Il giorno della civetta (Damiano Damiani, 1968)

Nel 1968, sette anni dopo la pubblicazione del romanzo di Leonardo Sciascia, il regista Damiano Damiani gira in Sicilia il film Il giorno della civetta, affidando i ruoli principali a Franco Nero, che impersona il capitano Bellodi, a Claudia Cardinale, nei panni di Rosa Nicolosi, e a Lee J. Cobb, che dà il volto al boss Mariano Arena.
Il prodotto cinematografico rivela fin dall'inizio la volontà di rielaborare il testo di partenza, accentuando alcuni aspetti e lasciandone volutamente altri in una zona grigia in cui trovano spazio sia l'immaginazione dello spettatore che le manovre della mafia e, quindi, la difficoltà degli inquirenti di sbrogliare la matassa del giallo. Le vicende rimangono quelle immaginate a Sciascia, ma cambiano alcuni luoghi, emergono personaggi che nella narrazione di partenza appaiono secondari e qualche elemento viene modificato anche nell'evoluzione del giallo e nell'esito dello stesso. Si tratta di piccoli aggiustamenti, dettati sia dall'esigenza di rendere il racconto filmico più accattivante sia dalla possibilità di offrire delle sorprese e delle sfide a chi conosce il romanzo.

Anche il film prende avvio dall'omicidio dell'imprenditore edile Salvatore Colasberna, ma il crimine si consuma lungo una strada di collina, fuori città, mentre la vittima si sta recando al lavoro sul suo camion: raggiunto da un proiettile, Colasberna esce dal veicolo e viene freddato da un ultimo colpo. Nelle vicinanze c'è solo una casa isolata, dalla quale sarebbe stato impossibile non udire i colpi; vi abitano Paolo Nicolosi, la moglie Rosa e la figlia Caterina. Nel corso della mattinata un autobus passa per la strada lungo la quale giace Nicolosi; l'autista vede il cadavere, rallenta, ma non si ferma e solo l'intervento di un brigadiere a bordo gli impone di arrestare il mezzo e di scendere in paese ad avvertire i carabinieri. All'arrivo del capitano Bellodi e del maresciallo, le indagini si spostano nei pressi di casa Nicolosi, dove Rosa viene interrogata per la prima volta: ha sentito gli spari? ha visto qualcosa? dov'è il marito e perché non è rientrato in casa? Appare immediatamente evidente a Bellodi che Rosa sa qualcosa che non vuole dire, anche quando, qualche giorno dopo l'omicidio, si presenta in caserma a denunciare la scomparsa del marito. Rosa, però, è consapevole che qualcuno, in paese, ha molta più autorevolezza dei carabinieri e, soprattutto, è meglio informato, quindi si reca dall'altra parte della piazza e, sotto gli occhi di Bellodi, entra in casa di Mariano Arena, al quale si raccomanda per avere notizie del consorte, ricevendo in cambio della sua visita qualcosa da mangiare. Mariano Arena è dunque un punto di riferimento per la comunità locale: ossequiato, rispettato, protetto da uomini politici di spicco e venerato come un santo, è però per Bellodi il vero responsabile di qualsiasi atto criminale avvenga nella zona. Il problema è dimostrarlo. La conferma dei suoi sospetti arriva dall'informatore Parrinieddu, che, pur tra mille esitazioni e ambiguità che gli sono necessarie per mantenersi al sicuro, rivela una connessione fra l'omicidio di Colasberna e altri imprenditori amici di Mariano Arena, in particolare con Rosario Pizzuco, indicando come movente dell'assassinio gli interessi legati agli appalti pubblici. Ma a Bellodi manca ancora qualcosa e, certo che Rosa Nicolosi sappia più di quanto ha detto, si presenta a casa sua con la falsa notizia della morte del marito: disperata e arrabbiata, la donna si lascia sfuggire il nome di Zicchinetta, all'anagrafe Diego Marchica, che Bellodi fa arrestare con la complicità di Parrinieddu e il pretesto del gioco d'azzardo, per poi incriminarlo per l'omicio di Colasberna e quello di Nicolosi, che il capitano considera ormai effettivamente morto. Tuttavia, mentre Bellodi si dà da fare per dimostrare i legami fra Zicchinetta, Pizzuco e Arena, tutti i mafiosi e tirapiedi orbitanti intorno a don Mariano e gli abitanti stessi del paese iniziano a screditare Rosa Nicolosi, insinuando che il vero movente dell'omicidio sia l'onore e che Nicolosi si sia dato alla macchia dopo aver assassinato Colasberna, sorpreso in una relazione con la moglie.
A questo punto le divergenze rispetto al romanzo di Sciascia si fanno più riconoscibili. Se è vero, infatti, che la questione del delitto d'onore è evocata anche nel libro come movente degli omicidi di Colasberna e di Nicolosi, nel film assume molta più rilevanza e questo fa emergere il personaggio di Rosa Nicolosi (che nel libro compare in pochissime pagine) e l'interpretazione di Claudia Cardinale. Il racconto cinematografico, infatti, insiste sulla diffamazione di Rosa, sul suo essere indifesa sia di fronte a coloro che forse hanno ucciso suo marito e che potrebbero fare del male anche a lei e alla sua bambina, sia di fronte ai compaesani, che la additano come un'adultera e una prostituta. Rosa Nicolosi è inoltre il personaggio che accentua il contrasto fra le intenzioni di Bellodi, ligio al dovere, alla legge e all'ideale del trionfo della verità e della giustizia, e l'atteggiamento omertoso di molte persone disposte a coprire Arena per riverenza o per paura. Dal racconto di Damiano Damiani, rispetto a quello di Sciascia, si nota ancor di più quel senso di solitudine che nel libro appartiene al solo Bellodi, indiscusso protagonista: qui sono soli sia Rosa, vittima della violenza, testimone spaventata, bersaglio di maldicenze, sia colui che tenta di liberarla da questa condizione, che viene privato sia della possibilità di agire fino in fondo che del supporto che dovrebbe venirgli dalle istituzioni.

