Il giovane favoloso (Mario Martone, 2014)

Una pellicola piena di emozione: ecco cos'è Il giovane favoloso, uscito nelle sale lo scorso 16 ottobre e dedicato al grande poeta Giacomo Leopardi (1798-1837). Teso a cogliere l'uomo dietro ai testi attraverso la tessitura di un racconto in cui si mescolano le più note pagine della letteratura dell'autore, la descrizione del contesto socio-culturale in cui visse e i momenti più emozionanti della sua esistenza, Il giovane favoloso realizza un ritratto commovente e suggestivo, soprattutto grazie all'intensa recitazione di Elio Germano, che impersona il poeta recanatese e dà sfogo a tutta la sua gioia, a tutta la sua rabbia, a tutta la sua malinconia, a tutta la sua inesauribile voglia di vivere.

Nel film ho colto lo spirito del pensiero di Leopardi, quella riflessione a torto e troppo sbrigativamente giudicata depressa, come se il pessimismo denotasse un desiderio di morte anziché un bisogno di costruire e cercare qualcosa di più bello, anche se solo nell'arte. In Leopardi e nel Leopardi di Germano-Martone c'è, invece, la vibrante vitalità di un animo represso nelle sale di un palazzo soffocante, dal bigottismo e dalla durezza della madre, dall'egoismo del padre, dall'ottusità di certa parte del suo pubblico (straordinaria, in tal senso, la scena ambientata nel Gabinetto Vieusseux con il sarcastico cammeo di Niccolò Tommaseo) e dalla costante frustrazione del suo bisogno d'amore, quel desiderio più intimo dell'uomo che Leopardi confida al maestro classicista Pietro Giordani (Valerio Binasco), ma che la sorella Paolina (Isabella Ragonese) e l'amico Antonio Ranieri (Michele Riondino) colgono soprattutto nei suoi silenzi e attraverso le pagine delle sue liriche e del suo Zibaldone.

 

Nonostante i tagli inevitabili di parti importanti della vita del poeta, come il viaggio a Roma, e un paio di scene di ambientazione napoletana forse evitabili, Il giovane favoloso si presenta come un buon film, particolarmente curato nella descrizione degli ambienti e dei costumi e visionario nel tradurre in sequenze quasi oniriche alcuni dei brani letterari, come accade con il Dialogo della Natura e di un Islandese, nel quale le sembianze dello sventurato viaggiatore sono attribuite a Leopardi stesso, come ho sempre immaginato leggendolo. A Mario Martone bastano alcune inquadrature, la rappresentazione di pochi gesti o il cenno ad un verso per completare la narrazione in modo indiretto: agli amanti del pensiero e della poesia leopardiana sorgono spontanee didascalie alle scene non commentate, ai silenzi, ai gesti di Teresa Fattorini (Silvia) che tesse alla finestra di fronte a quella dove Giacomo attende alle «sudate carte», agli sguardi che il poeta rivolge all'amata Fanny (Anna Mouglalis).


La pellicola è una nota di coloro che spicca nel panorama cinematografico italiano per la cura riservata alla ricostruzione del contesto storico (nonostante un'imprecisione poi rimossa) e alle ambientazioni, per il tenore della recitazione, per l'accostamento delle scene e la scelta coraggiosa di giocare sull'alternanza fra momenti di vita e momenti di pensiero, ricordo, allucinazione e sogno, come quando Giacomo, bloccato nel suo tentativo di fuga a Recanati, soffoca il suo spirito di ribellione che, però, urla dentro il suo animo. E poi c'è una colonna sonora perfetta (va bene, io avrei evitato l'inglese, ma non voglio esser pignola), delicata, essenziale, ma che descrive in maniera mirabile sensazioni e sentimenti.


Il giovane favoloso è un viaggio in una breve vita di cui forse nessuno può parlare bene ed efficacemente quanto Leopardi stesso, motivo per cui è particolarmente apprezzabile che il film si sviluppi in così stretta correlazione con le pagine del poeta: in una narrazione così strutturata la recitazione de L'infinito non è un mero ornamento o uno sfoggio di citazionismo, ma un complemento necessario, così come i bellissimi estratti del testo più toccante e profondo di Leopardi che si presentano come un congedo non solo dallo spettatore, ma dalla vita stessa. Nonostante lo spiacevole taglio della chiusa, con il suo accento vitalistico, i versi de La ginestra che ci accompagnano verso lo scioglimento concentrano tutto il senso di sofferenza di una vita tesa al raggiungimento di una felicità negata ma di cui non è mai deposta l'ultima speranza.



C.M.

Commenti

  1. Io amo, AMO, Elio Germano. Quando lo vedo mi vengono gli occhi a cuoricino e divento poco oggettiva: per me lui è fantastico sempre, a ogni sua battuta, in ogni suo film.
    Quando ho saputo che proprio lui avrebbe interpretato il mio poeta italiano preferito ho fatto i salti di gioia. Presto lo vedrò e, non ti nascondo, ho altissime aspettative!

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    1. Sono certa che non andranno deluse, soprattutto visto questo tuo amore per il protagonista! :)

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  2. Elio Germano mi è sempre piaciuto come attore. Se me lo consigli anche tu, allora metto sicuramente questo film nella lista di quelli da vedere!

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    1. Ne vale certamente la pena: l'amore per il personaggio e/o per l'attore non possono che rendere il film ancor più emozionante. Uscendo dalla sala ho provato un'enorme soddisfazione, un trasporto pari a quello che sento quando leggo poesie come La ginestra o il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.

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  3. Io vorrei un sacco andare a vederlo, ma non ho nessuno con cui andarci e odio andare al cinema da sola T__T Sono combattuta.

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  4. Si vede che ti è piaciuto davvero tanto.
    Anche a me (anche se ho visto l'ultimo spettacolo ed ero davvero stanca); avrei tagliato qualche parte qui e là, ma Elio Germano mi è piaciuto molto.

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    1. Io l'ho visto sul presto, ma ero stanca comunque, soprattutto perché in questo giorni di esami mi sono riconosciuta nello "studio matto e disperatissimo"... il che ha contribuito non poco ad accrescere l'emozione! ;)

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  5. Film bellissimo e ottimo post ^^
    Non vedo l'ora esca in DVD per poterlo rivedere

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    1. Anch'io: lo voglio assolutamente, soprattutto per usarlo come materiale didattico! ^_^

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