Scritto negli anni '60 ma pubblicato in Italia solo lo scorso anno dalla casa editrice Adelphi, La ragazza del Kyūshū
è il primo romanzo di Seichō Matsumoto che ho letto. Il titolo è una
sintetica descrizione della sua protagonista, Kiriko Yanagida, una
ventenne dal viso fanciullesco che lascia la sua cittadina sull'isola di
Kyūshū, dove lavora come dattilografa, per immergersi nella vivacità di
Tokyo e incontrare il famoso avvocato Kinzō Ōtzuka: ha bisogno di lui
per scagionare il fratello, che è stato ingiustamente travolto
dall'accusa di aver ucciso un'anziana usuraia e rischia quindi la pena
di morte.
Nelle
prime pagine del romanzo il lettore si trova a seguire la giovane
Kiriko, spaesata in una città enorme per un'impiegata di provincia,
isolata, diffidente e concentrata solo sul convincere Ōtzuka a difendere
il fratello: la vediamo scontrarsi con la difficoltà di rapportarsi a
persone di un orizzonte socio-culturale completamente diverso dal suo e
soprattutto con il rifiuto di Ōtzuka di patrocinare il suo caso per
questioni economiche. Kiriko, infatti, non può corrispondergli un
onorario all'altezza della sua fama, al quale si aggiungerebbero le
ingenti spese per raggiungere l'isola di Kyūshū e per alloggiarvi il
tempo necessario a concludere il lavoro. A nulla vale l'insistenza di
Kiriko, che, nei due giorni che rimane a Tokyo, si aggrappa ad ogni
briciola di speranza, a nulla vale che il giornalista Keiichi Abe si
interessi personalmente alla situazione di Kiriko dopo averla sentita
parlare al telefono con un assistente dello studio legale e a nulla vale
che tutte le prove, anche per come la vede Abe, siano a favore
dell'accusato. Il fratello di Kiriko viene infatti condannato a morte,
ma muore in carcere prima dell'esecuzione. La reazione della ragazza è
scrivere una cartolina all'avvocato Ōtzuka, rinfacciandogli di essere il
responsabile della morte del fratello, avvenuta nel disonore, come se
fosse un qualsiasi criminale. Per Ōtzuka sarebbe un messaggio come
tanti, se non fosse che lo spinge a farsi mandare gli atti processuali
che riguardano Yanagida e che l'esame delle prove racolte lo convince
dell'ingiustizia subita dallo sfortunato accusato. Sarebbe un messaggio
come tanti, se solo non lo obbligasse a fare i conti con la propria
coscienza, col fatto di aver senza alcuna sensibilità congedato Kiriko
non solo o non tanto per non trovarsi invischiato in un caso pro bono,
quanto per la fretta di incontrare l'amante Michiko. Sarebbe un
messaggio come tanti, se solo Kiriko non tornasse a Tokyo come una
figura spettrale, disillusa e in pochissimo tempo armatasi del cinismo
degli adulti, per consumare la sua vendetta.La ragazza del Kyūshū
non è un giallo e chi vi si approcciasse considerandolo tale ne
resterebbe deluso: è, semmai, un thriller psicologico, un noir, un
romanzo che si focalizza sull'evoluzione della sua protagonista e sul
modo in cui sovverte i rapporti con Ōtzuka e con ciò che rappresenta.
Vittima dell'utilitarismo e del doppio volto della società borghese che
negli anni '60 comincia a emergere dopo la crisi post-bellica, Kiriko
porta nel romanzo una condanna nei confronti di un sistema legale che
non guarda a chi non può pagare, che può scagionare ricchi colpevoli ma
lasciar affogare poveri innocenti. Kiriko è inizialmente portatrice di
un nobile e semplice valore, quello della giustizia e della fiducia
nell'altro, simbolicamente rappresentato dal suo abito bianco, di scarsa
fattura eppure capace di attirare l'attenzione, e dal suo incarnato
infantile. Quando, però, la sua sete di verità si scontra con il mondo
del denaro, delle relazioni segrete e con il monito a non trasformare il
suo grido d'aiuto in una inopportuna questione morale, Kiriko assume le
fattezze dei suoi aguzzini, diventando fredda e determinata a
perseguire i propri scopi.
Il romanzo di Matsumoto non punta sulla risoluzione dell'omicidio di cui il fratello di Kiriko è stato accusato, sebbene dedichi pagine e pagine ai verbali della polizia, agli articoli della stampa e alle deposizioni, mettendone in luce le contraddizioni e le prove dell'innocenza dell'accusato. La linea prettamente giallistica è in subordine rispetto a quella della vendetta di Kiriko, anche se le azioni della ragazza si intrecciano con un secondo crimine che, secondo Ōtzuka, è connesso al primo. A Matsumoto non importa fornirci la soluzione, e, anzi, a ben guardare l'improvviso incontro di tanti giapponesi del Kyūshū tutti in uno stesso quartiere (o, per meglio dire, in uno stesso locale) di Tokyo e addirittura l'emergere di legami e conoscenze comuni appare piuttosto inverosimile, ma questo non toglie forza al romanzo perché La ragazza del Kyūshū non è il racconto di un assassinio ma di una vendetta, un agile e contemporaneo Conte di Montecristo, che ci invita a riflettere sul valore della giustizia, sulla questione della rivalsa ad ogni costo e ad assaporare il processo di evoluzione del personaggio che, da vittima degli eventi, ne diventa il motore.
C.M.
Il romanzo di Matsumoto non punta sulla risoluzione dell'omicidio di cui il fratello di Kiriko è stato accusato, sebbene dedichi pagine e pagine ai verbali della polizia, agli articoli della stampa e alle deposizioni, mettendone in luce le contraddizioni e le prove dell'innocenza dell'accusato. La linea prettamente giallistica è in subordine rispetto a quella della vendetta di Kiriko, anche se le azioni della ragazza si intrecciano con un secondo crimine che, secondo Ōtzuka, è connesso al primo. A Matsumoto non importa fornirci la soluzione, e, anzi, a ben guardare l'improvviso incontro di tanti giapponesi del Kyūshū tutti in uno stesso quartiere (o, per meglio dire, in uno stesso locale) di Tokyo e addirittura l'emergere di legami e conoscenze comuni appare piuttosto inverosimile, ma questo non toglie forza al romanzo perché La ragazza del Kyūshū non è il racconto di un assassinio ma di una vendetta, un agile e contemporaneo Conte di Montecristo, che ci invita a riflettere sul valore della giustizia, sulla questione della rivalsa ad ogni costo e ad assaporare il processo di evoluzione del personaggio che, da vittima degli eventi, ne diventa il motore.
C.M.
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