Nel magico Paese del Sol Levante #4: Kyoto

L'antica capitale del Giappone è stata una delle tappe più affascinanti e ricche di attrattive di tutto il viaggio. Dopo le due giornate a Tokyo (di cui raccontavo qui e qui) e quelle trascorse fra Takayama e Kanazawa, abbiamo raggiunto Kyoto con lo Shinkansen e immediatamente ci siamo resi conto che due giorni non sarebbero bastati per vedere nemmeno un quarto di ciò che questa città aveva da offrire, con i suoi 17 patrimoni Unesco e le ulteriori attrattive culturali.

Kyoto, panorama dal Kiyomizu-dera

Rispetto a Tokyo, il viaggiatore ritrova in Kyoto una città che ha conservato molti più tratti tradizionali sia nelle architetture e nell'urbanistica che nella tipologia di prodotti che si possono trovare nei negozi, molti dei quali sono dedicati ai ventagli, alle ceramiche e alle stoffe. Con quasi duemila edifici religiosi fra templi buddisti e santuari shintoisti, quartieri con case in legno e due palazzi di enorme valore storico, Kyoto è comunque anche una città estremamente moderna, che offre locali, rumorose sale-gioco, chioschi e una fitta rete di servizi di trasporto che rende estremamente agevoli e rapidi i collegamenti. 

Kyoto, Giardini dell'antico palazzo imperiale

Il centro di Kyoto, che si struttura in modo regolare intorno al corso del Kamogawa, è costituito dal parco dell'antico palazzo imperiale, ma i principali punti di interesse portano il turista in un moto centrifugo ipoteticamente senza fine. Avendo a disposizione due giorni, su consiglio della guida che ci ha accolti in Giappone, ne abbiamo dedicato uno al centro e all'area nord-occidentale e l'altro all'area sud-orientale, mettendo già in conto il sofferto sacrificio della passeggiata nella foresta di bambù di Arashiyama e del Museo internazionale del Manga, che, pure, era a due passi dal nostro hotel, ma osservava orari incompatibili con i notevoli spostamenti.

Kyoto, vista lungo il Kamogawa dal quartiere di Gion

Per darci la carica, la sera del nostro arrivo ci siamo fiondati nel quartiere commerciale di Kawaramachi, fra i numerosi negozi, per una cena veloce in un chiosco specializzato in gyoza, favolosi ravioli al vapore ripieni di verdura, carne o crostacei e abbiamo concluso la cena con una golosa crépe giapponese farcita di gelato, senza però resistere alla tentazione di un taiyaki, una tortina di waffle a forma di pesce farcita a piacere (noi in Giappone ci siamo letteralmente assuefatti alla confettura di fagioli azuki, usata anche per i celebri dorayaki).

Kyoto, Castello Nijo - particolare del portale d'ingresso

La mattina seguente ci siamo avventurati nel parco dell'antico palazzo imperiale, nel quale abbiamo visitato, in modo totalmente gratuito, la dimora della famiglia Kan-in-no-miya, una delle quattro famiglie imperiali, il piccolo santuario Munakata e, naturalmente, l'edificio che ospitò gli imperatori e i loro ospiti fino al 1869, quando la capitale fu trasferita a Tokyo. Nonostante Kyoto sia diventata sede del potere imperiale già alla fine dell'VIII secolo (prima il centro politico era Nagoya e, prima ancora, Nara), solo dal 1331, con l'incoronazione di Tsuchimikado Higashintōin-dono, divenne ufficialmente la sede del regnante. L'edificio che oggi possiamo ammirare copre un'area di undici ettari, ma, a causa dei numerosi incendi susseguitisi negli anni, è il frutto di un intervento operato nel 1855. Il percorso di visita, che è limitato agli spazi esterni, si snoda attraverso i locali predisposti per il ricevimento degli ospiti e i giardini, passando per lo Shishinden, cioè la sala delle cerimonie, che, pur essendo un edificio recente, fu costruito nello stile del periodo Heian (VIII-XII secolo) ed ebbe l'onore di essere la sede da cui l'imperatore Meiji avviò la restaurazione del potere imperiale, con l'emanazione del Giuramento della carta (1868).

