Una grande, gloriosa sfortuna - Josh Ritter

Tutti i lettori sanno che le storie ben narrate hanno il potere di far viaggiare e molti forse riscono ad essere trasportati con più facilità quando le atmosfere del racconto trovano un completamento in quelle in cui avviene la lettura.
L'ideale sarebbe leggere Una grande e gloriosa sfortuna di Josh Ritter (NN editore, traduzione di Francesca Pellas) durante una vacanza in montagna, ma già le giornate corte, le nebbie e nebbioline, il freddo che, pur tardi, alla fine è arrivato anche quest'anno, gli abeti che fanno capolino in ogni dove hanno contribuito non poco a spingermi fra i boschi innevati di un'America da domare, nelle memorie di Weldon Applegate, un vecchio burbero che, dal letto d'ospedale in cui lo ha spedito il suo nemico giurato, rievoca la sua giovinezza.
È a dir poco incredibile che Weldon abbia raggiunto i novant'anni, se si presta ascolto alla sua voce incazzata (il termine ci vuole proprio, ché il nostro si sentirebbe offeso ad essere definito semplicemente arrabbiato) mentre ci accompagna nei boschi del maledetto Terreno Perduto, dove ha appreso il mestiere di taglialegna, sopravvivendo malgrado le sue scarse possibilità. Trasferitosi a Cordelia con il padre dopo la morte della madre, Weldon ha ereditato il terreno dove il genitore ha perso la vita; nonostante gli avvertimenti della Strega che vive sotto il suo tetto, Tom Applegate si è lasciato tentare dalle promesse di un ricco guadagno avanzate da una leggenda dei boscaioli, Linden Laughlin, che ha risvegliato l'animo di tagliaboschi messo a riposo per una promessa di matrimonio. Morto Tom, Weldon ne ha raccolto l'eredità e, nonostante i suoi tredici anni, le minacce e le botte di Laughlin e benché molti di coloro che cercano di piegare il Terreno Perduto e di condurne a valle gli alberi attraverso ponti mal progettati, muoiano uno dopo l'altro anche se sono più forti ed esperti di lui, Weldon rimane determinato a salvare la sua eredità e ad uscire uomo dal bosco in cui è entrato bambino.
Una vicenda che sembrerebbe avere i tratti di un romanzo di formazione a tinte forti è una prova di realismo duro, impietoso, rude quanto la natura che vi è rappresentata e rispetto alla quale l'essere umano esercita il ruolo di un titano leggendario. Weldon è cresciuto fra persone temprate da una vita di fatica, in cui la morte sembra la grande compagna, insieme all'alcol che circola clandestinamente nelle case di Cordelia; ha imparato a misurarsi da solo con gli assalti imprevedibili dei tronchi spezzati e del ghiaccio subdolo e con le insidie tese dall'essere umano, sperimentando ben presto la legge naturale della sopravvivenza del più forte, e che ci si adatta ad un mondo ostile e feroce solo diventando ostili e feroci.
L'impatto con la storia di Weldon può risultare sgradevole, perché il carattere di un protagonista è determinante nel farci accettare il suo vissuto e, per come si presenta, Weldon non ha i requisiti per accattivarsi la nostra solidarietà. Tuttavia basta infilarsi nella roulotte di Weldon e mettersi di fronte al suo televisore minuscolo per accettare di buon grado che ci racconti, col suo linguaggio volgare e tagliente, una vicenda che non poteva renderlo altro che come lo conosciamo: un vecchio che anche a novant'anni non ha paura della morte ma non intende crepare prima di aver steso chi ha tentato di togliergli ciò che gli appartiene.
Ascoltare la voce di questo vecchio burbero che torna per noi un tredicenne obbligato a crescere in fretta è particolarmente suggestivo nel buio di un tardo pomeriggio di un autunno va sciogliendosi nell'inverno. O, almeno, per me lo è stato.
 

La Strega non aveva previsto tutto questo? Non l'aveva vista questa storia maledetta, quando aveva posato per la prima volta gli occhi su mio padre dietro il bancone dell'emporio? Non si era resa conto che stava per arrivarle tutto quando addosso, come succedeva alla donna legata ai binari nel film di Bud Maynard? Per tanta gente la capacità di vedere il futuro è una cazzata, ma non per me. Io credo che il futuro non sia altro che un sottile strato di ghiaccio su un lago gelato. Nessuno è in grado di muovere un passo senza che la superificie si frantumi. Il Futuro si spezza attorno a coloro che lo vedono, e la Strega l'aveva visto eccome, ci aveva visto di tutto.

C.M.

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