Gli infiniti sensi della Primavera

Quanto è celebre, tanto è complesso nel suo significato il dipinto che rappresenta la stagione appena iniziata nell'immaginario collettivo: La Primavera di Botticelli, infatti, ha originato una vastissima serie di interpretazioni che si intrecciano e si avvolgono una nell'altra in virtù della rete di riferimenti e allegorie care all'ambiente filosofico e artistico della Firenze medicea.



Realizzato fra il 1478 e il 1482, il dipinto, oggi esposto alla Galleria degli Uffizi, ha dimensioni notevoli (203x314) e presenta il ricorso ad una tecnica di pittura chiamata 'tempera grassa', che comporta l'unione di olio al pigmento. Si tratta indubbiamente di una celebrazione delle glorie della signoria e della fioritura stessa di Firenze sotto la guida dei Medici, ma, sebbene si possa con buona probabilità supporre che l'opera sia stata commissionata dal Magnifico, non è chiaro se l'occasione del dono sia la nascita del nipote Giulio (figlio del Giuliano ucciso nella Congiura dei Pazzi nel 1478) o il matrimonio del cugino Lorenzo di Pierfrancesco, che sicuramente lo conservava nella propria dimora nel 1498.
Ma il motivo della committenza non è l'unico problema nell'interpretazione dell'opera. La letteratura e l'arte dell'Umanesimo e del Rinascimento fiorentino hanno un carattere elitario, esclusivo: le opere d'arte e poesia che si producono alla corte medicea sono destinate alla fruizione da parte del Magnifico e dei suoi sodales. Tale chiusura fa sì che La Primavera sia soggetta agli stessi dilemmi: quale tipo di messaggio il Botticelli, per volere di Lorenzo, ha affidato al suo dipinto? 
Per rispondere dobbiamo affrontare una sorta di esegesi artistica che parte dal distinguere il significato letterale dell'opera da quello simbolico.
Al primo livello, la scena si presenta abbastanza semplice: nel giardino delle Esperidi, in una natura rigogliosa e descritta con attenzione quasi scientifica per la sua varietà, si incontrano, da destra a sinistra Mercurio (identificabile dai sandali alati e dal caduceo), le tre Grazie, Aglaia, Eufrosine e Talia, simboli della bellezza, della gioia e della fecondità, Venere, Cupido, Flora (la Primavera, ornata di fiori e ghirlande), la ninfa Clori e il suo amante Zefiro, che, rapendola, genera con lei proprio la Primavera. Il valore letterale del dipinto, insomma, non è altro che la storia della nascita stessa della Primavera da Clori e Borea sotto lo sguardo delle divinità della prosperità.


Le allegorie individuate come possibili chiavi per illuminare il significato della Primavera sono, principalmente, le seguenti:
  • Ernst Gombrich, nel leggere l'opera da sinistra a destra e rilevando la centralità non di Flora, ma di Venere nella composizione, suppone che il quadro sia la transposizione di un messaggio comunicato da Marsilio Ficino al Magnifico per lettera, dove Venere viene considerata l'emblema dell'Humanitas, virtù intellettuale che eleva l'uomo dalla sensibilità (rappresentata da Zefiro) alla ragione, identificata con Mercurio, grazie all'intervento delle Grazie, che simboleggiano l'intelletto. Una lettura analoga viene proposta da Panofskij.
  • Secondo Edgar Wind, che procede nel medesimo senso di lettura e richiama a sua volta la filosofia di Ficino, Botticelli avrebbe rappresentato il percorso dell'anima dall'amore carnale (rappresentato dall'unione e dalla generazione di Zefiro, Clori e Flora) a quello intellettuale (Venere e Cupido), per arrivare all'amore spirituale (le Grazie e Mercurio, che indica il cielo).
  • In senso inverso procede, invece, l'ipotesi di Claudia Villa, che ritiene che il dipinto sia ispirato al trattato di Marziano Capella Nozze di Mercurio e Filologia; come tale, la scena sarebbe ambientata nel recinto della Retorica e la donna identificata con Venere altri non sarebbe che la promessa sposa di Mercurio, il quale ri rivolge ad Apollo, simbolo della poesia, per avere la sua benedizione, mentre la Pri,mavera sarebbe la personificazione della Retorica.
Accanto a queste tesi, se ne incontrano di più riduttive, da quella di Dempsey che ritiene che, da destra a sinistra, si leggano i tre mesi della Primavera, dai venti marzolini fino al mese di maggio (in riferimento al fatto che Mercurio è figlio di Maya) a quella di Francastel, che ipotizza si tratti di una celebrazione dei travestimenti mitologici della brigata medicea in occasione del carnevale.


