Possessione - Antonia Susan Byatt

Correva l'anno accademico 2010/2011, il primo del mio biennio magistrale. Durante un corso di Teoria della letteratura incentrato sul tema dell'addio durante il quale, per fortuna, il livello dell'interesse riusciva a compensare quello dell'allegria, incrociai la mia strada con Possessione di Antonia Susan Byatt; fu poco più che una citazione di cui, a distanza di anni, non saprei ricostruire il contesto (il tema dell'addio è evidente nel romanzo, ma non ricordo in quale specifica circostanza fu richiamato, dato che il libro non faceva parte della bibligrafia di studio), tuttavia il titolo ha continuato a frullarmi in testa, finendo nella lista-dei-desideri-senza-fondo e riemergendone qualche tempo fa.
 
John William Waterhouse, La sirena (1900)
Possessione - Una storia romantica è un corposo e raffinato romanzo che si muove lungo due piani temporali. C'è la storia principale, ce si svolge alla fine degli anni '80, quella dello studioso Roland Michell, appassionato della letteratura del poeta vittoriano Randolph Henry Ash, che, in un momento di disorientamento professionale e sentimentale, si imbatte in alcune annotazioni e lettere che lo spingono a ipotizzare l'esistenza di un carteggio con la poetessa Christabel LaMotte, forse più che una semplice corrispondente e collega; Roland si mette in contatto con la figura più competente in merito alla produzione di LaMotte, Maud Bailey, che con i LaMotte ha anche un legame di parentela. I due iniziano a cercare tracce dei rapporti e delle influenze reciproche nei poemi di Ash e LaMotte, si mettono in contatto con gli ultimi eredi della poetessa e trovano le lettere scambiate dai due scrittori, che rafforzano la loro convinzione che fra loro ci sia stata una relazione non solo artistica ma anche passionale. Nel frattempo altri esperti della letteratura di Ash si mettono alla ricerca dei documenti riconducibili al poeta e inseguono - ad un certo punto letteralmente - i due accademici con l'intenzione di appropriarsi delle lettere e dei diari di Ash, LaMotte e altre figure che hanno fatto parte delle loro vite, per appagare un collezionismo pretenzioso o per battere sul tempo con una pubblicazione chiunque altro. In questo filone narrativo si innesta quello più profondo, cioè la ricostruzione della storia letteraria e passionale di Ash e LaMotte, per illuminare la quale Roland e Maud sono pronti a viaggi, fughe e sotterfugi, mentre all'interesse filologico si sostituisce progressivamente un interesse personale, un trasporto verso la storia umana e personale dei due poeti. Roland e Maud riportano dunque alla luce le parole scambiate dai due poeti, esplorano i luoghi in cui si sono incontrati e che hanno lasciato traccia nei loro versi, ascoltano le voci delle due figure più strettamente legate ai due, Ellen Ash, moglie di Roland, e Blanche Glover, con la quale Christabel ha convissuto a lungo e che figura fra le principali motivazioni che per tanto tempo hanno indotto gli studiosi a considerare Christabel un simbolo della letteratura lesbica e a sottovalutarla anche in quanto tale.
L'impatto col romanzo, lo confesso, non è stato positivo: lo stile di Antonia Byatt è complesso, ricco, sostenuto nel linguaggio, inoltre Possessione si presenta come un pastiche, dal momento che numerose pagine sono occupate dai versi di Randolph Ash e di Christabel LaMotte, dai carteggi del XIX secolo, da interventi di critica letteraria e stralci di biografie (con tanto di note). Il tutto risulta ancor più impegnativo se si considera che Ash e LaMotte sono due figure d'invenzione, sebbene ispirate ad altri personaggi della letteratura ottocentesca, come Alfred Tennyson e Christina Rossetti; l'assenza di punti di riferimento reali fa sì che il lettore dipenda totalmente dagli estratti informativi attribuiti dall'autrice a questo o a quel personaggio e che molte informazioni sul pensiero e la poetica di Ash e LaMotte, fondamentali per comprendere il loro avvicinamento, si possano evincere solo dai versi che Byatt fa comporre a loro e dagli scambi epistolari che li accompagnano. Affrontare questa mescolanza di registri, prospettive, narratori e stili non è facile e può risultare inizialmente pesante, ma nei pressi della metà del romanzo, se si è abbastanza pazienti o fiduciosi da arrivarci, cominciano a manifestarsi interrogativi, dubbi e indizi che rendono la storia più avvincente; probabilmente contribuisce al notevole incremento del ritmo narrativo l'abitudine alle particolarità tecnico-stilistiche dell'autrice, che vengono come assimilate e cessano di costituire un problema interpretativo o una zavorra.
Importante è inoltre la riflessione su alcuni comportamenti contraddittori e grotteschi che contraddistinguono la società vittoriana di Ash e LaMotte ma anche il tempo di Roland e Maud. Da un lato l'autrice mette in luce la rigidità dei rapporti sociali e fra i sessi, dipingendo con Christabel un modello di femminilità indipendete, anticonvenzionale e coraggioso, costantemente in lotta per affermare i propri sentimenti ma soprattutto il proprio talento artistico; parallelamente, vediamo un Randolph Ash sospeso fra slanci romantici e ideali positivisti, due atteggiamenti che confliggono ma che componevano lo scenario inglese della metà del XIX secolo. Dall'altra parte c'è la rappresentazione mondo accademico di oggi, caratterizzato da una lotta di personalismi e ricerca di visibilità più che da un interesse culturale autentico, un contesto nel quale Roland fatica a trovare il proprio spazio, mentre Maud rappresenta per lui il simbolo della realizzazione.
Al di là di un ingresso poco grintoso nella vicenda narrata, Possessione ripaga il lettore con la maestria della costruzione, con il fascino dei personaggi (più di quelli vittoriani che dei contemporanei) e della verosimiglianza storica e con l'emozione della vicenda di Randolph Ash e Christabel LaMotte, che si afferma nella sua natura drammatica e struggente in quelle sezioni in cui Antonia Byatt decide di farsi narratore onnisciente o, per dirlo con parole sue, di assumore un ruolo paragonabile a quello del coro greco, regalandoci qualche indizio che, dati i materiali a disposizione, sfugge agli investigatori Roland e Maud. Una scelta che esplode in tutta la sua forza nel finale, momento commovente, illuminante e lacerante.

