Le otto montagne - Paolo Cognetti

Per essere una persona decisamente più incline alle escursioni culturali che a quelle naturalistiche e, a dirla tutta, per essere anche un po'pantofolaia, mi accorgo di aver esplorato più volte la montagna attraverso i libri negli ultimi tempi: tutto è iniziato con La manutenzione dei sensi di Franco Faggiani, per poi proseguire con Le pietre di Claudio Morandini e con Mario Rigoni Stern (Trilogia dell'Altipiano, Le vite dell'Altipiano), fino ad arrivare a Le otto montagne di Paolo Cognetti. Sono tutti romanzi diversi, in cui la montagna assume però un ruolo simbolico, misterioso, in cui si impone con le sue suggestioni, con la capacità di far riflettere sui comportamenti, sulle paure e sui limiti degli esseri umani.
 
Lawren Harris, Monte Lefroy (1930)

Le otto montagne si potrebbe considerare un romanzo di formazione e per certi aspetti ha un filo conduttore in comune con La manutenzione dei sensi, perché anche al centro di questa storia c'è un rapporto fra un figlio e un padre che va definendosi proprio nello spazio della montagna; gli esiti e lo sviluppo del racconto sono però diversi e conducono ad una narrazione ancora più introspettiva.
Il protagonista è Pietro, cresciuto in città ma abituato a frequentare ogni estate la montagna, ambiente naturale di sua madre, che ama rilassarsi nella natura, osservarla e assaporarne forme e colori, e di suo padre, che, invece, ha l'irruenza dell'esploratore che non si ferma fino a che non ha raggiunto la vetta. I genitori di Pietro hanno scelto di prendere in affitto una casa in pessime condizioni a Grana, in Valle d'Aosta, in cui trovare rifugio dai ritmi soffocanti e insoddisfacenti di Milano. Qui Pietro stringe amicizia con Bruno, un ragazzo che fa il pastore e che lo porta ad esplorare pendii, vallate, boschi e corsi d'acqua e che diventa compagno di escursione di Pietro e di suo padre e quasi un quarto membro della famiglia. I destini dei due giovani, però, sono separati dalle loro vite molto diverse: Pietro torna a Milano ogni fine estate, prosegue con i suoi studi e poi si trasferisce a Torino, mentre e Bruno inizia a lavorare come muratore e coltiva il sogno di rilevare l'alpeggio dello zio per condurre un'azienda casearia tutta sua. Pietro e Bruno si riavvicinano quando il primo scopre che il padre gli ha lasciato in eredità una proprietà ai piedi del Grenon e il secondo si offre di aiutarlo a costruire una piccola casa, che diventerà un ritiro fisico e spirituale per entrambi.
Non si può dire molto di più della trama de Le otto montagne, che è in fondo un viaggio interiore che Pietro compie alla ricerca di se stesso, della sua montagna e, al contempo, nel suo rapporto con il padre, che arriva a conoscere e a comprendere solo dopo che la morte li ha separati, e con Bruno, così diverso da lui ma ugualmente in difficoltà nel tracciare la propria strada e nel condividerla con qualcun altro. La montagna diventa, in questa storia di legami combattuti, lo scenario e il tragitto di un'escursione intima e sofferta, la vetta il punto di arrivo di un percorso nel quale ci si può perdere, ritrovare, fermare, ripartire ed essere cambiati dal passare del tempo, come la neve che muta con le stagioni, come i ghiacciai che si spostano e i pendii ripidi che improvvisamente svelano la presenza di uno specchio d'acqua.

Salendo mi piaceva fermarmi un minuto in riva al lago. Mi chinavo ad accarezzare l'acqua e ne sentivo la temperatura con la mano. Il sole, che illuminava le cime del Grenon, non era ancora arrivato nella conca, e il lago manteneva una qualità notturna, come un cielo in cui non è più buio ma non ancora chiaro. Non ricordavo bene perché mi fossi allontanato dalla montagna, né che cos'altro avessi amato quando non amavo più lei, ma mi sembrava, risalendola ogni mattina in solitudine, di farci lentamente la pace.

C.M.

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