Non si possono poi dimenticare le allegorie familiari, con il tentativo di Mirella Levi D'Ancona di identificare i diversi personaggi del quadro con gli stessi sposi cui era destinata l'opera; Mercurio, allora, impersonerebbe Lorenzo di Pierfrancesco, mentre la donna che offre le sue sembianze (sempre le stesse) alle tre Grazie sarebbe la sua sposa, Semiramide Appiani e i due si unirebbero sotto lo sguardo dell'Amore universale (Venere e Cupido), sfuggendo all'Amor Ferinus simboleggiato dalla triade di sinistra.
Ma non manca chi vede nella Primavera la traduzione visiva di un passo delle Stanze per la Giostra di Poliziano, scritte fra il 1475 e il 1478 e interrotte per la morte prematura di Giuliano, che ne doveva essere il protagonista. Nelle ottave 71-78 del libro I si incontra una descrizione del giardino di Venere che presenta diverse affinità con quella botticelliana; in particolare, si può raffrontare il dipinto all'ottava 77, che sembra richiamata dal fluire dei fiori e delle foglie dalla bocca di Clori alle vesti di Flora per opera del soffio fecondo di Zefiro:
Con tal milizia e tuoi figli accompagna
Venere bella, madre delli Amori.
Zefiro il prato di rugiada bagna,
spargendolo di mille vaghi odori:
ovunque vola, veste la campagna
di rose, gigli, violette e fiori;
l’erba di sue belleze ha maraviglia:
bianca, cilestra, pallida e vermiglia.


La Primavera ha, dunque, sensi, forme, valori ed effetti infiniti, vari e molteplici come i colori e le fogge dei fiori ai piedi delle delicate figure, significati sfuggenti e allusivi come la trasparenza delle vesti di Clori e delle Grazie e una forza fresca e prorompente come il soffio di Zefiro. E noi, come la bella Clori, ci lasciamo rapire da tali suggestioni, godendoci uno dei più bei dipinti nati dal genio di un artista nostrano in uno dei momenti più luminosi della storia culturale italiana.

C.M.

Commenti

  1. Lo sai che a me Botticelli non fa impazzire? ;)

    RispondiElimina
  2. Io ne feci il puzzle da 2000 pezzi, anni fa, e ce l'ho nello studio, quindi mi sento intimamente legata a ogni singolo fiore presente nel dipinto, faticosamente ricostruito! Bellissima la tua spiegazione, un soffio di freschezza in questo cupo venerdì lavorativo!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti ringrazio! Chissà che impresa, ma anche che soddisfazione lavorare a quel puzzle, piacerebbe tanto anche a me ricostruire in questo modo il dipinto! :)

      Elimina
  3. Quando l'ho visto agli Uffizi qualche hanno fa, mi aveva impressionato per la sua potente maestosità, come molte opere di Botticelli. Da perderci gli occhi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Già, non esiste parola in grado di spiegare le sensazioni che si provano vedendolo dal vivo! :)

      Elimina
  4. Bellissimo post Cristina,è vero si rimane affascinati da tanta bellezza!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Michela, sicuramente è quasi tutto merito dell'artista! La Primavera ha il fascino dell'etereo, sembra pura idea trasposta in immagini! :)

      Elimina

Posta un commento

La tua opinione è importante: condividila!