 «Sei innamorato di tutto il genere umano, Randolph Ash.»
 «Di te. E per estensione, di tutte le creature che remotamente ti assomigliano. Vale a dire, di tutte le creature, poiché tutti siamo parte di un divino organismo, io credo, che ha un suo respiro e qui vive un poco, là un poco muore, ma è eterno. E tu sei una manifestazione della sua segreta perfezione. Tu sei la vita delle cose.»
«Oh no. Io sono una gelida creatura, come ha detto Mrs Camish ieri mattina quando mi sono avvolta nello scialle. Sei tu quello che è la vita delle cose. Te ne stai qui e le attrai in te. Volgi il tuo sguardo sugli ottusi e sugli insulsi e li fai splendere. E chiedi loro di restare, ed essi non vogliono, così tu trovi ugualmente interessante il loro scomparire. Amo questo in te. Lo temo anche. Ho bisogno di quiete e di nulla. Mi dico che sbiadirei e mi estinguerei se rimanessi a lungo nella tua luce calda.»

C.M.

Commenti

  1. Sono molto contenta che tu lo abbia letto, che sia riuscita a finirlo e soprattutto che tu ne abbia tratto un così mirabile commento. Molto interessante il tuo approfondimento di un romanzo per me imperdibile. Dalla scrittura della Byatt si esce come frastornati di bellezza, con la mente stanca di chi non ha perso un rigo di questa magnificenza.

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    1. Confesso che io ho perso più di qualche riga: i lunghi brani poetici erano troppo pesanti e ne ho saltati diversi passaggi, scelta per cui mi appello ai diritti del lettore di Pennac; letti in originale, probabilmente, questi brani avrebbero avuto un impatto diverso (anche se sarei stata costantemente incollata al dizionario, e nemmeno questo li avrebbe resi godibili). Per il resto è innegabilmente un grande romanzo.

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  2. Lo lessi parecchio tempo fa.

    Ricordo che ero rimasta decisamente più coinvolta dalle vicende riguardanti i personaggi in epoca vittoriana, ma avevo apprezzato come l'autrice era riuscita a sottintendere alla crisi (economica e quant'altro) che la Gran Bretagna stava attraversando tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta nel presente narrativo. Devo anche ammettere che avevo trovato Roland e Maud caratterizzati bene e in modo particolare e non scontato.

    Leggere il tuo post mi ha fatta tornare alla mente House of leaves — che ho concluso — dove l'autore si inventa un complicatissimo oggetto di studio che riguarda una delle linee narrative.

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    1. Anch'io mi sono sentita decisamente più coinvolta dalla vicenda vittoriana che da quella contemporanea, un po'per le atmosfere e un po'per i personaggi, in particolare quello tormentato di Christabel LaMotte.

      A proposito di House of leaves qual è il tuo giudizio finale?

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    2. L'opera l'ho trovata geniale perché l'autore è riuscito a inventarsi una realtà inquietante e un film agghiacciante per rappresentarla che diventa l'oggetto di un corposo saggio di stampo compilativo, tutto questo nell'unica manifestazione libro. Non mi è piciuto, però, soprattutto perché ho trovato, a tratti, assolutamente insopportabile il narratore principale, con le sue infinite elucubrazioni mentali e allucinazioni (ha un suo senso — bene inteso — ma mi rendeva comunque la lettura estenuante e mi faceva perdere la pazienza.)

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    3. Poi mi vado a leggere con calma il tuo post, però la decisione di non leggerlo (almeno per il momento, con tantissimi altri romanzi in attesa) sia fondamentalmente già presa.

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