La Resistenza e la nascita della narrativa popolare

Esperienza-chiave nella storia italiana e parte dell'identità nazionale, la Resistenza è stata anche un ricco serbatoio letterario e, anzi, la vivace produzione narrativa del secondo Dopoguerra ha contribuito a cementare l'identità stessa, a costruire dei ponti, fornendo un terreno comune nel quale le figure degli autori e dei lettori hanno finito per coincidere. La narrativa della Resistenza, la faccia più estesa del cosiddetto Neorealismo, ha rappresentato per la prima volta l'occasione di un autentico avvicinamento del pubblico agli scrittori, perché la guerra, esperienza dalla quale l'uno e gli altri sono usciti con lo stesso dolore, le stesse paure e le stesse speranze, ha eliminato il divario fra gli spazi e la sensibilità di chi produceva letteratura e quelli di chi ne fruiva.
Lo ha scritto Italo Calvino, in quella prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno che è considerata in un certo senso un manifesto della letteratura della Resistenza:

L'essere usciti da un'esperienza - guerra, guerra civile - che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un'immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare, ognuno aveva avuto la sua, ognuno aveva vissuto vite irregolari drammatiche avventurose, ci si strappava la parola di bocca. La rinata libertà di parlare fu per la gente al principio smania di raccontare.

La smania di raccontare, di dar voce a quanto vissuto durante la guerra, è un sentimento di cui parla anche Natalia Ginzburg nelle pagine di Lessico famigliare, rilevando come fosse diffuso il desiderio di far poesia di tutto, dopo tanti anni in cui era sembrato che il mondo fosse ammutolito e pietrificato.


A celebrazione della Festa della Liberazione, dunque, i frutti di questa smania di raccontare vanno anch'essi celebrati come un'esperienza popolare come la Resistenza stessa, con una selezione di alcuni romanzi in cui realtà storico-biografica e creazione narrativa si fondono in un insieme inscindibile.

Già citato come luogo di presentazione della stessa narrativa della resistenza, merita una posizione di primo piano proprio Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino (1947), un libro in cui il racconto della Resistenza sfuma nei toni della fiaba e del percorso di formazione per la scelta di un giovanissimo protagonista, Pin, che entra in contatto con i partigiani dopo aver rubato al soldato tedesco che frequenta la sorella una pistola, da lui nascosta nel luogo dove fanno il nido i ragni. I partigiani conosciuti da Pin sono figure ai margini, in cerca di una ragione per lottare, presi a inseguire la spinta naturale al riscatto umano, che dà slancio ad un'esperienza di respiro nazionale. Non c'è, ne Il sentiero dei nidi di ragno, un canto politico o celebrativo della Resistenza, ma solo l'attenzione al suo sostrato umano, trasfigurato quasi in una fiaba popolare attraverso il punto di vista straniato di un bambino.

La testimonianza più nota della Resistenza, a cui si accompagna la riflessione sull'opportunità di partecipare alla lotta, è probabilmente La casa in collina di Cesare Pavese (1948), il cui protagonista, Corrado, inizialmente estraneo alla lotta partigiana, comprende, quando la guerra invade prepotentemente ogni angolo dell'esistenza, che nessuno può rimanervi estraneo, che prima o poi essa finirà per strappare un consenso attivo, che gli unici che possano dire di esserne esclusi davvero sono i morti, che, però, inevitabilmente chiedono agli altri una ragione del loro sacrificio.

Non va dimenticato il versante femminile della Resistenza, di cui Renata Viganò, partecipe dell'esperienza partigiana, ha dato una grandiosa testimonianza col romanzo L'Agnese va a morire (1949), la cui protagonista è ispirata ad una donna che ha avuto un ruolo importante anche nelle vicende personali dell'autrice stessa. Il racconto di Viganò si sofferma sulle difficoltà vissute dai partigiani nelle valli di Comacchio, in particolare sulla durezza dell'inverno fra bombardamenti, rastrellamenti, ghiaccio e fame in attesa della ripresa dell'avanzata americana; nelle vicende di lotta, la figura di Agnese è quella di una donna disincantata ma determinata a sostenere, difendere e accudire la sua nuova famiglia, dopo che i Tedeschi hanno deportato il marito e che lei, disperata, ha ucciso uno di loro. La narrazione di Viganò è cruda nel suo essere asciutta, è capace di trasmettere tutta la precarietà della vita nel pieno di una guerra in cui il pericolo, la vendetta e l'agguato sono un motivo costante, ma di fronte alla quale si è disposti ad una abnegazione totale, che riconosce la superiorità di una causa comune alla limitatezza di una singola esistenza.

