Magnificat - Sonia Aggio

Ogni territorio è l'insieme della propria storia, delle comunità che lo popolano, dei ritmi che le regolano, dei suoi elmenti naturali e della percezione di questi ultimi: nel modo di vivere del passato la simbiosi era evidente, inquadrata in una dimensione ancestrale e pertanto quasi sacra. Ne sono una prova le numerose credenze di interventi salvifici ad opera di presunte divinità e le conseguenti opere votive, le tradizioni che regolavano le attività contadine, le superstizioni diffuse nelle campagne.
Oggi parliamo di un romanzo che unisce proprio tutte queste componenti, compattandole intorno alla narrazione di un cataclisma che ha colpito la nostra Penisola nel secolo scorso: la terribile alluvione del Polesine del novembre 1951, che ha coinvolto in particolare l'area di Rovigo. L'inondazione ha provocato oltre cento vittime ed enormi trasformazioni nel territorio e nella società colpiti, causando migrazioni, spopolamento e impoverimento di un'area che ancora non si era ripresa dalle conseguenze del secondo conflitto mondiale.
 

Dall'urgenza di raccontare questo avvenimento è nato il romanzo di Sonia Aggio Magnificat (Fazi), in cui la storia, ricostruita in modo puntuale, quasi come una cronaca del disastro così come è stato vissuto nei comuni di Occhiobello e Canaro, dialoga con le vicende singolari vissute dalle due protagoniste.
Nilde e Norma sono due cugine cresciute come sorelle dal momento in cui un bombardamento sui centro abitati lungo il Po le ha rese orfane; si spostano nelle campagne e lungo gli argini in bicicletta, Nilde, bellissima e docile, per consegnare la biancheria ricamata, Norma, selvatica e ribelle, per rubare le ciliegie. Un giorno, però, Norma rientra a casa ferita e sporca e Nilde, che la soccorre amorevolmente, non tarda ad accorgersi che qualcosa in lei è cambiato; la sensazione diventa una certezza di fronte al comportamento inspiegabile di Norma, che corre nei campi nel mezzo della tempesta, rimane lontana da casa per giorni e, quando si fa rivedere, è stravolta, fuori di sé, incapace di controllarsi, coperta di lividi e sangue. Il profondo legame fra le cugine si sfalda per qualcosa di inspiegabile, gettando Nilde in uno sconforto dal quale non riescono a risollevarla né le premure di Gigliola né l'amore di suo figlio Domenico. Il dramma personale di Nilde e Norma si intreccia con l'uscita in processione della statua della Madonna, avversata da chi ritiene che rimuoverla dalla sua nicchia porterà disgrazia, con la sparizione improvvisa di una ragazza, con l'arrivo delle piogge incessanti e con inquietanti apparizioni legate al fiume.
All'aprirsi del romanzo tutto è già accaduto o noto: nel prologo, collocato nel 1958, l'alluvione è già alle spalle e sappiamo che Norma è morta. In questo modo, quando si avvia la ricostruzione in analessi della vicenda (prima secondo la prospettiva di Nilde, poi in quella di Norma), si percepisce la tensione crescente che ci porta dall'incidente in bicicletta alla rotta del Po e che si fa duplice, perché alla certezza dell'inondazione si accompagna l'attesa dello scioglimento del mistero di Norma.
In Magnificat il territorio polesano è scenario e personaggio principale: sono la sua geografia, i suoi ritmi e le sue suggestioni a muovere gli eventi in un intricato intreccio di fatti storicamente attestati o verosimili, con il surreale che scaturisce dal sostrato di miti, superstizioni e credenze legate al fiume. Sonia Aggio sembra rivitalizzare la percezione italica dei numina nel dare spazio ad un luogo che esprime se stesso negli elementi che lo definiscono, capaci di proteggere e minacciare, di siglare una guerra con gli uomini, di scegliere la pace e di chiedere dei tributi. Tutto questo ci permette di ascrivere il romanzo al filone del realismo magico, per il quale il confine fra concreto e immaginario è estremamente sfuggente.
Che cosa ha prodotto la trasformazione di Norma, cosa la spinge a rimanere avvinghiata agli argini di fronte all'evidenza del loro imminente crollo? Il lettore, che non potrà ricevere mai la risposta definitiva, potrà essere come Nilde e convincersi che una spiegazione debba esistere o potrà prendere le parti di Norma e accettare una necessità grande quanto il fiume. In ogni caso potrà godersi questa eccezionale prova di narrativa.

Si ferma solo per un istante. Sente gli occhi di Nilde sulla schiena, e quando si volta la vede alla finestra. Poi non ha più importanza: deve andare avanti. Il vento le porta l'odore della pioggia, e lei gli corre incontro, le narici dilatate, con l'istinto di mettersi a quattro zampe per far prima, per arrivare subito nel luogo in cui Lei l'aspetta.

C.M.

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