Claudia Cardinale e Franco Nero in una scena del film

Molto riuscito è però anche il ritratto di Mariano Arena, che riceve qui uno spazio maggiore rispetto al libro, che lo vede apparire più nei discorsi di Bellodi e delle comparse che come personaggio agente. Damiano Damiani conferisce a don Mariano un grande spessore, a partire dal famosissimo dialogo in cui il boss distingue l'umanità nelle categorie di uomini, mezz'uomini, ominicchi, pigliainculo (ruffiani per l'eloquio filmico) e quaquaraquà. Si accentua infatti nella pellicola il profondo rispetto di don Mariano per Bellodi, assieme al codice di comportamento seguito dal boss, che, in questo, si differenzia dai suoi subalterni: proprio l'inserimento di diverse scene dedicate a questo personaggio (a scapito delle sequenze del romanzo in cui ad Arena si allude nei dialoghi fra personaggi non nominati) definisce l'eroe nero della storia, offrendo a Bellodi un antagonista perfetto.
Il film non teme dunque il confronto con la grande letteratura che ha alle spalle: proprio nelle modifiche trova quella forza che, altrimenti, lo avrebbe reso una replica sbiadita e lo avrebbe posto in una competizione dalla quale raramente il prodotto cinematografico risulta vincitore. Certo, il realismo linguistico e alcuni ragionamenti di Bellodi, che spesso arriva alle prove dopo aver formulato le ipotesi, non rendono sempre di immediata comprensione il fluire degli eventi e lo sviluppo del giallo, quindi chi conosce il romanzo è senz'altro facilitato in queste connessioni. Tuttavia il film di Damiano Damiani ribadisce con forza il messaggio del romanzo, mettendo in luce la durezza della sfida di chi combatte per la verità e l'entità degli ostacoli che chi la vuole occultare gli pone di fronte.

C.M.

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