Leggere Lolita a Teheran - Azar Nafisi

A distanza di vent'anni dalla prima pubblicazione, Leggere Lolita a Theran della scrittrice iraniana Azar Nafisi continua a comparire nelle classifiche dei libri più venduti. Nella sintesi di copertina dell'edizione italiana (Adelphi) è presentato come uno dei più toccanti atti d'amore per la letteratura mai professati e si capisce fin dalle prime pagine cosa questo significhi e quanto sia vero.

Scrissi sulla lavagna una delle mie citazioni di Adorno preferite: «La più alta forma di moralità è sentirsi degli estranei in casa propria». Spiegai che spesso le grandi opere di fantasia servivano proprio a questo, a farci sentire estranei in casa nostra. La migliore letteratura ci costringe sempre a interrogarci su ciò che tenderemmo a dare per scontato, e mette in discussione tradizioni e credenze che sembravano incrollabili. Invitai i miei studenti a leggere i testi che avrei loro assegnato soffermandosi sempre a riflettere sul modo in cui li scombussolavano, il turbavano, li costringevano a guardare il mondo, come fa Alice nel paese delle meraviglie, con occhi diversi.

Fra le pagine di questo estratto biografico, romanzato in minima parte per proteggere le identità dei personaggi reali e per adattarsi al filtro del ricordo, Azar Nafisi racconta del suo rapporto con la letteratura, con l'insegnamento e con gli eventi seguiti alla rivoluzione che ha condotto l'Iran dalla monarchia dello scià all'ascesa dell'ayatollah Komehini e del regime islamico (1979), con le pesanti conseguenze che ha avuto sui diritti civili, in particolare su quelli femminili.
In Leggere Lolita a Teheran sono ricostruite le drammatiche vicende storiche, dalle proteste contro le restrizioni della monarchia alla delusione per l'affermazione di un governo ancor più opprimente, dalla laicizzazione forzata imposta dallo scià alla repressione del dissenso e alle restrizioni sulle libertà delle ragazze e delle donne. Per continuare a professare il suo amore per la letteratura, il diritto di leggere, commentare e interpretare i testi americani, Azar Nafisi, che ha goduto da giovane dell'opportunità di studiare all'estero e ha avuto la fortuna di trovare sostegno in alcune figure maschili determinanti nella sua vita, ha dato vita nel 1995 (due anni prima di lasciare Teheran per gli Stati Uniti), nel salotto di casa, a un seminario privato, destinato ad alcune delle sue studentesse più brillanti. 
 

In quelle poche, preziose ore ci sentivamo libere di confessare dolori e gioie, inibizioni e debolezze; in quello spazio atemporale ci spogliavamo di ogni responsabilità verso i genitori, i parenti, gli amici e la Repubblica islamica. Raccontavamo tutto ciò che ci succedeva con parole nostre, e per una volta ci vedevamo con i nostri occhi, e non con quelli degli altri.

Fra le pareti della sua casa, Azar Nafisi discute con alcune ragazze molto diverse fra loro delle pagine dei grandi classici inglesi e americani, offrendo loro la possibilità di avvicinarsi a ciò che è proibito ma che costituisce un'esperienza di crescita e di critica irrinunciabile, una finestra su un mondo in cui donne come la professoressa Nafisi, Manna, Mashid, Yassi, Azin, Mitra, Sanaz, Nassrin possono muoversi solo con il chador, a testa bassa e possibilmente accompagnate da uomini della famiglia. In questi momenti Nafisi e le sue allieve costruiscono un prezioso spazio personale per interrogarsi su aspetti sociali e personali rispetto ai quali l'unica voce ammessa è quella del regime, liberamente, con la propria testa: sono le pagine di Nabokov (in particolare di Lolita), Fitzgerald (Il grande Gatsby), James (Daisy Miller), Austen (Orgoglio e pregiudizio) e di altri scrittori proibiti, testimoni della decadenza occidentale, a fornire loro occasioni per esplorare il mondo, i comportamenti umani, i propri desideri.

Ho detto che ci incontravamo nel mio soggiorno per proteggerci dalla realtà esterna. Ho anche detto che quella realtà continuava a pretendere la nostra attenzione, come un bambino viziato che non vuole concedere ai poveri genitori nemmeno un attimo di tregua. Influenzava i nostri momenti di intimità, ne cambiava le forme, ci precipitava in un’improvvisa e inaspettata complicità. Arrivavamo a conoscerci a fondo in tanti modi diversi. Non soltanto le attività più ordinarie acquistavano una luce tutta nuova, per via di quel nostro segreto; era la stessa vita quotidiana, nella sua interezza, che a volte finiva per assomigliare alla finzione. Ci svelavamo a vicenda aspetti della nostra personalità che nemmeno sapevamo esistessero. Ogni volta mi sembrava di spogliarmi di fronte a perfette sconosciute.

Ai momenti-chiave di questo singolare seminario Nafisi alterna la narrazione delle vicende politiche e del modo in cui è cambiato il suo ruolo nell'università, nella quale affermare la propria libertà diventava di giorno in giorno più difficile: riporta sprazzi delle sue lezioni, dei dibattiti, dei processi ai romanzi e ai loro autori indetti in risposta alle provocazioni e alle contestazioni degli studenti radicalizzati, le misure di censura, di allontanamento dei docenti non allineati, di incarcerazione ed esecuzione di studenti e studentesse, la paura dei bombardamenti durante la guerra con l'Iraq, la lettura clandestina, l'isolamento culturale e il sogno di ricominciare a vivere altrove.
In tutta l'esperienza umana e professionale ricostruita in Leggere Lolita a Teheran cogliamo l'attaccamento orgoglioso di un'insegnante al suo mondo, fatto di parole, di testi, di desiderio di problematizzare, di interrogare gli autori non per ottenere spiegazioni ma per sfiorare voci in grado di spiazzare, di mettere in crisi la percezione del mondo e alimentare un circolo infinito di interrogativi e di ricerca su di sé e sul mondo, tanto più importante quando qualsiasi libertà di essere viene negata. Nafisi raccomanda alle sue studentesse: «Non sminuire mai, in nessuna circostanza un’opera letteraria cercando di trasformarla in una copia della vita reale; ciò che cerchiamo nella letteratura non è la realtà, ma un’epifania della verità.», sintetizzando il senso delle conversazioni che si tengono nel suo salotto. Un seminario letterario diventa allora un'ancora di salvezza, un'isola di libertà che, se da un lato permette alle giovani studentesse e alla loro insegnante di respirare, dall'altro acuisce la percezione delle negazioni subite.
Leggere Lolita a Teheran è un libro profondo e appassionante, che merita pienamente il successo di cui continua a godere: si presenta come uno strumento per conoscere un pezzo di storia iraniana e per approfondire la riflessione sui diritti umani; al tempo stesso, è davvero una testimonianza potente della devozione dell'autrice verso la letteratura, la parola, la narrativa, vissute come esperienze di vita non meno importanti di quelle esterne alle pagine.

«Un romanzo non è un’allegoria» dissi verso la fine della lezione. «È l’esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino, non arriverete mai a identificarvi con loro, non arriverete mai al cuore del libro. È così che si legge un romanzo: come se fosse qualcosa da inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare. Ricordate solo questo. È tutto; potete andare.»

C.M.

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