A Silent Voice

Dopo una lunga latitanza, sono tornata ai manga. L'anno scorso è naufragato miseramente il mio tentativo di affrontare l'intera serie di Sailor Moon, perché dopo una pausa a metà della lettura, ho dimenticato tutti i dettagli e non sono riuscita a proseguire (non mi do per vinta, ci tornerò prossimamente, entro l'estate al massimo). Nel riprendere in mano questo genere di lettura, ho anche apportato delle modifiche ai miei post precedenti dedicati a Pollon del monte Olimpo e a Rayearth, inserendo a pieno titolo i volumi a fumetti nella rubrica La civetta sul comodino.
A riportarmi nel mondo del fumetto giapponese è stato un tema di urlante attualità non solo nella nostra società ma anche in quella dell'estremo Oriente: il bullismo. A questa problematica la mangaka Yoshitoki Ōima ha dedicato una serie di sei fumetti dal titolo A Silent Voice (editi in Italia da Star Comics nel 2015), uscita fra il 2013 e il 2014 e tradotta nel 2016 nell'anime La forma della voce, diretto da Naoko Yamada.
 
 
La vicenda narrata ha per protagonista Shoya Ishida, un liceale che ha preso coscienza della sofferenza causata, ai tempi della scuola elementare, a Shouko Nishimiya, una bambina affetta da sordità. Le prime pagine ce lo presentano mentre cerca la ragazza nella scuola che frequenta, con l'intenzione di fare ammenda, ma poi si apre un lungo flashback che occupa tutto il primo volume e ci mostra alcuni episodi dell'infanzia dei due ragazzi, fra i tentativi di Nishimiya di comunicare con i compagni attraverso un album nel quale tutti possano scrivere e le vessazioni di Shoya, che si burla di lei e arriva a rompere numerosi dei suoi apparecchi acustici, nell'indifferenza di quasi tutti i compagni o con la complicità di alcuni di loro che, però, non appena si rendono necessario l'intervento degli adulti e il risarcimento dei danni alla famiglia della bambina, non tardano a prendere le distanze dello stesso Ishida, che proprio vivendo l'emarginazione e il voltafaccia degli amici, si rende conto del dolore arrecato alla compagna. Nella ricostruzione degli antefatti si apre una spaccatura che rende impossibile a Ishida ricucire i rapporti con Nishimiya, infatti quest'ultima è costretta all'ennesimo cambio di scuola dalla madre che, nel tentativo di proteggerla, amplia il divario fra lei e il mondo esterno. Quando Ishida, che ha per anni lavorato per restituire alla madre il denaro speso per il risarcimento, ritrova Nishimiya, lei appare spaventata e chiusa in un mondo di cui fanno parte solo la sorella e il singolare rituale del nutrimento delle carpe, che si svolge ogni martedì. Unendosi a lei in questa abitudine, Ishida, che si è impegnato negli anni ad apprendere il linguaggio dei segni, stabilisce una comunicazione con Nishimiya e la ragazza diventa il perno di un progetto di ricostruzione dei rapporti logorati ai tempi della scuola, mentre entrambi cercano con grande difficoltà di ritrovare un po'di serenità e fiducia negli altri.
A Silent Voice affronta una riflessione profonda e articolata sulla questione del bullismo, rintracciando in tutte le parti coinvolte degli elementi di debolezza che acuiscono il fenomeno e che, quindi, invitano all'attenzione. Non è solo il comportamento di Ishida a risultare bersaglio di rimprovero, anzi, in qualche modo la sua azione trae forza dal sostegno dei compagni per compiacere i quali lui maltratta Nishimiya, altrettanto grave; c'è una velata critica anche a coloro che, pur essendo contrari alle violenze verbali e fisiche nei confronti della compagna, non lo affermano in modo determinato, se non quando si tratta di discolparsi agli occhi degli adulti, oppure fuggono non appena l'ostracizzazione colpisce anche loro (sono i casi rispettivamente di Miki Kawai e di Miyoko Sahara); sono indagate anche le responsabilità degli adulti, dalla madre di Nishimiya, che, chiusa nel dolore che l'accompagna da quando la sordità della figlia è diventata motivo di astio da parte del marito e dei suoceri, compie gesti eclatanti che non tengono conto dei desideri e dei bisogni della ragazza, cercando di tenerla in una bolla protettiva, agli insegnanti che non si spendono abbastanza per realizzare una vera inclusione e aiutare gli studenti a comprendere e superare il disagio generato dalla difficoltà di comunicare; c'è, infine, la figura di Naoka Ueno, che, pur essendo decisamente la più respingente dei personaggi, incline a maltrattare Nishimiya anche anni dopo la loro separazione, mette in luce, nel suo modo esagerato e capriccioso, proprio la frustrazione di relazionarsi con la diversità in assenza di una mediazione e di un aiuto che tenga conto di tutti i componenti della relazione stessa. Di fronte a tutto questo ci sono le reazioni di Nishimiya, che oscillano da momenti di grande gioia ad altri in cui prevalgono la sofferenza di essere diversa e di non essere capita e la percezione di una propria responsabilità nel disagio degli altri e nelle liti che in conseguenza di esso si generano.
L'anime La forma della voce è la fedele trasposizione del manga, di cui elimina le sezioni più ridondanti e pesanti, con grande beneficio sullo sviluppo della vicenda. Il manga, infatti, si perde in alcuni episodi secondari che, nel tentativo di dare spessore al progetto comune dei protagonisti di ricostruire dei rapporti sani e sereni, spegne la vivacità del narrato. L'unico difetto comune al testo di partenza e all'anime è l'ellissi di alcune sequenze che aiuterebbero a rendere più chiare le vicende dell'infanzia di Ishida e Nishimiya, che, probabilmente, è dovuta alla scelta, sensata, di rendere la parzialità e la soggettività dei ricordi, che nella mente di chi li ha vissuti sono sempre più chiari di come appaiono a coloro che li osservano esternamente.
A Silent Voice testimonia la capacità di una forma di comunicazione ingiustamente ritenuta da molti in subordine rispetto al romanzo verbale di puntare l'attenzione su tematiche pressanti, estremamente attuali e che necessitano di essere osservate da tanti punti di vista, per evitare un appiattimento che, altrimenti, rischia di farne sottovalutare i rischi. In alcune sequenze estreme e di violenta esasperazione si coglie il grido profondo di disagio e impotenza da cui scaturiscono il dolore delle vittime del bullismo e le azioni dei loro molestatori e, se è vero che Ishida, Nishimiya, Kawai, Ueno e Sahara sono attivi protagonisti di un difficile percorso di riconciliazione e di crescita, non si può non notare l'inadeguatezza degli adulti di supportare con la sicurezza che ci si aspetta da loro una maturazione necessaria.

