Grande meraviglia - Viola Ardone

Grazie ad una cara collega mi sono avvicinata alla narrativa di Viola Ardone, partendo dall'ultimo romanzo, Grande meraviglia, pubblicato l'anno scorso da Einaudi. L'impatto è stato subito positivo e mi ha messo la curiosità di recuperare anche i precedenti titoli di successo, Il treno dei bambini e Oliva Denaro: fra le pagine di Grande meraviglia, infatti, ho trovato una prosa accattivante, empatica, incisiva, oltre che una storia carica di passione e di temi importanti.
Il racconto si muove lungo due piani temporali: due sezioni ambientate negli anni '80, in cui le vicende sono narrate dal punto di vista di Elba, nata e cresciuta in un manicomio dove era stata internata la madre, e due parti in cui la storia si concentra fra l'ultimo giorno del 2019 e il primo del 2020, nella focalizzazione di Fausto Meraviglia, medico alle prese con un difficile resoconto della propria vita professionale e personale. Nell'intreccio dell'esperienza della giovane Elba e delle memorie di Fausto si delinea una storia lacerante, ancorata a un momento cruciale della medicina psichiatrica. Appena arrivato nel manicomio che Elba chiama il mezzomondo e popola di figure dai nomi bizzarri come Colavolpe (il dottore arcigno con cui bisogna saper trattare per sopravvivere), Lampadina (il somministratore di elettroshock) e Gillette (l'infermiera affettuosa), Fausto Meraviglia intende agire per introdurre le modifiche previste dalla Legge Basaglia, che prevede la soppressione dei manicomi e una diversa gestione della malattia mentale. Il nuovo dottore, rivoluzionario, audace e in perenne contrasto con la vecchia scuola, si incuriosisce in modo particolare ad Elba, che, nonostante gli anni trascorsi nella struttura con la sua Mutti, non manifesta malattie, nevrosi o altri disturbi che richiedano interventi clinici. Fausto si prende a cuore la situazione di Elba, la accoglie in casa propria e la sostiene nel percorso scolastico, permettendole di raggiungere prima il diploma magistrale e poi di accedere all'università. Elba è alla vigilia della laurea, una tesi ispirata alla propria esperienza già pronta, quando scompare improvvisamente. Dai ricordi di Meraviglia, che, ormai anziano, prigioniero di un difficile rapporto con i figli e ostile alla vita, si appresta a festeggiare, a modo suo, l'ultimo capodanno, apprendiamo che Elba si è trasferita in Germania e che qui lavora presso un istituto che accoglie dei minori, dei diversi.
Pur in un racconto sciolto e piacevole, Viola Ardone tocca, in Grande meraviglia, temi di grande asperità, forti, che reclamano l'attenzione e la compartecipazione del lettore. Se all'inizio la voce quasi straniata di Elba sembra voler denunciare l'assurdità della gestione del mezzomondo, l'inaccettabile facilità con cui delle eccentricità, delle forme di libera espressione o di diversità erano in passato rubricate come gravi malattie mentali, il trattamento disumano a cui i atti venivano sottoposti, procedendo nella lettura emergono soprattutto l'individualità di Elba, la sua possibilità di esistere fuori dall'unico luogo e dai pochi rapporti che ha conosciuto durante l'infanzia, di essere salvata. Fausto Meraviglia, consapevole dentro di sé di non poter cambiare il mondo da solo, si impunta tuttavia a cambiare almeno la vita di Elba, a darle una possibilità, ad essere almeno per una persona il padre che non è riuscito ad essere per i propri figli. Il dottore che entra a gamba tesa nel manicomio e che vuole stravolgere la vecchia medicina è un personaggio che si ritaglia una forma di eroismo pur senza spogliarsi dei difetti: ha una battaglia da combattere e la porta avanti, con i suoi errori, le eccessive semplificazioni, le risposte graffianti, spesso frettolose, tratte dalla pratica dell'analisi o da un tenace senso di autosufficienza («Non proiettare», «Fottitènne»), nel modo che crede migliore. Elba, per parte sua, rappresenta l'impossibilità di un idillio, la certezza che esperienze come quelle che ha vissuto, che le hanno lasciato addosso dei segni anche fisici (come la ciocca di capelli bianchi, ricordo di un elettroshock), non si possono semplicemente razionalizzare e superare, ma rimangono e tracciano il solco lungo il quale non può non muoversi un'esistenza, anche rinnovata e ricostruita.
Grande meraviglia è un romanzo denso, carico di emozioni e di spunti di riflessioni. Viola Ardone si è rivelata, per me alla prima lettura, una voce fresca, originale, capace di restituire con eleganza e incisività il racconto di vicende intrise di sofferenza. Efficace e travolgente è in particolare l'incrocio dei punti di vista di Elba e di Fausto, della bambina e dell'anziano, della donna e dell'uomo, del paziente e del medico, della figlia e del padre, di chi salva e di chi è salvato. Però in Grande meraviglia, fin dal gioco di parole del titolo, c'è molto di più: qualcosa di così intenso che sfugge alla comunicazione e che si può intendere solo se lo si legge.

E la vita, d'un tratto, mi sembra un esercizio semplice: nient'altro che incamerare l'aria e spingerla fuori senza sforzo. Tutto è meraviglia: il fragile brillio delle acque smosse dal vento, il manto spelacchiato di un animale randagio che tuttavia resta fedele al padrone che si è scelto, la giovinezza andata chissà dove e queste ossa indebolite che nonostante tutto possono dare salvezza a un altro vivente. Tutto è meraviglia, nonostante la paura che aumenta mentre diminuisce il tempo, nonostante il perpetuo slittare a valle dei giorni. Meraviglia di onda marina, meraviglia di pelle rugosa tenuta a galla con la stessa grazia di quella di un bambino, meraviglia di notti insonni e di mattine pastose di luce, meraviglia di sole che si alza ancora per i vivi e per i morti, meraviglia degli amori non corrisposti, di chi ci resta accanto e di chi non ci sarà.

C.M.

Commenti

  1. È bellissima questa descrizione del romanzo. Ho letto i tre libri maggiori della Ardone e questo ho apprezzato meno, questo per lasciarti immaginare come amerai i primi due. Il treno dei bambini è un piccolo capolavoro (sono felice che ne stiano facendo un film), Oliva Denaro ti entra dentro e non potrai dimenticare l'assurdo patto sociale fra la stuprata e lo stato. Grande meraviglia secondo me è riuscito a metà. Ho ritrovato la scrittura fresca e popolare della Ardone, uno stile che adoro, ma trovo che la seconda parte, tutta incentrata su Meraviglia, abbia reso sfilacciato il racconto. Mi è dispiaciuto che Elba a un certo punto svanisse dalla narrazione per dare spazio alle elucubrazioni del medico ormai invecchiato, ho sentito che non c'entrasse nulla con il tema portante del libro, che poi è uno dei grandi temi della nostra storia sociale italiana.

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    1. È vero, è un peccato non sapere più nulla, o, per meglio dire, nulla di quello che ci prenderebbe conoscere, della maturità di Elena, non rientrare nella storia dal suo punto di vista, anche perché Meraviglia non risulta certo un personaggio con cui sia facile sintonizzarsi. Tuttavia nel complesso sono riuscita ad apprezzare anche la scelta di percorrere la via di questo burbero dottore. Ora devo recuperare i precedenti, di cui sento parlare solo molto bene.

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