Miti romani - Licia Ferro e Maria Monteleone

Alla richiesta di raccontare un mito greco, molti avrebbero almeno due o tre storie che potrebbe offrire all'interrogante; magari potrebbero ricordarle con scarsa precisione, ma difficilmente farebbero scena muta: i nomi di Zeus, Icaro, Dafne, Achille, Perseo, Eracle, Eco - solo per citarne alcuni - emergerebbero spontaneamente alla memoria. Ben più difficile sarebbe restituire le storie tradizionali dei Romani, o, almeno, andare al di là di quella di Romolo e Remo e, se va bene, di Enea.
Uno strumento utile per colmare questa comprensibile carenza è la preziosa raccolta Miti romani. Il racconto (Einaudi 2010), scritto da Licia Ferro e Maria Monteleone. Il testo si presenta come una sorta di romanzo, per la scelta delle autrici di presentare le storie selezionate nelle forme del racconto odierno, ma si basa su un ricco e solido apparato testuale, fornito nelle note conclusive, che rende conto anche delle versioni differenti di uno stesso racconto.
 
Jacques-Louis David, Il giuramento dei Curiazi (1784)
 
Dai primordia, tempi dei Fauni e degli Aborigeni, laddove dominano le figure di Giano, Saturno, Fauno, Vertumno e Pomona, fino ai racconti repubblicani fondativi dei mores maiorum, fra cui quelli di Muzio Scevola, Clelia e Cincinnato, passando ovviamente per l'epopea di Enea, la lupa capitolina e i sette re, il libro fornisce un coinvolgente speculum dei miti dei Romani, in quell'insieme di cultura popolare, letteratura e storia che obbligava Tito Livio, mentre si accingeva alla redazione degli Ab urbe condita libri, a riconoscerne la stretta compenetrazione.
Il motivo di questa fusione e la differenza rispetto al sistema dei mythoi greci è oggetto della prefazione di Maurizio Bettini, il quale riflette sul termine più opportuno per definire una manifestazione tradizionale che, se ricondotta all'etichetta ellenica, non sarebbe del tutto pertinente. C'è, infatti, nel mito romano, una forte evidenza che lega anche il più circoscritto dei riti, la più lontana tradizione ad una narrazione che sarebbe improprio definire mythos. I miti dei Romani, che lo studioso ci suggerisce di chiamare cautamente fabulae, hanno una similarità con quel patrimonio di evidenze che nelle culture oceaniche studiate da Bronislaw Malinowski si definisce lili'u.

<I racconti che i Romani definivano "fabulae"> sono spesso poco credibili ma, nello stesso tempo, dotati di un notevole valore per la città e i suoi abitanti. Sono inverosimili ma affascinanti, storie sulla cui autenticità nessun intellettuale scommetterebbe ma di cui l'intera comunità (compresi gli intellettuali) potrebbe difficilmente fare a meno. [...] Si tratta di storie la cui autenticità e rilevanza è, in definitiva, autoreferenziale; e solo la potenza delle istituzioni che su di esse si fondano può cercare caparbiamente di ancorarle alla "storia" o almeno alla verosimiglianza, al "non si può escludere che". [...] Sono "lili'u" non solo quei racconti che appartengono tradizionalmente al serbatoio di storie che l'indigeno conosce come tali; ma anche quei raconti di cui è possibile mostrare in qualche modo i "segni", una rete di corrispondenze con "luoghi" che la tradizione indica come riferibili a personaggi o eventi che fanno parte del "lili'u". In altre parole, il "lili'u" (soprannaturale "vero") si distingue dal "sasopa" (soprannaturale "falso") in base al semplice fatto che uno è soprannaturale "nostro", l'altro non lo è.

Il testo di Ferro e Monteleone fa luce su questa intricata corrispondenza di luoghi, personaggi e tradizioni, guidando il lettore in un percorso che è, insieme, antropologico, letterario, religioso, alla scoperta di quel complesso sistema della cultura latina che emerge nel sistema della familia e delle gentes, nelle dinamiche sociali fra patrizi e plebei, nel diritto, nella divinazione, nei rapporti fra i Romani e i popoli vicini. 
Miti romani getta luce su una dimensione che nello studio della storia raramente si coglie, perché il confine fra razionale e soprannaturale viene comunemente tracciato in maniera netta; se si è disposti a concedere una rilevanza storica alle narrazioni correlate alle vicende di Roma in epoca repubblicana, non si è altrettanto aperti a tutto il sistema politico-sacrale che li precede, ma che è fondamentale per spiegare nel profondo l'identità del popolo romano e per conferirle piena dignità, sottrarendola a quel pregiudizio che la relega nel cono d'ombra della grecità.

C.M.

Commenti