Olive, ancora lei - Elizabeth Strout

Quando si è rimasti ammaliati da uno scrittore si finisce per attendere la successiva lettura di un suo libro con trepidazione, tanto più se si annuncia il seguito di un romanzo che ha lasciato il segno. Con questo stato d'animo mi sono accostata a Olive, ancora lei (Einaudi, traduzione di Susanna Basso), seguito dell'acclamato e amatissimo Olive Kitteridge, con il quale Elizabeth Strout ha vinto il premio Pulitzer nel 2009. Da lettrice, così come da spettatrice di film, ho sempre la sensazione che la continuazione di un prodotto eccezionale finisca per apparire come un'aggiunta annacquata, non necessaria, e forse solo questo ha mitigato la mia delusione di fronte ad un romanzo certo interessante ma non abbagliante come Olive Kitteridge. Reggere il confronto, del resto, era forse impossibile.
In questo secondo volume dedicato alla burbera maestra di matematica in pensione di Crosby nel Maine ritorna la struttura dell'antologia di racconti, ciascuno con il proprio titolo, nei quali Olive è una sorta di filo conduttore o, più che altro, un pretesto per avvicinare i diversi personaggi, offrendo anche alle diverse vicende un ordine cronologico. Ex allievi, conoscenti, persone incontrate alla tavola calda o all'uscita da un ospizio acquisiscono una loro individualità e talvolta compiono passi importanti nel loro sviluppo grazie - o nonostante l'incontro con l'anziana donna. Olive, per parte sua, è vedova, pronta ad un nuovo matrimonio e ancora in rapporti difficoltosi col figlio e con i nipoti, con i quali risultano difficoltosi persino la corrispondenza e i regali di Natale; è ancora molto scontrosa, diretta (fin troppo), abitudinaria. Ma è più sola, più spaventata, più bisognosa di parlare con le persone, anche se più per essere ascoltata che per ascoltare.
Forse proprio questo decadimento della protagonista ha reso Olive, ancora lei decisamente inferiore rispetto all'esordio del personaggio: se fra quelle pagine ero in grado di scorgere, pur fra momenti tristi, tanti sentimenti positivi e di nutrire per la scostante insegnante una sorta di fascinazione, riconoscendo un personaggio fuori dal comune, degno di tenere in piedi un intero libro anche appena affacciandosi in un capitolo, stavolta la lettura è stata dominata da un senso di malinconia continuo, rispetto al quale solo verso la fine ho trovato qualche elemento di conforto. Olive appare meno padrona della sua vita e di sé - un effetto della vecchiaia, ma è anche meno necessaria nei racconti degli altri, tanto che in alcuni la sua apparizione sembra poco più che un cammeo. Le stesse vicende che si susseguono a Crosby tendono a sfumare, con personaggi che ho faticato a trattenere. E l'aura di scioglimento che pervade il cammino di Olive si accentua con l'apparizione di personaggi di altri romanzi Elizabeth Strout, cioè i fratelli Burgess e Isabelle, che hanno però il pregio di dare unità e spessore al mondo dell'autrice.
Olive, ancora lei mi ha dunque lasciata un po'tentennante, nella difficoltà di esprimere un giudizio negativo, perché Elizabeth Strout ha sempre un modo di raccontare incantevole, educato e fluido, ma anche positivo, dato che mi è mancata l'intensita della vecchia Olive e di una cittadina nella quale avrei volentieri trascorso del tempo.
Voi avete letto i romanzi di Olive Kitteridge? Cosa pensate di questo allungamento narrativo?

Fu un autunno stupendo. Le foglie non si staccarono dagli alberi e presero colori vivissimi, come non se ne vedevano da anni. La gente non faceva che ripeterselo, ed era vero. E su tutto questo splendeva un bel sole, un giorno dopo l'altro. Pioveva soprattutto di notte, e la temperatura calava parecchio, ma le giornate non erano né troppo fredde né troppo calde. Il mondo brillava e i gialli e i rossi, gli arancio e i rosa chiaro erano semplicemente meravigliosi per chi percorreva la strada costiera verso la baia. Olive non aveva nemmeno bisogno di mettersi in macchina: dall'ingresso di casa vedeva i boschi e ogni mattina, aprendo la porta, aveva modo di constatare la bellezza del mondo.

C.M.

Commenti

  1. Mah, in realtà mi lascia perplessa. In sostanza, come te sono sempre molto diffidente verso i seguiti e a quanto pare questo puntualmente non ti ha convinto. A dirla tutta, non ero rimasta entusiasta del primo romanzo, come in fondo non è risultato brillante e indimenticabile neppure a te. Avevo adorato la serie tv, perché la McDormand mi affascina terribilmente, mi commuove al solo guardarla. È stato uno di quei rari casi in cui ho trovato la trasposizione decisamente migliore del libro.

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    1. A me il precedente è piaciuto molto, questo in qualche modo ne adombra il ricordo. Purtroppo ha confermato le mie impressioni sui seguiti e sarà sempre più difficile per me superare'idea che "stirare" una storia sia una cattiva idea. Non ho visto la serie tv, ma vorrei tanto recuperarla.

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