Green Book (Peter Farrely, 2018)

Torno alla rubrica La decima Musa grazie all'entusiasmo suscitato dalla visione di un film recentemente distribuito da Netflix, ma uscito nei cinema prima dello tsunami pandemico: Green Book, diretto da Peter Farrely e basato su una storia vera.
 
 
Il film segue la storia della collaborazione e dell'amicizia fra l'Italoamericano Tony Vallelonga (Viggo Mortensen) e il musicista afroamericano Don Shirley (Mahershala Ali), un rapporto che inizia nella New York del 1962 ma che si consolida negli Stati del Sud, durante un tour dell'artista nei teatri e nei club più prestigiosi, nel pieno della segregazione razziale. A Tony, che viene assunto come autista e assistente del dottor Shirley, è consegnata una guida di viaggio, il Negro Motorist Green Book, una guida per automobilisti che segnala ristoranti, bar e motel in cui i neri possono essere accolti e che spesso i due non possono occupare insieme, dato il diverso colore della loro pelle. Tony realizza ben presto che il motivo per cui a Don è stato raccomandato il suo nome è soprattutto la sua capacità di gestire le situazioni pericolose, di trarsi dai guai con le parole o con i pugni, sebbene il suo datore di lavoro cerchi ogni volta di invitarlo a reagire in modo pacato alle provocazioni che vengono rivolte a lui in quanto afroamericano e allo stesso Tony, che, in quanto italiano, subisce la sua parte di pregiudizi. Se Tony diventa il protettore di Don Shirley, superando via via una forma di diffidenza verso i neri che anche lui provava prima di conoscere l'artista, Don aiuta Tony a mantenere la corrispondenza con la moglie Dolores (Linda Cardellini), permettendogli di migliorare le sue capacità espressive e di scrivere lunghe e appassionate lettere in grado di tradurre al meglio il profondo amore che lo lega a lei.
 
Green Book è stato premiato con l'Oscar e il Golden Globe nel 2019 e gli stessi premi sono andati a Mahershala Ali per il ruolo di miglior attore non protagonista, mentre a Viggo Mortensen ha avuto solo le candidature come miglior attore, per una performance comunque di tutto rispetto. Molto piacevole è anche la costruzione delle scene, con l'uso dei colori brillanti e nitidi.
Il pregio maggiore del film, tuttavia, sta nella complessità della tematica trattata, che, per quanto impegnativa, non diventa mai un peso, ma, anzi, esalta una narrazione equilibrata ed efficace. Nell'incontro fra due mondi apparentemente opposti, quello esclusivo, lussuoso e raffinato di Don Shirley e quello prosastico, spesso torbido e rozzo di Tony Vallelonga, si ravvisano in realtà grandi somiglianze, date dagli alti valori di entrambi (l'arte e l'affermazione del talento oltre ogni stereotipo razziale per Don, l'amore incondizionato per la famiglia di Tony) e dalla consapevolezza, da loro condivisa, di essere sempre estranei rispetto a qualcun altro e di dover lottare contro pregiudizi e limitazioni culturali. Allo sviluppo del legame fra Tony e Don, che nella realtà li ha legati fino alla morte, nel 2013, si intreccia la lotta per l'uguaglianza, evocata non solo dagli epsodi di discriminazione che il musicista subisce a Jacskon, nel Mississippi, e a Birmingham, in Alabama, ma anche dall'impegno dei fratelli Kennedy che viene più volte ricordato, a sottolineare l'ispirazione storica, crudelmente reale e ancora attuale, di un grande film.

C.M.

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