Un paese terribile - Keith Gessen

Le vacanze si stanno riempiendo di libri interessanti, che mi conducono verso una fine d'anno che, quanto alle letture, si sta rivelando migliore rispetto ai mesi iniziali. Una delle più stimolanti si è rivelata Un paese terribile di Keith Gessen, edito da Einaudi e tradotto da Katia Bagnoli; è un romanzo che ho accantonato per diverso tempo, pur avendolo acquistato con entusiasmo, perché non mi sembrava mai il momento giusto per dedicarmici. In realtà fra le sue pagine ha trovato soddisfazione una buna parte della mia curiosità per la società e la politica russa degli ultimi trent'anni, delle quali si parla poco e per luoghi comuni.
 

Nato a Mosca e poi trasferitosi negli Stati Uniti, dove lavora come docente universitario, Keith Gessen sembra aver trasferito nella storia di Andrej parte della propria esperienza, descrivendo il singolare cammino di formazione di uno studioso russo che è sospeso fra il desiderio di ricostruire le proprie radici identitarie e quello di comprenderne le contraddizioni.
Andrej torna in Russia per accudire l'anziana nonna in assenza del fratello, Dima, che, inseguendo la modernizzazione del capitalismo, si è scontrato con interessi più grossi di lui ed è stato costretto ad allontanarsi dalla città. Per Andrej trasferirsi da New York a Mosca nel 2008 significa abbracciare uno stile di vita completamente diverso da quello a cui si è abituato, eppure le necessità familiari sembrano aver bussato alla porta in un momento favorevole, proprio alla fine della sua storia con Sarah e mentre la sua posizione all'università vacilla, le dinamiche del campus gli danno la nausea e gli vengono proposti solo corsi online poco remunerativi. Per lui, del resto, un ritorno nella terra natale, con l'immersione negli enormi cambiamenti sociali che si stanno verificano, potrebbe significare ossigeno per i suoi studi e qualche articolo ripreso dal vivo potrebbe fargli ottenere lo scatto di carriera tanto desiderato. Andrej, dunque, inizia la sua convivenza con nonna Seva, che non si ricorda mai di lui ma che ne accetta docilmente la presenza; lavora in un caffè perché solo lì riesce a connettersi al wifi e a rispondere ai suoi studenti, accompagna la vecchietta in banca, al chiosco di rosticceria degli azeri, nell'appartamento di Emma Abramovna, l'unica amica che le sia rimasta. Quando non è così impegnato si dedica all'hockey e grazie ai compagni di squadra entra in un gruppo di attivisti politici neo-marxisti, cogliendo l'occasione di documentare le trasformazioni economiche e politiche che il Paese sta attraversando. Mentre sullo sfondo scorrono le riforme di Putin e la corsa di un neocapitalismo sfrenato, la crisi economica e una spaventosa inflazione che crea enormi disparità, turbolenza, discoccupazione il crollo del rublo, Andrej si infila in situazioni che possono sfociare in risse e disordini, intreccia amicizie e una relazione sentimentale, si affeziona sempre più alla nonna, alle sue manie e al desiderio di renderla felice. Eppure, per quanto senta sempre più di apprezzare le nuove esperienze, per quanto avverta avverta di aver trovato un posto in cui potrebbe vivere per sempre, rimane per tutti e per se stesso l'Americano a Mosca, l'estraneo al quale l'anziana Seva chiede perché sia tornato in quel paese terribile.
Un paese terribile è una storia emozionante, in bilico fra sottile ironia e situazioni struggenti, nella quale il mito del progresso e quello della rivoluzione si intrecciano, fra sequenze grottesche e altre di grande terenerezza. Attraverso il personaggio di Andrej viene offerta una riflessione sulle contraddizioni dello stile di vita americano e di quello russo, due mondi lontani ma entrambi con i propri fattori di disagio, con contraddizioni insanabili e promesse che potrebbero svanire da un momento all'altro: il protagonista è alla ricerca di un proprio equilibrio, e il confronto con l'anziana nonna, che ha vissuto il peggio dell'era sovietica, traendone inattesi benefici e cocenti delusioni, e che ancora si trova a dover schivare le frecciate antisemite delle veccie pettegole moscovite, lo aiuta ad acquisire la consapevolezza di ciò che vuole e di ciò che potrebbe afferrare. Un cammino non facile, in un equilibrio delicato fra due continenti, due linguaggi, due orizzonti culturali.

Ero a un paio di chilometri da casa, e nel freddo, nel silenzio, lungo le strade secondarie che accedevano all'enorme circonvallazione, cioè Sadovoe Kol'co, sentii la straordinaria libertà che dava questa città. Era una fortezza eretta in un ambiente ostile. Da un lato i mongoli; dall'altro i tedeschi, i baltici e i vichinghi. Così i russi costruirono qui questa fortezza su un'ansa del fiume Jauza, e si affidarono alla buona sorte. La costruirono grande perché erano molto spaventati. Era un paese gigantesco e persino ora, nel ventunesimo secolo faticoso da governare. Potevi fare qualunque cosa, davvero. E in questa libertà, in questa anarchia, le persone si incontravano e si innamoravano e cercavano di darsi conforto.

C.M.

Commenti