Nel magico Paese del Sol Levante #5: Miyajima e Hiroshima

Siamo giunti alla conclusione del percorso dedicato al Giappone. Tokyo con Shinjuku, Shibuya, Asakusa e Akihabara, Takayama, Shirakawago, Kanazawa e Kyoto sono ormai alle spalle e non resta che l'ultima tappa del viaggio: Hiroshima con la sua baia e l'isola di Miyiajima. Partiamo proprio da quest'ultima, osservando l'ordine delle escursioni.

Miyajima, O-torii visto dal santuario Itsukushima

Miyajima, conosciuta anche come Itsukushima dal nome del maggior santuario shintoista sorge su di essa, è un'isola che è considerata Patrimonio dell'Umanità nella sua interezza dal 1996: non solo la principale area sacra con il suo celebre O-torii, ma anche il mare e la foresta del monte Misen determinano il prestigio e la bellezza di quest'isola del San-yo, l'area dell'Honsu occidentale affacciata sul Mare interno (Seto-naikai). Miyajima è perlopiù meta di escursioni giornaliere, ma noi abbiamo scelto di alloggiare in un ryokan, un albergo in stile giapponese fornito anche di onsen, cioè di una rilassante area termale affacciata direttamente sulla foresta e i ruscelli che discendono dal Misen.

Miyajima, ponte alle spalle del santuario Itsukushima

La maggior attrazione di Miyajima, come dicevo, è il santuario Itsukushima, dedicato alle tre dee Munakata, cioè Ichikishimahime, Tagorihime e Tagitsuhime, kami protettrici del mare e dei traffici, generati da Amaterasu tramite la spada di suo fratello Susanoo. Il santuario, risalente alla fine del VI secolo, comprende una cella principale dedicata ad esse, oltre ad una serie di santuari minori, tutti collegati tramite dei ponti sospesi nei quali confluisce l'acqua marina. Con l'alta marea, gli edifici compresi fra il grande O-torii di legno di canfora rosso, simbolo dell'isola, e la cella delle divinità, il santuario appare come uno spettacolare complesso di palafitte incorniciato dalla vegetazione insulare; quando, invece, il mare raggiunge il livello più basso, si può camminare quasi fino alla base del torii, che si eleva fino a 16 metri di altezza. Rimanendo sull'isola tutta la giornata si può ammirare la variazione della marea e della luce su questo angolo meraviglioso in cui si avvertono tutta la spiritualità e l'incanto del luogo.

Miyajima, uno dei tanti cerbiatti che bazzicano per l'isola

Ai due lati del santuario Itsukushima si elevano il santuario Hokoku, voluto da Toyotomi Hideyoshi nel 1587 in onore dei caduti di guerra e per conservare i sutra buddisti; l'edificio è dunque un esempio della fusione dei due maggiori culti giapponesi, infatti alle sue spalle sorge una pagoda a cinque piani, al cui colore rosso il santuario avrebbe dovuto uniformarsi, se Hideyoshi non fosse morto prematuramente. All'interno dell'Hokoku si estende un pavimento di 857 tatami e sono conservati gli shakushi, mestoli da riso che sono fra i simboli di Miyajima, offerti come tributo dai guerrieri per l'assonanza fra il verbo che significa 'prendere il riso' e quello che significa 'conquistare'. Il più grande shakushi è esposto nella principale strada dell'isola.

Miyajima, vista dal monte Misen

Passeggiando per Miyajima non solo si possono gustare tantissime prelibatezze, dagli spiedini di polpo e granchio ai cracker di riso, dalle ostriche fritte ai panini al vapore ripieni di carne, pesce o verdure, dal pesce fritto ai momiji (delle focaccine dolci ripiene di confettura di fagioli azuki a forma di foglia d'acero, pianta chiamata, appunto, momiji), ma si incontrano, perfettamente a loro agio fra i turisti, tantissimi cerbiatti selvatici, che discendono dalla foresta del parco Momijidani per rubacchiare cibo... e masticare vestiti!
Miyajima significa 'isola santuario' e questo nome è dovuto principalmente al santuario Itsukushima, ma tutta la sua superficie è costellata di edifici religiosi shintoisti o buddhisti; lo stesso percorso sul Misen, all'interno della riserva naturale, appare come una sorta di pellegrinaggio. Noi abbiamo raggiunto l'altezza di 430 metri con la funivia, ammirando nella salita le isolette che circondano Miyajima, per poi discendere (faticosamente) attraverso i sentieri che collegano la cima del Misen alle sue falde. Siamo così passati dal tempio Misenhondo, che custodisce la grande campana bronzea donata dal guerriero Taira Munemori nel XII secolo, dal santuario degli innamorati Reikado, in cui arde la fiamma eterna Kiezu-no-hi, dal tempio Sankido, dal quale si riversavano nel bosco i versi dei sutra, e da diversi altri piccoli santuari.

