Quando un romanzo raggiunge la perfezione è difficile distinguere gli
ingredienti che danno il giusto sapore: deve esserci una vicenda
appassionante, magari un mistero; una prosa ben costruita, che sappia
raccontare con il linguaggio e la sensibilità dei personaggi; un forte
legame fra la storia dei protagonisti e lo scenario storico in cui si
muovono, attuale o passato che sia. Ma credo che, sopra ogni cosa, a
fare la differenza siano i personaggi stessi, l'efficacia con cui
vengono messi in azione e fatti parlare.
Ne Il pozzo delle
bambole di Simona Baldelli (Sellerio, 2023) c'è tutto questo e molto
di più. L'autrice (di cui suggerisco di leggere questo intervento) ha imbastito una narrazione travolgente, emozionante,
la cui protagonista diventa il perno di tante esistenze che si
incrociano in un brefotrofio abruzzese nel secondo dopoguerra e si
svolgono fino al 1968, nel pieno delle contestazioni studentesche e
operaie.
La storia, che definisce un itinerario di formazione, è
quella di Nina, una trovatella cresciuta nella rigida disciplina delle
suore, fra privazioni, sensi di colpa, preghiere, umiliazioni e segreti.
Il brefotrofio è però anche il luogo in cui Nina conosce Lucia,
un'orfana con la quale costruisce subito un legame speciale e alla quale
cede anche l'unica possibilità di avere dei genitori, Marcella, che la
farà assumere al tabacchificio di Lanciano, che diventerà il teatro di
una accesa rivolta per la salvaguardia dei posti di lavoro, e Olmo, il
figlio del fotografo incaricato di realizzare gli scatti di bambine e
bambine da mostrare alle famiglie disposte ad adottarli, che la
ricorderà sempre per i suoi occhi, capaci di bucare l'obiettivo. Nina
cresce nel brefotrofio senza alcuna consapevolezza del mondo: quando
incontra Carla, la tabacchina-professoressa che orgogliosamente lavora
per pagarsi gli studi che il padre non ammette per una figlia femmina, e
Marcella la coinvolge nelle proteste operaie, si ritrova, ventenne,
soverchiata dall'enormità dei problemi del Paese e del mondo intero, ma
anche dal flusso della musica, dalla rivoluzione del telefono e
dall'entusiasmo per i divi del cinema.
Disorientata, piena di
speranze e di una voglia di riscatto a cui fatica a dare voce e che la
spinge a soffocare in un angolo della memoria l'esperienza del
brefotrofio, Nina cresce fra le pagine della propria storia, trascinando con
sé il lettore attraverso gli anni '50 e '60, nelle pieghe di un
intero mondo senza voce, quello dei bambini abbandonati e marchiati dal
pregiudizio del peccato, degli operai in lotta per migliori condizioni
di lavoro, degli studenti desiderosi di cambiare il mondo e delle donne
alla ricerca di un'emancipazione che passa attraverso il
lavoro e il diritto di essere madri o di non esserlo.
Nina è un personaggio
di una grazia intensa, uno di quelli che si vorrebbe poter abbracciare
ad ogni riga, uno di quelli che si vorrebbe conoscere davvero. Ma sono
indimenticabili anche la vivace Marcella, col suo canto e la voglia di
divertirsi nel fine settimana, la coraggiosa Carla, sempre
controcorrente e orgogliosa nell'esibire i segni della partecipazione
alle proteste più accese, l'infelice Lucia, che non riesce ad essere mai il centro della propria vita, l'incredibile suor Immacolata,
che non può smettere di correre in aiuto dei suoi bambini, anche a
costo di dannarsi l'anima, anche a costo di essere respinta e odiata.
Il
pozzo delle bambole è un romanzo di una profondità eccezionale,
avvincente, delicato e durissimo al tempo stesso. Simona Baldelli ha
saputo raccontare in modo incisivo, diretto eppure discreto le
difficoltà di tante persone comuni, lasciate ai margini, eppure
portatrici di esperienze uniche e preziose quanto quelle dei grandi
protagonisti della Storia. Il pozzo delle bambole è, come dicevo, un
racconto di formazione, ma anche una sorta di memoriale di una profonda
rivoluzione sociale che è, per certi aspetti, ancora in divenire: tutto
scorre davanti ai profondi occhi di Nina, alla sua anima ingenua, che
trova la propria voce nel pieno dei tumulti e che la condivide con tutti
noi.
Che altro dire? Se non lo avete ancora letto, ve lo
consiglio. Se lo avete letto, sono curiosa di sapere cosa ne pensiate.
Io, davvero, vorrei che Nina fosse qui a parlare con me: non ho ricordi
di aver provato tanto affetto per un personaggio di carta.
Cosa c'era nel buio da far tanto spavento?
La notte era un coro di sospiri, lamenti, singhiozzi soffocati nel cuscino.
Iniziavano allo spegenere della luce. Il tempo di sentire i passi e il tintinnio delle chiavi di suor Ortensia che si allontanava dopo l'ispezione e subito, dall'angolo dove dormivano le più piccole a quelle arrivate da ultime, saliva il piagnisteo.
Una sera dopo l'altra il mormorio di dolore e mancanze si condensava sui letti fino a quando le pareti della camerata non lo contenevano più; allora sciamava nei corridoi per unirsi ai gemiti dei maschi, perché mica è vero che loro non piangono, e si trasformava in una foschia densa, gonfia di lacrime. È il buio, il regno della mancanza.
C.M.
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