Dickens - L'uomo che inventò il Natale (Bharat Nalluri, 2017)

Qual è la prima storia che ci viene in mente quando pensiamo al Natale? Quasi sicuramente prima della vicenda evangelica della natività pensiamo al racconto di Charles Dickens Il canto di Natale: nei giorni delle feste è quasi inevitabile tornare a leggerlo oppure gustarsi una delle numerose trasposizioni filmiche. L'opera narrativa di Dickens è conosciuta anche da coloro che non hanno mai letto il testo: basta la grande fortuna della storia del vecchio Scrooge nella cultura di massa a farne un vero e proprio simbolo del Natale.
 
 
Si spiega con questa evidenza il titolo del film che Bharat Nalluri ha dedicato nel 2017 alla nascita di questo piccolo capolavoro, Dickens - l'uomo che inventò il Natale, nel quale lo scrittore è interpretato da Dan Stevens, già noto per aver vestito i panni di Matthew Crawley nelle prime tre stagioni di Downton Abbey e per il ruolo di protagonista nel live action disneyano de La bella e la bestia. Il film si basa su un romanzo di Les Standiford (da cui ricava anche il titolo) e, sebbene i fatti narrati non siano del tutto fedeli alla vicenda biografica dello scrittore inglese, si rivela un'affascinante rappresentazione del processo creativo che ha condotto Dickens a confezionare in tempi record Il canto di Natale, attraverso l'intreccio costante di due piani: quello della quotidianità familiare e delle relazioni con mondo dell'editoria e della critica e quello del dialogo fra l'autore e i suoi personaggi, che, poco alla volta, conquistano la propria individualità e conducono il loro creatore alla storia che ben conosciamo.
La forte presenza di elementi di riflessione sociale all'interno del Canto di Natale aiuta a far luce sul Dickens di Naulluri, ossessionato dalla povertà, dalla paura di non poter pagare i creditori cui inevitabilmente si rivolge per far fronte alle spese di una famiglia numerosa e all'incostanza dei guadagni derivanti dall'attività letteraria, ma soprattutto segnato dall'esperienza drammatica vissuta da bambino, quando è stato costretto a entrare in un impianto di lucidatura per contribuire al mantenimento della famiglia e al pagamento dei debiti del padre. Questi aspetti della storia personale di Dickens corrispondono alla verità biografica e nel film vengono fortemente caricati di importanza per spiegare come sia nato il personaggio di Scrooge, così materialista e cinico, convinto che le Poor Laws e le Worhouse siano strumenti adeguati a fronteggiare il problema della povertà e che giustifichino la mancanza di interesse per i bisognosi, in particolare i bambini, da parte degli affaristi benestanti. Il Dickens che appare nel film, pur consapevole del valore del denaro e spaventato dal rischio di non riuscire a far fronte alle spese e di replcare così il destino del padre (interpretato da Jonathan Pryce), prova orrore e disgusto per chi non comprende il dramma della povertà e in particolare quello dei bambini venduti per strada o impiegati nelle fabbriche per quasi mezza giornata. Proprio lo sdegno fa nascere Scrooge (Christopher Plummer), inizialmente destinato ad essere solo il vecchio avaro bersaglio di una dura critica, inflessibile, condannato alla perdizione per il proprio egoismo. Al resto contribuiscono le storie di fantasmi raccontate dalla nuova cameriera irlandese ai suoi figli, i giudizi di quest'ultima sulle prime pagine che Dickens le sottopone, il contatto col figlio malato della sorella, che ispira la figura del piccolo Tim Cratchit, il ricco campionario umano che l'autore osserva nelle sue passeggiate per le strade di Londra: notte dopo notte, nel rifugio dello scrittore in cima alle scale di casa, appaiono nuovi personaggi che si mettono a dialogare con lui e a commentare ogni passaggio del testo, non di rado esprimendo disappunto. Charles è preda di continui sbalzi d'uomore, che lo portano dall'euforia che esplode quando un abitante del suo mondo di parole gli manifesta tutte le proprie potenzialità, accendendo la sua ispirazione, a violente crisi d'ira e frustrazione quando il furore creativo si spegne, non risponde, si lascia soffocare dalla pressione delle scadenze e dei sentimenti contrari di Charles, fino all'ultimo convinto che per Scrooge non vi sia possiblità di redenzione.
 