Miyajima, un piccolo Jizo in lettura

La discesa ci ha condotti direttamente al tempio buddista Daisho-in, fondato nel XII secolo; il complesso è circondato da aceri e alcuni ci hanno offerto un saggio della colorazione rossa che in autunno rende particolarmente suggestivo questo luogo. Nei pressi dei santuari e degli incroci lungo il percorso si incontrano diverse statue di Jizo Bosatsu, una divinità dalle sembianze di un monaco, spesso adornata di bavagli e berretti e affiancata da statue più piccole nelle pose più diverse, che i passanti hanno arricchito con occhiali e cappelli. Il motivo di questa particolare usanza è legato al fatto che Jizo rappresenta i voti dei genitori che hanno perso i loro figli e che, in qualche modo, hanno iniziato a trattare le sue statue come dei bambini di cui prendersi cura. La medesima abitudine si è riversata sulle 500 effigi di un'altra divinità buddista, Rakan, ciascuna delle quali presenta pose ed espressioni differenti: lungo il fianco del Daisho-in si può osservare questa immensa distesa di statue munite di berretti colorati, sulle mani delle quali turisti e pellegrini hanno depositato delle monete. 

Miyajima, statue di Rakan nel tempio Daisho-in

Il tempio Daisho-in è celebre anche per scalinata che sale fra il cancello Niomon, sorvegliato dalle statue del re guardiano, e il cancello Onarimon: il corrimano centrale è costituito da 600 rotoli che rappresentano i volumi del Dai-hannyako Sutra, che si ritiene portino fortuna a chi, percorrendo i gradini, li faccia ruotare con le mani. Sul fianco della scalinata, nello spazio intermedio fra questa e il cammino dei 500 Rakan, è collocata una campana che si può suonare per ricevere la protezione del dio. Il cuore del complesso ospita degli edifici dedicati alle diverse divinità associate al Buddha, il guerriero Namikiri Fudo Myo, cui Toyotomi Hideyoshi era devoto e al quale è dedicata una galleria di mille effigi, Kannon, Jizo e Amida Nyorai, divinità della luce, oltre che, naturalmente, dello stesso Buddha, colto nel momento del Nirvana. Purtroppo non siamo riusciti a visitare ogni anfratto di questo complesso templare, anche perché il traghetto per Hiroshima ci attendeva.

Miyajima, complesso del tempo Daisho-in

A Hiroshima ci siamo concentrati sul Parco della Pace, creato nei pressi dell'unico edificio che la bomba atomica ha parzialmente risparmiato nell'area dell'esplosione: il padiglione delle esposizioni commerciali progettato dall'architetto ceco Jan Letzel e ormai noto come Cupola della bomba atomica (Genbaku Domu) o come Memoriale della Pace. Abbiamo tutti nella mente questa struttura, soprattutto l'intelaiatura metallica della sua cupola, che i libri di storia ci hanno abituato a riconoscere. Eppure trovarsi lì davanti, in un parco che, pur essendo immerso in una città trafficata, è silenzioso, dà una sensazione terribile, perché si avverte chiaramente che quel sito non avrebbe dovuto attirare la nostra attenzione, che non sarebbe dovuto essere altro che una costruzione come tante.

Hiroshima, Genbaku Domu

Dalla Genbaku Domu, di fronte alla quale una targa motiva la nomina a Patrimonio Unesco nel 1996, si apre un percorso luttuoso, all'insegna della memoria ma anche della speranza che al valore della memoria stessa si lega e che ho visto rappresentato nella scena di un padre che cercava di spiegare alla figlia qualcosa di inspiegabile.
Erano le 8.15 del 6 agosto 1945 quando Hiroshima fu sconquassata dalla deflagrazione dell'ordigno statunitense Little Boy. Il 9 agosto una seconda bomba fu sganciata su Nagasaki. Le vittime delle esplosioni e delle radiazioni propagatesi successivamente ammontano a circa 200.000. Il Parco della Pace serve a ricordare la tragedia e ad ammonire l'umanità sugli orrori della guerra.