C.M.

Commenti

  1. Concordo, sono linguaggi mai pienamente apprezzati. C'è da dire però che spesso proprio il merchandising e il tipo di diffusione banalizza questi prodotti. Che invece, come l'opera da te citata, possono contenere preziosità. Mi trovo a pensare che la cultura nipponica, per quanto cerchi di allinearsi a quella occidentale, conservi, giustamente, forme e contenuti che sono lontani dal nostro mondo. Io sono in una fase in cui la somiglianza fra l'invenzione e il reale deve essere evidente per poter apprezzare.

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    1. Purtroppo in Italia gli anime sono arrivati come prodotto per i bambini, infatti io stessa ne ho assorbiti in gran quantità al mattino e al pomeriggio durante l'infanzia; in realtà molti sono destinati ad un pubblico di adolescenti e adulti, come dimostra la necessità di operare tagli e censure per adattarli alle nostre fasce "protette". Nella cultura giapponese gli anime hanno la stessa dignità che per noi hanno i film hollywoodiani e i manga non sono secondi ai romanzi, anzi, hanno alle spalle una storia che non ha nulla da invidiare a quella del romanzo europeo. Che da noi non ci sia la stessa curiosità di cui gode la narrativa tradizionale è comprensibile e naturale per via del nostro retroterra culturale; ciò che mi dà fastidio è che certi intellettuali presuntuosi non perdano occasione di applicare etichette e denigrare ciò che esula dalla loro sfera di interesse in nome di una velleità conservatrice che nel 2022 è a dir poco ridicola. Le nuove generazioni, comunque, stanno sfondando anche questo tabù.

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  2. L'anime di A silent voice continua ad apparire tra quelli consigliati sui vari siti a tema che seguo.

    Riguardo ai manga, devo ammettere che ultimamente li ho ripresi con soddisfazione. Sailor Moon lo portai a termine lo scorso anno, per esempio, e ho appena incominciato a dedicarmi a In/Spectre di Kyou Shirodaira e Chasiba Katase.

    Pollon... ho la raccolta completa in volume unico ma devo ancora leggerlo.

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    1. Pollon resta il mio preferito fra quelli letti finora, invece Sailor Moon, che ho terminato un paio di giorni fa, ha riconfermato la delusione che mi aveva portata a sospendere la lettura: l'ho trovato troppo contorto e ripetitivo. Probabilmente anche rispetto ai manga si presenta il mio limite abituale, cioè la preferenza per le storie concentrate (è lo stesso per cui preferisco i film alle serie tv e i romanzi autoconclusivi o le saghe brevi a quelle composte di troppi volumi).

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