L'addobbo nuovo nuovo

Lo portarono a casa alla sera tardi, ma rimase nella busta di carta fino al mattino successivo. Una giornata passata fra le bancarelle dei mercatini cittadini poteva essere più stancante di una di lavoro e tempo per svuotare i sacchetti pieni di regali e decorazioni proprio non ce n'era.
L'addobbo nuovo nuovo trascorse la notte nel mucchio degli acquisti, in un angolo del salone. O, almeno, fu questo che dedusse quando, dopo diverse ore, fu estratto dalle mani attente della padrona di casa, quando la rimozione delle bollicine di plastica degli imballaggi permise di distinguere le parole che prima erano ovattate, lontane, ridotte ad un brusio.
La sua coperta di carta velina venne delicatamente rimossa e il bagliore caldo della casa che si preparava alle feste lo investì di colpo: intorno a lui era tutto un vociare di entusiasmo e capricci mentre i rami dell'albero venivano aperti e inghirlandati di lampadine.
Ci siamo, pensava, è arrivato il mio momento.
Le mani paffute di un bambino gli posarono vicino qualcosa di grande, ma, appiattito sul tavolo, l'addobbo nuovo nuovo non riusciva a distinguerne i contorni. Quando anche l'involucro stropicciato del suo vicino fu eliminato, l'addobbo nuovo nuovo poté intravedere dei lineamenti dorati, alcuni più intensi e altri più chiari.
 «Salve, io sono nuovo di queste parti. Tu chi sei?» domandò l'addobbo nuovo nuovo.
Il suo vicino si scrollò appena, certo che nessuno della casa lo osservasse ma abbastanza cauto da non darlo per scontato. «Salve, addobbo nuovo.» gli rispose con un vocione gioviale «Io sono lo stellone di Natale e aspetto di essere messo lassù, proprio sulla cima dell'albero.».
L'addobbo nuovo nuovo tese lo sguardo verso l'abete sintetico attorno al quale si agitavano teste e dita e che, istante dopo istante, si arricchiva di nuovi giri di filo luminoso. «Non hai paura di stare così in alto?» domandò tremolante «Una caduta da quell'altezza potrebbe esserti fatale.».
L'addobbo nuovo nuovo era fatto di legnetti intrecciati: una caduta non lo avrebbe mandato in pezzi, ma sarebbe bastata a causargli dolorose scheggiature e ammaccature e, forse, una volta rovinato, nessuno avrebbe più voluto esporlo e il suo destino sarebbe stato quello di finire nei sacchetti della spazzatura. Lui non sapeva bene cosa fosse la spazzatura, ma quelli che tendevano le mani sulle bancarelle da cui proveniva ne parlavano spesso. Sostituire, eliminare, rimpiazzare erano parole di cui non conosceva il significato ma che, così, a istinto, non gli piacevano.
Lo stellone, però, era fatto di vetro e a lui un capitombolo non avrebbe lasciato scampo. Eppure questi rispose, tronfio e sicuro: «Io sono così importante e prezioso che mi mettono sull'albero alla fine dei lavori, per evitare che uno scossone o una mossa sbagliata possano scalfirmi. A quel punto hanno occhi solo per me: tutti osservano con attenzione la mia salita sui rami e nessuno si allontana prima che la mia stabilità sia assicurata. Poi, da lassù, contemplo ogni cosa e chi entra per gli auguri e i ricevimenti delle feste nota me sopra a tutti gli altri addobbi.»
 «Insomma, lui è un po'come il re di tutte le decorazioni.» disse una voce alle spalle dell'addobbo nuovo nuovo. Volse appena lo sguardo per cercare di osservare il nuovo interlocutore, ma riuscì a malapena a vedere un profilo frastagliato ricoperto di brillantini argentati.
 «Per questo se ne sta in alto?» domandò ingenuamente l'addobbo nuovo nuovo.
 «Certo.» rispose la decorazione di brillantini «Tutti sanno che gli addobbi più preziosi stanno in alto, dove tutti li possono osservare per bene, senza bisogno di piegarsi o strizzare gli occhi. Io sto sempre a pochi rametti di distanza dallo stellone e il mio luccichio si nota appena si entra nella stanza.».