Hiroshima, Campana della Pace

Accanto alla cupola si incontra il primo di tantissimi monumenti che sorgono in quest'area, dedicato agli studenti mobilitati durante la guerra, ma il parco vero e proprio si estende dall'altra parte del fiume Motoyasu. Qui, nei pressi di un museo, un disco di pietra rappresenta un orologio fermo sulle 8.15, a indicare l'ora in cui tante vite sono state spezzate. Fra i numerosi monumenti che si possono qui osservare vanno segnalati la Campana della pace, che tutti i visitatori sono invitati a suonare in segno di preghiera, il cenotafio per le vittime e lo stagno che lo separa dalla cupola, che crea, grazie alla prospettiva della costruzione, un collegamento fra ciò che la bomba ha lasciato e ciò che ha distrutto. Nel mezzo dello stagno, fra i due elementi-chiave del parco, arde Heiwan-to, la fiamma della pace accesa con il fuoco di Kiezu-no-hi di Miyajima e che verrà spenta solo quando l'ultima arma nucleare sarà stata distrutta. 

Hiroshima, Monumento dei bambini per la pace

L'elemento che, però, produce l'emozione più forte è il Monumento dei bambini alla pace, sulla sommità del quale è rappresentata Sadako Sasaki, miracolosamente sopravvissuta all'esplosione ma morta di leucemia nel 1955, prima di completare la realizzazione di mille gru di origami che le avrebbe permesso di esprimere e veder realizzato il suo desiderio di guarigione e di pace.

Hiroshima, cenotafio per le vittime della bomba atomica

Dopo il pomeriggio di raccoglimento nel parco di Hiroshima, abbiamo ripreso il treno in direzione di Osaka, che abbiamo raggiunto in serata e che è stata poco più che un appoggio per l'ultima notte in Giappone, in attesa di riprendere l'aereo. La mattinata che ci ha separati dal volo, infatti, è bastata appena per visitare il castello di Toyotomi Hideyoshi, interamente adibito a museo, per assaggiare quella parte di storia che documenta l'avanzata di Tokugawa Ieyasu e le battaglie da lui combattute contro il clan Toyotomi. La visita è poco appagante per i visitatori non giapponesi, in quanto solo una parte dei reperti esposti, perlopiù documenti di corrispondenza, presenta delle didascalie; notevoli sono gli esempi di armature dei samurai, tuttavia non basta questo a rendere proporzionale il costo del biglietto, giustificabile forse per il godimento della vista sulla città, cui abbiamo rinunciato perché ormai abbattuti (abbattuta io, ad essere sincera) dal caldo e dalla fatica.

Osaka, castello

Si conclude qui il mio diario di viaggio, ma vorrei dedicare al Giappone un ultimo post, così da condividere dei consigli e delle indicazioni per chi si appresta a visitare questo splendido Paese, e per tenerli a mente io stessa, se mai avrò la possibilità di ritornarci.
Dōmo arigatō.

C.M.

Commenti

  1. Ciao, Cristina!
    Mi sono gustata uno ad uno i tuoi post sul Giappone, è stato come fare un viaggio vero e proprio in ogni luogo in cui sei stata.
    Da lontano, ho sempre percepito il Giappone come una terra di grandissimo fascino, ravvisando una unione fra la "lentezza" di alcune tradizioni e la "velocità" che ispira la vita frenetica ultramoderna, aperta alle contaminazioni occidentali, delle grandi città. Ecco, nei tuoi post, ho percepito questa duplice anima del Giappone, pertanto è stata una deliziosa conferma.

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    1. Le tue impressioni che trovano un corrispettivo nella realtà: questa dualità fra velocità e lentezza, fra modernità e antichità, fra acciaio e natura si percepisce in ogni momento. A Tokyo si passa in un lampo da labirinti di grattacieli a immensi giardini intrisi di spiritualità, dalla routine della metropolitana a quella tradizionale dei santuari. Insomma, il Giappone è un Paese di contrasti (e anche contraddizioni) e sorprese e sono contenta se sono riuscita a comunicarlo. Grazie, Luz! :)

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  2. Che viaggio meraviglioso, Cristina! Come dice Luz, sembra quasi di esserti stati accanto, scorrendo questi post dedicati. Le foto sono poi bellissime. Attendo con curiosità un tuo parere su Yasunari Kawabata :-)

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    1. Conto di scriverne molto presto, sono a metà de Il paese delle nevi e mi sta piacendo molto, soprattutto per i ricordi che evoca! :)

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