquinò le acque coi veleni dagli effetti portentosi; poi vi versò un succo spremuto da una radice malefica e lasciò uscire in un mormorio dalla sua bocca di maga tortuose parole piene di mistero, mai prima udite, ripetendo la formula nove volte e ancora nove e nove. Arrivò Scilla e si immerse nell'acqua fino al ventre, e subito vide il suo inguine orribilmente cinto da mostri latranti: dapprima non si rese conto che questi facevano parte del suo corpo e fuggì, tentando di stornare da sé, in preda al terrore, i musi aggressivi dei cani.[Traduzione dei vv. 51-63 di Giovanna Faranda Villa]
Infine Enea giunge nel Lazio e si scatena la guerra contro le popolazioni locali, guidate da Turno. Come al viaggio dell'eroe, così alla guerra Ovidio non dedica ampio spazio, considerando che entrambe le avventure erano ben più degnamente trattate nella coeva Eneide dal collega Virgilio, ma si concentra su alcuni episodi secondari (come la trasformazione in Naidai delle navi dei Rutuli ad opera di Cibele); così farà nel trattare le prime fasi della monarchia romana, tralasciando episodi arcinoti come la contesa fra Romolo e Remo e il ratto delle Sabine per regalare al lettore digressioni più preziose.
La fugura di Vertumno e il benessere di cui è patrona e che lo porta ad associarlo all'abbondanza e alle messi ispira uno dei notissimi ritratti di Giuseppe Arcimboldo, che nel 1590 attribuisce a Rodolfo II d'Asburgo le sembianze del dio italico, a simboleggiare la nuova età dell'oro che dovrebbe accompagnare il suo regno.
Ma più di tutti l'amava Vertumno, eppure non aveva più fortuna degli altri. Quante volte, travestendosi da rude mietitore, ortò in una gerla le spighe, e sembrava proprio un mietitore! Altr volte cingendosi le tempie di un manipolo di fieno fresco, poteva dar l'impressione di essere uno di quelli che rivoltano il fieno appena tagliato; altre ancora reggeva in mano il pungolo e avresti giurato che aveva appena liberato dal gioco i buoi stanchi. Gli si dava un falcetto e lui si improvvisava potatore di alberi e viti; predneva sulle spalle una scala e lo avresti detto pronto a cogliere i frutti. Con la spada diventava soldato, con la canna pescatore. In breve, grazie ai più svariati travestimenti, spesso trovava il modo di intrufolarsi e godersi la visione della bellissima Pomona.[Traduzione dei vv. 641-653 di Giovanna Faranda Villa]
Fu poi Romolo a dare inizio alla battaglia quando volle e la terra romana si coprì di cadaveri sabini ma anche di morti romani: l'empia spada mischiò il sangue del genero con quello del suocero. Finalmente si decise di por fine alla guerra senza arrivare agli estremi e di sigillarla con la pace, a patto che Tazio rinunciasse al regno.[Traduzione dei vv. 799-804 di Giovanna Faranda Villa]
Chiusa la parentesi pitagorica, si torna al regno di Numa e alla morte del secondo sovrano romano, con la conseguente disperazione della sposa Egeria, alla quale nemmeno il racconto di Ippolito, rinato come Virbio per volontà di Esculapio e Diana, riesce a offrire consolazione. L'incontro della donna con il semidio è l'occasione di richiamare il noto mito greco del giovane trascinato verso la morte dai cavalli imbizzarriti nel viaggio verso l'esilio a seguito delle false accuse di incesto mosse dalla matrigna, Fedra, innamoratasi di lui a causa di un intervento vendicativo di Afrodite, ma rifiutata. L'episodio, narrato in chiusura della tragedia euripide Ippolito dal fantasma dello stesso protagonista, ispira il dipinto del 1890 di Lawrence Alma-Tadema, focalizzato sul trascinamento del cadavere del giovane ateniese.
Venni sbalzato giù dal carro e, poiché i finimenti tenevano impigliate le mie membra, avresti potuto vedere le mie viscere vive lacerarsi, i muscoli e i nervi restare attaccati al tronco, parte del mio corpo venir trascinata in avanti, parte trattenuta e lasciata indietro; s'udivano le ossa spezzarsi con cupo rumore e si sarebbe potuta vedere l'anima sfinita spirare: non esisteva parte del mio corpo che si riuscisse a individuare perché tutto quanto era una ferita sola[Traduzione dei vv. 524-529 di Giovanna Faranda Villa]
Le Metamorfosi si chiudono dunque con la benedizione del principato di Augusto e con l'espressione, da parte di Ovidio, della certezza che la sua opera sia destinata all'eternità: non la distruggerà il fuoco né il ferro né il tempo, perché è indissolubilmente legata al perdurare della gloria di Roma.
Sintesi dei contenuti del libro XIV delle Metamorfosi:
vv. 1-74: Glauco, Circe e Scilla
vv. 75-440: Il viaggio di Enea
vv. 129-153: Storia di Sibilla
vv. 223-440: Macareo e le avventure di Ulisse
vv. 241-440: Gli incantesimi di Circe
vv. 320-434: Metamorfosi di Pico
vv. 441-580: Guerra di Enea nel Lazio
vv. 460-526: Ambasceria a Diomede
vv. 483-511: Metamorfosi di Acmone
vv. 512-526. Origine dell’olivo
vv. 527-565: Cibele muta in Naiadi le navi dei Rutuli
vv. 581-608: Divinizzazione di Enea
vv. 609-771: I sovrani latini
vv. 622-771: Pomona e Vertumno
vv. 698-764: Ifi e Anassarete
vv. 772-851: Il regno di Romolo
vv. 777-804: Guerra fra Romani e Sabini
vv. 805- 851: Divinizzazione di Romolo ed Ersilia
Sintesi dei contenuti del libro XV delle Metamorfosi:
vv. 1-551: Regno di Numa
vv. 12-59: Fondazione di Crotone
vv. 60-478: Pitagora e le trasformazioni naturali
vv. 479-551: Morte di Numa e disperazione di Egeria
vv. 497-546: Ippolito rinasce Virbio
vv. 552-621: Nascita della divinizzazione e vaticinio di Cipo
vv. 622-744: Esculapio sull’isola Tiberina
vv. 745-860: Morte e divinizzazione di Cesare
vv. 816-842: Profezia dei successi di Augusto
vv. 843-879: Congedo
C.M.
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