Da quel momento l'addobbo nuovo nuovo iniziò a pregare di essere scelto per quella posizione di prestigio di cui parlavano gli altri addobbi. Se la vetta dell'albero era già occupata, pazienza, ma a qualche ramo nei pressi della cima poteva forse aspirare. Del resto lui era nuovo nuovo, ancora integro e ben verniciato e, si sa, alla gente piace sfoggiare gli ultimi acquisti.
In effetti, quando tutto l'albero fu avvolto dai filamenti di lucine, gli abitanti della casa iniziarono a decorarlo proprio con le decorazioni acquistate il giorno prima. L'addobbo nuovo nuovo si vide sfilare davanti alcuni compagni della bancarella e, piegandosi appena al di sopra del tavolo, si accorse che occupavano tutti la parte dell'albero che guardava verso il divano e il centro della stanza. Erano tutti abbastanza in alto e questo lo fece ben sperare.
Le mani paffute che avevano posato lo stellone tornarono da lui. Vide il palmo e i polpastrelli aleggiare sopra la sua testa e temette per un attimo di essere schiacciato da un bambino troppo vivace. La mano scelse proprio lui, gli accarezzò, solleticandolo, i contorni, infine lo portò di fronte all'albero.
Che dispiacere trovarsi, quando la mano si aprì, a pochi dentimetri da terra!
L'addobbo nuovo nuovo si guardò intorno e non vide nessuno dei suoi compgani nuovi arrivati. Anzi, aveva accanto un orsetto senza un occhio, più in basso c'era solo una campanella dai colori improbabili, che strideva pesantemente con l'insieme delle decorazioni, e appena sopra di lui c'era una stella con una punta scheggiata. 
Che cosa aveva lui che non andava? Perché non era stato scelto per un posto migliore?
Trascorse la giornata e l'addobbo nuovo nuovo ondeggiò per ore mesto, ferito, umiliato.
L'orsetto senza un occhio e la stella senza punta chiacchieravano e chiacchieravano, perché dovevano scambiarsi gli aneddoti di undici mesi trascorsi separati nelle scatole. L'addobbo nuovo nuovo comprese che, come loro, avrebbe avuto la stessa posizione per tutti gli anni a venire: sempre in basso, sempre fra le decorazioni imperfette, sempre lontano dallo sguardo di tutti.
Una notte, stanco del ciarlare delle decorazioni sverniciate, opache e scheggiate, l'addobbo nuovo nuovo tentò la scalata.
Iniziò in maniera discreta, balzando appena un rametto più su, accanto alla stella con la punta rotta. Lei non disse nulla, forse lo invidiava un po'per il suo coraggio o forse si era rassegnata ad accettare tutto quando accadeva sull'albero.
Al mattino, nessuno degli abitanti della casa diede segno di essersi accorto del suo spostamento. Fu così che la notte seguente balzò in alto ancora di due rami. Nessuna reazione. Nemmeno la renna di maiolica che si trovò vicino disse nulla, ma era evidente che lo scuotersi dei rami l'aveva fatta preoccupare. Lui la rassicurò: «Starò molto attento: nemmeno io voglio rischiare di rompermi.»
La terza notte salì di nuovo, finendo un po'decentrato rispetto alla posizione iniziale, ma con l'intenzione di riguadagnare uno spazio civino al cuore dell'albero. Dalla posizione che raggiunse riuscì a scorgere la decorazione di brillantini, che gli lanciò uno sguardo stupito.
 «Ancora due giorni.» si disse l'addobbo nuovo nuovo. «Due giorni e sarò poco sopra la metà dell'albero.»
La mattina seguente, però, le mani paffute si protesero verso di lui e un grido lamentoso riempì la stanza dell'albero. La padrona di casa accorse, vide l'addobbo nuovo nuovo e, presolo delicatamente fra le dita, lo porse al bambino in lacrime.
Le mani paffute agguantarono l'addobbo nuovo nuovo, asciugarono le lacrime - l'addobbo nuovo nuovo sentì un gusto salato in bocca - e girarono intorno all'albero. Quando il trasloco terminò, l'addobbo nuovo nuovo si ritrovò di nuovo accanto all'orsetto senza un occhio, sopra la brutta campanella e sotto la stella dalla punta rotta.
La sera della Vigilia di Natale era sconsolato. Tutti bisbigliavano entusiasti per l'avvicinarsi della festa: le decorazioni dei piani alti erano tutte tronfie per l'aspettativa di essere ammirate tutto il giorno, ai piani bassi si attendeva qualcosa che l'addobbo nuovo nuovo non immaginava, ma che non lo rallegrava per niente; lo stellone, poi, rideva così profondamente che ogni ago dell'albero vibrava del suo entusiasmo.