Kyoto, Shishinden dell'antico palazzo imperiale

Poco lontano dal Palazzo imperiale sorge il Castello Nijo, voluto dallo shogun Ieyasu Tokugawa nel 1603, ufficialmente per ospitarlo nelle sue visite a Kyoto, in realtà anche per ostentare la sua ricchezza di fronte all'imperatore, privato ormai del suo potere dalla casta militare. Il Castello Nijo, patrimonio Unesco dal 1994, è una tappa impedibile per il visitatore di Kyoto in quanto testimonianza dell'arte e della storia del periodo Edo (1603-1868): passeggiando fra i sei blocchi che lo compongono, camminando a piedi nudi sul legno e sul tatami, si possono ammirare eccezionali pareti dipinte a motivi naturali, comprendere le modalità degli incontri fra lo shogun e i daimyō, ma, soprattutto, ascoltare il suono dei pavimenti usignolo (uguisu-bari), costruiti appositamente per emettere un suono simile al verso di questo uccello anche al passo più leggero, in modo da rivelare prontamente l'eventuale presenza di ninja inviati a spiare o uccidere lo shogun.

Kyoto, Castello Nijo - ingresso

Spostandosi in autobus a nord-ovest del Castello Nijo si raggiunge un'area religiosa che ospita ben tre templi dichiarati Patrimoni dell'Umanità dall'Unesco: il Kinkakuji, il Ryoanji e il Ninnaji; per motivi di tempo (in Giappone i cancelli dei templi si chiudono fra le 16.30 e le 17.00) abbiamo dovuto sceglierne uno e abbiamo optato per il suggestivo Kinkakuji, il Tempio del padiglione d'oro. In origine l'edificio era una villa a tre piani costruita per volontà dello shogun Ashikaga Yoshimitsu (1358-1408), ma divenne un tempio zen dopo la sua morte e fu ricostruito dopo l'incendio appiccato da un monaco nel 1950.

Kyoto, Tempio Kinkakuji

Da un santuario è invece partita l'escursione del secondo giorno a Kyoto: il Fushimi Inari Taisha, situato a sud-est della città, ai piedi del Monte Inari. Il complesso è la testa di oltre trentamila santuari giapponesi dedicati al dio del riso, della prosperità, degli affari e del commercio ed è notevole per il percorso sulla collina attraverso diecimila torii rossi donati alle aziende in segno di voto, preghiera e ringraziamento. Simbolo del sito, oltre al torii rosso, è la volpe bianca, considerata messaggera di Inari, raffigurata con delle spighe di riso o una chiave fra le fauci.
Anche nei pressi del Fushimi Inari, come vicino al tempio di Asakusa a Tokyo, si snoda un sentiero costellato di negozietti e chioschi che ci hanno ristorati dopo la lunga camminata fra i torii; proprio qui abbiamo assaggiato i mochi, delle palline di riso morbide arrostite su spiedi e serviti con salsa di soia.

Kyoto, Fushimi Inari Taisha

Non lontano dal Fushimi Inari sorge il Sanjūsangen-dō, un tempio buddista notevole non tanto per la sua architettura o i suoi giardini, quanto per le mille statue dorate della divinità buddista Kannon, disposte in una lunga galleria interrotta solo da uno spazio dedicato alla grande statua del Buddha, anch'essa dorata. Le statue, tutte nella medesima posizione stante e in preghiera, sono di legno di cipresso ricoperto d'oro; 124 di esse risalgono alle origini del tempio (XII secolo), mentre le rimanenti furono realizzate dopo la ristrutturazione del XIII secolo, a seguito di un incendio. Davanti ad esse, distribuite lungo la galleria, ci sono le ventotto effigi di altre divinità guardiane e alle due estremità della galleria compaiono gli spiriti delle forze naturali, il dio del tuono Raijin e quello del vento, suo fratello Fūjin.

Kyoto, Fushimi Inari Taisha

Per chiudere una giornata che è sembrata quasi un pellegrinaggio religioso, ci siamo spostati nel quartiere di Higashiyama, ricco di templi e santuari. Accedendo in corrispondenza del cimitero Nishi-Otani, abbiamo avuto il tempo di visitare soltanto il Kiyomizu-dera, un altro tempio dedicato alla dea dalle mille braccia Kannon, così antico da essere stato costruito prima della nascita della stessa Kyoto, nel 778. Dalla sommità dell'area templare si gode di una vista mozzafiato sulla parte più antica della città, in direzione del Kamogawa e del quartiere dei divertimenti di Gion, celebre per la presenza, discreta e rara da scorgere, delle geishe.

Kyoto, Kiyomizu-dera

Dopo questa frenetica e bollente scarpinata per Kyoto, non mi resta che raccontarvi dell'ultima tappa del viaggio, fra Hiroshima e l'isola di Miyajima che sorge nella sua baia.
Dōmo arigatō.

C.M.

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