Si concentra invece sulle frontiere cittadine della lotta Uomini e no di Elio Vittorini (1945), che ci mostra una banda di partigiani attivi nella guerriglia milanese, laddove i continui soprusi e le violenze aberranti costringono ad abbracciare la lotta. Nei dilemmi del protagonista Enne2, che non può evitare di interrogarsi sul sangue versato, si riflettono quelli di tanti che sono stati spinti alla Resistenza per l'amore della libertà, per la consapevolezza di essere parte di un'esigenza più grande, che richiede, purtroppo, la violenza. Laddove si contrappongono oppressione e libertà la comune dialettica fra bene e male cede il passo alla necessità di sopravvivere come Uomini e di non lasciarsi dominare da coloro che Uomini non sono e che colpiscono l'umanità laddove è più debole, sacrificando bambini e vecchi nelle strade e nelle piazze.

Non è un romanzo sulla Resistenza ma affronta in maniera importante anche le vicende dell'occupazione, il dramma della guerra e i diversi atteggiamenti di chi vi si oppone, ritagliandosi a pieno diritto uno spazio in questa piccola biblioteca, La Storia di Elsa Morante (1974), un travolgente affresco sulle vicende degli anni 1941-1947, al centro del quale spicca la piccola figura di Ida, simbolo della catastrofe prodotta dallo scandalo dei soprusi che schiacciano gli uomini e che dura da diecimila anni. Questo monumentale racconto si distingue non solo per la distanza che lo separa dagli eventi narrati, ma anche per la prospettiva narrativa esterna, per l'adozione di un punto di vista onnisciente che, lungi dal togliere forza emotiva alla scrittura, dimostra come il dramma della guerra, dell'occupazione, dei rastrellamenti abbia prodotto masse di sfollati, disperati, naufraghi bisognosi di Linerazione; documenta la sofferenza degli sfollati, la paura dei Romani, il rastrellamento del ghetto ebraico, i bombardamenti, la fame e naturalmente anche lo sconcerto della primvera del 1945, quando all'orrore sperimentato si aggiunsero anche gli orrori lontani, meno noti.

Ma in quella primavera del '45, un giorno sua madre, dopo averlo lasciato in attesa per pochi momenti fuori d'una bottega, lo ritrovò che osservava certe riviste illustrate, appese sul fianco di un'edicola, a una certa altezza da lui. Su quella più bassa, spiegata a doppio, il foglio era occupato quasi per intero da due fotografie d'attualità, entrambe di gente impiccata. Sulla prima si vedeva un viale alberato di città, lungo la spalletta di un ponte semidistrutto. Da ogni albero del viale pendeva un corpo, tutti in fila, nella stessa identica posizione, con la testa inchinata su un orecchio, i piedi un poco divaricati e le due mani legate dietro la schiena. Erano tutti giovani, e tutti malvestiti, dall'aria povera. Su ognuno di loro stava appeso un cartello con la scritta: PARTIGIANO.

Questo elenco è ovviamente ampliabile con tante altre testimonianze che attingono all'esperienza personale degli autori negli anni della dittatura e del secondo conflitto mondiale o che, data l'importanza dei temi trattati, hanno attinto all'esperienza della guerra e della Resistenza nei decenni successivi. Per questo ora la parola passa a voi, che siete invitati ad arricchire la piccola biblioteca qui proposta con altri titoli.

Buona Festa della Liberazione!

C.M.

Commenti

  1. Magnifico post. A me manca tanta parte di questa letteratura così specifica. Mi attende sullo scaffale La storia di Morante, che leggerò senz'altro quest'anno, ma voglio entrare più nel dettaglio con alcuni testi citati a Quante storie su Raitre proprio ieri.

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    1. Anche per me è un territorio da esplorare: qui ho raccolto solo alcuni spunti, ma ci sarebbe tanto altro, che non ho ancora letto o che ho abbandonato (per un primo approccio al momento sbagliato, probabilmente). Che tanta letteratura sia scaturita da queste vicende storiche è significativo del loro peso nella costruzione dell'identità nazionale, ancorché, purtroppo, ci sia ancora chi nega che l'antifascismo e la Resistenza siano dei valori fondanti del popolo italiano.

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  2. Così a " pelle ", direi che potrebbe starci benissimo anche La Pelle di Curzio Malaparte, che un po' ricalca le atmosfere de La storia di Elsa Morante, però narrato in maniera ben più grottesca, in quel di Napoli.

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    1. Mi hai suggerito un testo tanto sentito ma mai letto e un autore che dovrò tenere presente. Grazie!

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