Come già scritto, Dickens - L'uomo che inventò il Natale non è un film biografico, perché diversi particolari della vita familiare dell'autore non corrispondono alla realtà, tuttavia l'impostazione generale è rispettosa di alcuni elementi-chiave basilari. Il vero obiettivo della pellicola, del resto, non è  relizzare un documentario, ma mostrare la complessità del lavoro creativo ed evidenziare come anche una storia apparentemente semplice possa avere alle spalle sacrifici, incontri, ricerche, esperimenti ed emozioni. Ma il film diretto da Nalluri è soprattutto l'originale rivisitazione di un racconto che tutti conoscono e che è stato rimaneggiato in mille modi, più o meno fedeli, per tanti anni: l'ennesimo Canto di Natale sarebbe stato ripetitivo e si sarebbe inserito in una competizione ormai stanca con prodotti precedenti, soprattutto dopo il recente successo del film di animazione diretto da Robert Zemeckis. Scegliere di spostare la narrazione sull'autore e sul duro lavoro da lui affrontato nel 1843 per consegnare alle stampe una storia di fantasmi in tempo per il Natale è stata una scelta fresca, capace di rivitalizzare una materia fin troppo nota e di ricordarci che dietro ad ogni pagina che leggiamo c'è uno scrittore che talvolta rischiamo di non considerare a dovere.
Se il Natale è, nella percezione comune, il periodo dell'anno in cui si è portati a sentirsi migliori e a spenderci per gli altri, il momento in cui riscoprire sentimenti semplici, autentici e gratuiti, il merito è probabilmente in gran parte della storia dei fantasmi di Scrooge e, quindi, del suo autore.

C.M.

Commenti

  1. Non ho visto questo film ma ne ho sentito parlare, dalla tua recensione sembra piuttosto interessante magari lo recupero proprio in questo periodo :)

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    1. Mi pare di aver letto che domani sera sarà trasmesso su Cielo: sarebbe un bel modo di passare una serata prenatalizia! Buona visione! :)

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  2. Davvero un bel film, l'ho visto ieri sera in televisione. Ancora più bello da vedere dopo aver letto lo scritto di Dickens. La tua recensione, come sempre, ottima nella sua sintesi. Condivido quando dici che hanno fatto bene, questa volta, a puntare l'attenzione sul processo creativo dello scrittore, con tutti quei momenti di alti e bassi, di esaltazioni e scoramenti che si susseguono; in effetti è la parte più interessante. Colgo l'occasione per augurarti Buone Feste :-)

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    1. Quando un racconto è così noto e ampiamente "spremuto", il rischio di essere ripetitivi e di cadere in scelte scontate è in agguato, ma in questo caso è stato evitato in modo intelligente e piacevole. Un film così, serio, tenero, duro ma anche brioso è un'ottima compagnia in questo periodo, un prodotto per tutti che si gusta per motivi che vanno ben oltre il suo essere "a tema".
      Grazie di esserti fermata e dei tuoi auguri. Buone feste anche a te! :)

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  3. Io non sono una grande fan dei film dedicati a Dickens perché mi risulta antipatico. Se questo film, però, dà largo spazio alla gestazione di un suo lavoro, potrei dargli una possibilità. Anche il libro, in realtà, mi attrae parecchio.

    Penso che questo sia il post ideale in cui augurarti Buone Feste!

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  4. Mi riprometto di vederlo, cercando di fare tesoro della tua descrizione. Sospetto però che si tratti di uno di quei film che non susciteranno il mio entusiasmo. Noto che negli ultimi anni ci sia una flessione verso una banalizzazione dei classici, dei grandi scrittori, nessun approfondimento psicologico, nessuno slancio.

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    1. Non ho metri di paragone, dato che non ho avuto esperienze recenti con film ricavati da classici o dalle storie dei loro autori, però questo Dickens mi è piaciuto, nella sua semplicità. Non so l'autore, ma il libro non ne esce, a mio avviso, banalizzato. Sono curiosa di conoscere la tua opinione, se lo vedrai!

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