Come se non bastasse, nel cuore della notte l'addobbo nuovo nuovo fu agitato da un movimento improvviso. I suoi compagni soffocarono le risatine mentre i rami bassi si muovevano convulsamente. Qualche addobbo cadde e rotolò alla base dell'albero, contro le prese della corrente, qualche altro cindolò per diversi minuti. La stella oscillò e poi cadde, perdendo un'altra punta, la campanella trillò. Qualcuno, però, rimise tutto a posto e fermò la campanella perché non facesse alto rumore.
L'addobbo nuovo nuovo era tutto irrigidito, terrorizzato all'idea di potersi spezzare come la stella.
Eppure, quando il trambusto finì, quasi tutti sembravano più allegri di prima e fra i rami bassi l'eccitazione sembrava non doversi più spegnere. In alto, invece, tutti erano tornati a dormire: c'era da prepararsi all'esibizione dell'indomani.
La mattina di Natale la stanza si popolò più presto del solito: un forte scalpiccio misto a grida riempì il vano delle scale e il salone, mentre qualcuno apriva con un gesto secco i tendaggi, facendo entrare il sole.
L'addobbo nuovo nuovo comprese allora che cosa avesse agitato i rami nella notte: i suoi piedi quasi toccavano una grossa scatola colorata e proprio accanto a lui si avvolgeva il nastro rosso di una voluminosa coccarda. Ai piedi dell'albero c'era un tappeto di pacchetti, scatoline, fiocchi e cesti di caramelle e ancora l'orsetto senza un occhio, la stella spuntata e la campanella tremavano di entusiasmo.
Ma che avevano da divertirsi, ora che quelle montagne di oggetti li oscuravano ancora di più?
Tre paia di mani si infilarono tra i rami e subito dopo tutti gli abitanti della casa si sedettero ai piedi dell'albero. Fu tutto un grattare di unghie e uno strappare di carta per diversi minuti, poi le grida si amplificarono e l'entusiasmo dei bambini rischiò più e più volte di rovesciare l'intero albero, con grande ansia di tutti gli inquilini.
Poi le scatole furono gettate da parte e le tazze di cioccolata arrivarono proprio lì, sul pavimento, come se tavole e sedie fossero state portate via in cambio dei regali.
Le mani paffute e un viso paffuto si infilarono tra i rami e sotto le dita e le labbra vibranti di felicità la campanella trillò, la stella riflesse uno sguardo azzurro di letizia e l'orsetto senza un occhio ricevette un bacio. L'addobbo nuovo nuovo ricevette anch'esso una carezza e le mani paffute lo avvicinarono all'orsetto senza un occhio come per farli abbracciare.
«Buon Natale, orsetto senza un occhio» disse il proprietario delle mani paffute «Buon Natale stellina senza punte, buon Natale campanella, buon Natale omino di legno».
Da quel giorno, grazie alla voce delle mani paffute, anche l'addobbo nuovo nuovo ebbe un nome e accettò il posto che gli era stato assegnato. Perché al proprietario delle mani paffute non importava quanto in alto stesse la decorazione di brillantini, quanto in alto lo stellone, che non poteva vedere. Il suo Natale era con la stella senza punte, con la campanella sgraziata, con l'orsetto senza un occhio e con il suo addobbo nuovo nuovo, l'omino di legno.
 
 
Buone Feste!
 
C.M.

Commenti

  1. Ma che bel racconto, Cristina! Grazie per averlo condiviso. Speriamo che ci porti bene durante queste festività.

    Ti auguro un Natale ricco di ispirazione e che le festività ti regalino serenità e tante nuove idee.

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    1. Grazie a te, Ludo, per esserti soffermata a leggerlo e per averlo apprezzato. Il pallino della narrativa è sempre lì, solo che spesso mi manca il tempo per dedicarmici. Il Natale me ne sta regalando un po' e condividerlo con voi era la cosa più naturale.
      Tante belle cose per questi giorni di festa: auguri!

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