Lolita - Vladimir Nabokov

Ho impiegato parecchio tempo per decidermi a leggere Lolita di Vladimir Nabokov: a condurmi verso il libro è stata, parecchi anni fa, la sua fama, la sua capacità di generare critiche, tendenze, una vera e propria antonomasia e il fenomeno che ad essa si associa (lolita - lolitismo); a respingermi, in questo stesso lasso di tempo, il suo tema scabroso, che temevo mi avrebbe fatto gettare la spugna.
Ma il romanzo di Nabokov va letto per quello che è: un'opera artistica che riproduce le memorie di un individuo ripugnante ed abietto, un fulgido esempio di lebbra morale (come lo definisce il redattore del manoscritto), che si rivolge alla giuria che dovrà esprimere il verdetto nei suoi confronti.
 
Dominique Swain e Jeremy Irons nel film Lolita diretto da Adrian Lyne (1997)

Humbert Humbert si è sforzato in tutti i modi di fare il bravo, dico sul serio. Lui aveva il massimo rispetto per le bambine normali, con la loro purezza e vulnerabilità, e in nessunissimo caso avrebbe attentato all'innocenza di una fanciulla, se ci fosse stato il minim rischio di uno scandalo. Ma come batteva il suo cuore quando, in mezzo a quella schiera innocente egli scorgeva una bimba demoniaca, "enfant charmante et fourbe", sguardo velato, labbra lustre, dieci anni di galera se solo le mostri che la stai guardando.

Il protagonista e io narrante, che vuol farsi chiamare Humbert Humbert, ricostruisce a beneficio del lettore la genesi e l'evoluzione della propria ossessione per quelle che definisce ninfette, giovinette preadolescenti che esercitano su di lui un forte potere seduttivo. Ricondotta ad un'insoddisfatta passione giovanile, questa attrazione morbosa ha accompagnato Humbert per tutta la maturità, intatta nonostante il matrimonio, il successivo divorzio, il trasferimento negli Stati Uniti. Durante una villeggiatura nel New England, Humbert incontra la dodicenne Dolores Haze (Dolly - Lo - Lolita), che più di tutte le ninfette si sovrappone al ricordo della prima, e la avvicina, mentre lei si lascia avvicinare, con ingenuità e spregiudicatezza insieme (ma va tenuto presente che il racconto è condotto dal suo parziale protagonista), in un perverso gioco di seduzione che annebbia tutto il resto. Pur di rimanere vicino alla sua ninfetta, Humbert ne sposa la madre e, alla morte di quest'ultima - provvidenziale nella prospettiva del narratore - si nomina unico tutore o, per meglio dire, proprietario, della ragazza, con la quale inizia a girare gli Stati Uniti. È nei vari motel in cui si fermano che le lusinghe di Humbert e gli abbandoni di Lolita si concretizzano in una relazione carnale che, lungi dal suscitare in Humbert orrore morale o appagamento, lo spinge a volerne godere sempre di più. Humbert si tiene stretta Lolita con il vagabondaggio, che le impedisce di allacciare altri rapporti, di rivelare l'osceno segreto del loro legame e di individuare potenziali salvatori, e con continui regali che trasformano le scaramucce, i litigi e i pianti di Lolita in arrendevolezza. Humbert è dunque ossessionato da Lolita, dal possedere Lolita, dall'essere il centro del suo mondo e dal desiderio di farne il centro del proprio (infatti nulla di estraneo al loro rapporto viene raccontato), è ossessionato dal pericolo che Lolita gli venga sottratta da qualcuno come lui, che si di lei si posino gli sguardi di altri, che offra una confidenza ad un'amica anziché a lui. Ed è ossessionato dal tempo che passa, dall'inevitabilità della crescita di Lolita, dalla possibilità che la sua gabbia si infranga.
Humbert non cerca approvazione, né giustificazione; il lettore non è portato a riconoscere la validità di alcuno dei suoi gesti, tuttavia è attratto verso il racconto, e forse proprio il fatto che il protagonista ammetta la propria perversione - che, pure, considera, nella propria abiezione, una forma di amore (solo in alcune frecciatine di Lolita emerge la parola violenza) - e si riconosca talvolta consapevole del dolore arrecato alla ninfetta, permette di seguire la progressione della sua narrazione, che, come si dice nella prefazione, può costituire una singolare prova per gli studi psichiatrici.

Io ti amavo. Ero un mostro pentapodo, ma ti amavo. Ero ignobile e brutale e turpido e tutto quello che vuoi, mais je t'amais, je t'amais! E c'erano momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l'inferno, piccola mia. Bambina Lolita, coraggiosa Dolly Schiller.

Nonostante le vicende morbose e incestuose, tuttavia, non è per violenza su un minore o per rapimento che Humbert si trova in carcere: apprendiamo fin dai primi capitoli che la sua parabola nell'abisso lo ha condotto ad un omicidio e, dunque, il romanzo assume anche la tensione di un thriller, che ci spinge a voler indagare la mente di un uomo, il suo scivolare in comportamenti crudeli, la speculazione attraverso la quale trova motivazione, abbatte qualsiasi freno morale, la speranza di ritagliare per sé e per Lolita un intervallo di eternità.

Pubblicato nel 1955, Lolita si presenta, per dichiarazione del suo stesso autore, come la rielaborazione di un precedente racconto, scritto in russo, i cui assi portanti avevano continuato a esercitare interesse su Nabokov. Sottoposto ad un puntiglioso lavoro stilistico (in particolare per la difficoltà di Nabokov adattarsi all'inglese), che a tratti rende la prosa troppo arzigogolata e oscura, e arrivato non senza difficoltà alla pubblicazione, il romanzo produsse immediatamente reazioni forti sia da parte di chi si aspettava un'avventura pornografica sia nei censori, alcuni dei quali riconobbero addirittura nella vicenda un intento antiamericano. Il testo uscì per la prima volta in Francia per i tipi di una casa editrice erotica e incorse ben presto nella censura, per poi imporsi come un best seller dalla fine degli anni '50. Da quel momento il successo del romanzo non si è più spento e ad oggi Lolita, con le sue forti provocazioni, è un classico di rilevanza mondiale.

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo.Li.Ta.
Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea trattegguata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.

C.M.

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